Terni, Corte Giustizia UE ‘demolisce’ i mini indennizzi ai Raggi

«Non adeguati» e «irrisori»: nel mirino la legge 122 del 2016 che prevedeva 7.200 euro per ciascun familiare del ragazzo ucciso

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La Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ‘demolisce’ la legge 122 del 2016, quella dei cosiddetti ‘mini indennizzi’ del marzo 2019 ai familiari di David Raggi, il 27enne ternano ucciso la sera del 12 marzo 2015 in piazza dell’Olmo. Una legge, la 122, con cui l’Italia aveva recepito la direttiva europea 80 del 2004 e che aveva portato il tribunale di Roma a stabilire indennizzi – connessi al reato violento commesso – pari a 7.200 euro per ciascun familiare, il padre, la madre ed il fratello, del giovane ucciso da Amine Aassoul, quest’ultimo condannato a 30 anni di reclusione in via definitiva.

L’incremento

Una decisione, quella del tribunale civile della capitale, fortemente contestata dal legale della famiglia Raggi, l’avvocato Massimo Proietti, anche attraverso l’Unavi, l’Unione nazionale vittime che raccoglie chi ha subìto le conseguenze di reati violenti ed i loro congiunti. Tanto che il decreto legge di attuazione, lo scorso gennaio, aveva portato ad un sostanziale incremento degli indennizzi previsti dalle tabelle della legge 122/2016, con gli omicidi passati da 7.200 euro per ciascun familiare a 50 mila euro.

Indennizzo collocabile «nell’area dell’irrisorio»

A prescindere da quest’ultimo passo, la Corte di Giustizia dell’UE, basandosi sull’impugnazione di una persona vittima di violenza sessuale, ha stabilito che «un indennizzo forfettario concesso alle vittime, sulla base di un sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, non può essere qualificato come ‘equo ed adeguato’ qualora sia fissato senza tenere conto della gravità delle conseguenze del reato per le vittime, e non rappresenti quindi un appropriato contributo al ristoro del danno materiale e morale subito». Da qui la decisione che, di riflesso, rispetto ai 7.200 euro per i familiari di David Raggi, qualifica quell’importo come «non adeguato» se non addirittura collocabile «nell’area dell’irrisorio».

«Adesso la Corte d’appello si allinei»

Ovviamente soddisfatto l’avvocato Proietti, membro anche del direttivo nazionale Unavi presieduto da Paola Radaelli, secondo il quale «ora la Corte d’appello di Roma non potrà non tenere conto di tale giudizio nel rideterminare gli indennizzi stabiliti a suo tempo. Si tratta della prima sentenza relativa ad uno Stato membro dell’UE sul tema ed in questo senso l’Italia ha fatto da apripista. Di fatto la legge 122 del 2016 non è adegata e l’ordinamento nazionale dovrà adeguarsi a quanto stabilito in sede europea».

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