di S.F.
Sperimentazione conclusa. Con vendita. Perché ulteriori sviluppi comportano «problemi oggettivi connessi alle dimensioni, al costo ed alle elevate specializzazioni necessarie per poter far funzionare il natante»: lo mette nero su bianco Arpa Umbria in riferimento al drone acquatico ‘Galileo’, immatricolato a fine 2014 e di recente attenzionato dalla Guardia di finanza per il mancato impiego nel corso degli anni: ora l’Agenzia ha deciso di disfarsene attraverso un’asta – ci sono quattro lotti – dal valore base complessivo di 128 mila euro.
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Tanti guai
Per l’Arpa, in sostanza, Galileo è un progetto valido ma non più utile – d’altronde non è stato utilizzato granché, anzi – per l’Agenzia. I motivi sono diversi: «Non è in linea con gli obiettivi e l’organizzazione funzionale per l’indisponibilità di personale specializzato atto a mantenere a far funzionre il drone; alti costi rispetto ai benefici conseguibili in relazione ai monitoraggi; difficile e costoso spostamento del natante tra i vari invasi in relazione alle sue dimensioni e peso; guida da remoto potenzialmente pericolosa per persone e cose», dunque c’è «necessità della presenza nei pressi di un operatore in grado di manovrarlo con comandi diretti in caso di emergenza a seguito di rilevazione visiva di eventuali pericoli presenti». Risultato? Alienazione per non comprometterne la conservazione e svalutarlo ulteriormente. Attrezzature comprese.
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Il costo non sostenibile
Per il drone il prezzo a base d’asta è stato fissato in 95 mila euro. Si prosegue con il sistema di acquisizioni campioni (20.000), termocamera ad infrarossi ed accessori (11.000) e il carrello di trasporto (2.000) per un totale di 128.000. In definitiva si procede con la cessione perché, al netto della buona valenza scientifica, non conviene a livello economico. Sempre questione di soldi.