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Home » Perugia, caos rifiuti: «Errori in serie»

Perugia, caos rifiuti: «Errori in serie»

di Lucina Paternesi
19 Febbraio 2017
in Altre notizie, Attualità, Economia, Politica
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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di L.P.

«Era ora». Anche se in ritardo, le istituzioni sembrano finalmente accorgersi che nella gestione dei rifiuti qualcosa non va. Noi denunciamo da anni – dicono dal comitato ‘Inceneritori zero’ – loro se ne accorgono adesso».

La discarica di Pietramelina

Emergenza discariche Con Pietramelina bloccata e Borgogiglione che rischia di chiudere i battenti a fine mese, la Regione, per bocca dell’assessore all’ambiente Fernanda Cecchini, nei giorni scorsi ha convocato sindaco e vicesindaco di Perugia, chiedendo lumi sulla situazione e cercando di capire come sia possibile evitare un blocco del servizio e superare le criticità. Il rischio è che anche gli altri rifiuti siano costretti a ‘emigrare’ fuori regione come già avviene per l’organico di Pietramelina, che viene conferito negli impianti Hera emiliani con costi che, secondo Gesenu, dovranno essere ripartiti tra tutti i comuni dell’Ati 2.

Borgogiglione A fine febbraio, dunque, anche Borgogiglione sarà inutilizzabile. Manca la revisione dell’autorizzazione integrata ambientale, ma i tempi per convocare la conferenza dei servizi sono stretti mentre le celle del bioreattore sequestrate nell’ambito dell’inchiesta portata avanti dalla direzione distrettuale antimafia di Perugia sono ancora in attesa di collaudo, dal momento che l’Arpa deve ancora rendere note le analisi effettuate. «L’Arpa ha sempre sottolineato le criticità sul bioreattore – spiega Marco Montanucci, del comitato Inceneritori zero – ma Gest ha sempre insistito per portare avanti il progetto. Tutti sapevano che non era quello il modo giusto di trattare i rifiuti

La discarica di Bogiglione

Gli scenari Dunque, che strada prenderanno i rifiuti raccolti nell’Ati2? Gli scenari che si aprono ora sono difficilissimi, da qualsiasi punto di vista li si guardi. «Si sono lasciati sfuggire l’ultima occasione di riprendere in mano la gestione dei rifiuti e farla diventare pubblica – prosegue Montanucci – perché con la ‘crisi’ di Gesenu si poteva fare un consorzio di tutti i comuni umbri interessati. Il fallimento di una gestione dei rifiuti basata solo sul riempire le discariche presenti emerge ora in tutta chiarezza spalancando scenari inquientanti».

Impianti Le discariche sono piene e gli impianti che ci sono servono per gestire i rifiuti di fuori regione. «Gli impianti di compostaggio e digestione anaerobica di Nera Montoro, vicino a Narni, possono trattare 43.500 tonnellate di rifiuti e verde, ma di quello umbro ne tratterà si e no 10 mila, forse potrebbe arrivare anche a 15 in futuro. Il resto viene da fuori regione». Orvieto può trattare 80 mila tonnellate di organico e sfalcio, quando loro ne producono appena 5 mila e noi saremo costretti a portare i nostri rifiuti fuori regione. «Tutto questo per una mancata e totale incapacità di gestione e programmazione dei nostri amministratori – prosegue Montanucci – che ha dato tutti i permessi per fare questi mega impianti senza assicurarsi il trattamento, in caso di bisogno, dei nostri rifiuti».

La discarica ‘Le crete’

I costi Arezzo, Grosseto, Ravenna o chissà dove. Il paradosso è che portare l’immondizia da Ponte Rio a Orvieto potrebbe costare molto di più che nelle altre province italiane fuori regione. Così, ad esempio, far arrivare una tonnellata di rifiuti a Le Crete potrebbe costare fino a 170 euro, contro i 50 di Borgogiglione, quando da Roma alla Germania il prezzo è di circa 130 euro a tonnellata. Ma forse l’impedimento più grande, a Orvieto, potrebbe essere di tipo politico. Il contratto di servizio per il biodigestore di Casone, invece, che ha una capacità di 53.500 tonnellate, prevede che ci sia l’obbligo di servire l’Ati 3 solo per 20 mila tonnellate, il resto sarà preso da fuori mentre la Regione ha investito oltre tre milioni di euro a fondo perduto. «Così si fanno gli affari con i rifiuti e l’Umbria rischia ora l’emergenza».

Le responsabilità, dunque, secondo i comitati, sono in capo a tutte le amministrazioni a qualsiasi livello. Se il Comune di Perugia, nonostante, come dicono, abbia ereditato una situazione problematica, non è riuscito a imporre un cambiamento e a riprendersi la gestione in mano pubblica «è perché ha fallito a livello politico. La crisi di Gesenu era un’occasione d’oro, l’unica cosa buona che poteva emergere dopo il disastro. Ma la realtà è che la politica non vuole veramente la gestione pubblica dei rifiuti. Così i cittadini saranno costretti a sborsare nuovi soldi: a Pietramelina pagheheremo i danni commessi dai privati, a Borgogiglione quelli di una errata programmazione pubblica».

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