Terni, droga pakistana: cinque condanne e c’è il reato associativo

Sentenza di primo grado per l’indagine ‘Alì Park’. Il gip di Perugia ha inflitto 37 anni di carcere. C’è anche un’assoluzione

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Cinque condanne e un’assoluzione: questo l’esito del processo di primo grado, con rito abbreviato, relativo all’indagine antidroga ‘Alì Park’ messa a segno dalla sezione antidroga della squadra Mobile di Terni ed emersa nel settembre del 2020 con dieci arresti su ordine del gip Natalia Giubilei. Il tribunale di Perugia, nella persona del gip Valerio D’Andria, venerdì ha condannato a nove anni di reclusione il 59enne Yousaf Ur Rehman e il 38enne Zubair Ullah, a sette anni di reclusione il 29enne Khalil Ullah e il 45enne Zahir Ul Haq – tutti e quattro pakistani – ed a cinque anni e 20 mila euro di multa il 31enne nigeriano Godwin Junior Nwaoha. Assolto per non aver commesso il fatto il 55enne bolognese Renzo Saggiorato, per il quale la pubblica accusa aveva chiesto dieci anni di reclusione: nell’ambito di ‘Alì Park’, aveva trascorso sei mesi agli arresti fra carcere e domiciliari. Il 55enne era difeso dall’avvocato Francesco Mattiangeli che si dice «pienamente soddisfatto per un esito pienamente in linea con l’estraneità del mio assistito ma affatto scontato». Ora è possibile che lo stesso chieda di accedere ad un indennizzo per ‘ingiusta detenzione’. Il tribunale di Perugia, in linea con quanto chiesto dal pm presso la Dda Giuseppe Petrazzini, ha riconosciuto l’ipotesi di ‘associazione per delinquere’ nei confronti dei quattro imputati pakistani, escludendola di contro per il 31enne nigeriano. Fra i legali difensori degli imputati figurano anche gli avvocati Mauro Chiariotti e Barbara Romoli. Per i condannati ora la prospettiva è quella del giudizio d’appello. Al centro dell’inchiesta della polizia di Stato, supportata dalla Guardia di finanza, c’era finito un vasto giro di stupefacenti – soprattutto eroina – provenienti dal Pakistan e, una volta giunti in Italia, sottoposti a processi chimici – con l’ausilio di alcuni strumenti piuttosto artigianali – tali da ottenere la ‘classica’ sostanza stupefacente. Poi tagliata e destinata a diverse piazze di spaccio, Terni in testa ma anche alcuni centri della Toscana. La base logistica del gruppo, secondo gli inquirenti, era un money-transfer nei pressi della stazione ferroviaria di Terni, utilizzato per un giro di affari stimato in diverse migliaia di euro al mese.

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