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Home » Rifiuti in Umbria: «Emergenza continua»

Rifiuti in Umbria: «Emergenza continua»

di Marco Torricelli
14 Marzo 2017
in Attualità, Dal territorio, Economia, Opinioni, Politica
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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Carla Spagnoli

di Carla Spagnoli
Presidente Movimento per Perugia

In questi giorni molto si è parlato a proposito di una presunta “emergenza” rifiuti in Umbria. Da quando sono state chiuse le discariche di Pietramelina e Borgogiglione, chiusure peraltro annunciate da tempo, il sistema di raccolta e gestione dei rifiuti sembra che stia per andare in tilt.

Da qualche mese, addirittura, Gesenu “esporta” ogni giorno tonnellate di rifiuti organici in Emilia Romagna e, da poco, anche in Abruzzo. Una cosa non è chiara: quanto verranno a costare in più questi conferimenti fuori regione? Quanto inciderà questo “export” sulle tariffe per gli umbri?

La cosa più assurda è che mentre esportiamo i nostri rifiuti organici, nello stesso tempo ne importiamo a tonnellate da altre regioni! Infatti in Umbria ci sono già dei grandi impianti di compostaggio di ultima generazione e in grado di trattare grandi quantità di organico e verde. Tuttavia la percentuale di rifiuti provenienti dall’Umbria e trattata in questi impianti è minima, il resto viene da fuori!

Nell’impianto di Nera Montoro, ad esempio, su 34.200 tonnellate di organico e verde trattato, solo il 31% era umbro (dati Arpa 2015); ancora peggio all’impianto “Le Crete” di Orvieto dove, su 3.500 tonnellate trattate, ben l’82% non erano rifiuti umbri (dati Arpa 2015)… Ma che senso ha allora portare i rifiuti organici in Emilia Romagna o Abruzzo, quando possono essere smaltiti e trasformati nel nostro territorio? Si dice che portare i rifiuti in questi impianti potrebbe costare più che mandarli fuori regione.

A questo punto ci chiediamo: che razza di programmazione è questa? Com’è possibile che portare i rifiuti da Ponte Rio a Orvieto potrebbe costare più che da Roma in Germania??? È una situazione pazzesca, che va oltre ogni immaginazione… Per quanto riguarda il moderno impianto di biogestione di Foligno abbiamo invece alcune domande: è vero che, su una capacità dell’impianto di trattare 53.500 tonnellate di organico, l’Ati3 (la partecipata regionale che gestisce i rifiuti delle zone di Foligno, Nocera e Spoleto) può smaltirne per contratto solo 20.000, come denunciato dal Comitato “Inceneritori Zero”? E le tonnellate rimanenti da dove verranno, dalle altre zone umbre oppure, come nei casi sopra citati, da fuori regione? La Regione Umbria, che ha già stanziato per l’impianto un contributo da oltre 3 milioni di euro a fondo perduto, perché nel contratto non ha posto alcuna condizione, ad esempio quella di trattare rifiuti della sola Umbria nei casi di “emergenza” come questo?

L’altro grosso problema, nella nostra regione, è rappresentato dall’enorme quantità di rifiuti organici che non superano la “preselezione”, cioè vengono scartati dal riciclo e finiscono in discarica: secondo i dati del 2014, la quantità di scarti a Pietramelina è arrivata quasi al 70%, a Foligno al 66%, a Orvieto al 60%, mentre a Nera Montoro al 30% (dato migliore). Il confronto con le altre regioni sugli scarti è impietoso: in Veneto la città peggiore è stata Bassano con solo il 17%, mentre la migliore, Cerea, non è arrivata all’1%! In Puglia la città peggiore è stata Modugno che però è arrivata al 25%, facendo meglio del nostro migliore impianto di compostaggio.

Che senso ha fare la differenziata, il porta a porta e via dicendo, se poi i rifiuti finiscono in discarica? Che senso ha avere impianti di compostaggio nuovi e grandi se poi non trattano i nostri rifiuti organici che trasportiamo altrove, pagandoli “profumatamente”… La vera emergenza in Umbria non sta nei rifiuti, ma nell’assoluta mancanza di programmazione e di amministratori e dirigenti “all’altezza”!!!

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