Terni, scontro Asm-Ast per anni di fatture sui rifiuti: la Cassazione cambia la storia

C’è la sentenza: accolto il ricorso della società partecipata per le annualità dal 2006 al 2010. Focus su rifiuti urbani e locali

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di S.F.

Le fatture relative alla tariffa di igiene ambientale – Tia – riguardanti le annualità 2006, 2007, 2008, 2009 e 2010. Si parla di cifre a sei zeri. La Corte di Cassazione cambia la storia in merito alla bagarre giudiziaria che da anni coinvolge Asm e Acciai Speciali Terni: c’è l’accoglimento del ricorso presentato dalla società partecipata del Comune a sei anni dal deposito. Di mezzo ci sono anche il Tubificio e la Società delle fucine. L’udienza pubblica si è svolta lo scorso 15 dicembre.

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Il casus belli e l’assimilabilità dei rifiuti urbani

Tutto si sviluppa perché Asm, affidataria del servizio di igiene ambientale del Comune, si era attivata in Cassazione – l’avvocato è Massimiliano Battagliola del foro di Brescia, sponda Ast c’è invece Umberto Segarelli – per ribaltare la sentenza della commissione tributaria regionale dell’Umbria depositata il 17 maggio 2016. La Cassazione in prima battuta ricorda il perché si è giunti a questo punto, osservando che «il giudice di appello» aveva ritenuto «che la decisione del primo giudice, che aveva ritenuto comunque dovuto il tributo per magazzini, officine e depositi, non aveva tenuto conto del fatto che, nel periodo 2006/2010, vigendo l’articolo 95, d.lgs. 152 del 2006, in forza del quale ‘non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti’, doveva essere esclusa la debenza della Tia anche per dette superfici, per cui era illegittimo, e da disapplicare, il regolamento comunale Tia ‘in quanto non è consentita l’assimilabilità ai rifiuti urbani dei rifiuti prodotti in un complesso industriale/artigianale, ad eccezione di quelli che si producono in uffici, spacci, bar, etc. costituenti parti del complesso stesso’». La partecipata del Comune l’ha spuntata.

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Le ragioni di Asm

Asm in sostanza ha fatto presente che il giudice di II grado non ha considerato che la disciplina «contemplante i divieti di assimilazione ai rifiuti urbani di quelli prodotti in un complesso industriale/artigianale ad eccezione di quelli che si producono in uffici, spacci, bar, costituenti parti del complesso stesso, non è mai entrata in vigore». In più il giudice «implicitamente finisce per negare che il presupposto impositivo della Tia sia la mera detenzione di locali ed aree a qualsiasi uso adibiti, così che alcuna superficie può essere esclusa, né tantomeno quelle di locali/aree magazzini, officine e depositi, salvo che sia dimostrata la produzione in via continuativa e prevalente di rifiuti speciali tossici e nocivi». Per la Cassazione entrambi i motivi sono fondati e dunque da accogliere: «Ne discende che ‘non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico’, fra cui, secondo la Ctr dell’Umbria, che in questo ha fatto proprie le argomentazioni svolte dalla società odierna ricorrente, le strutture del complesso industriale (acciaieria) nella disponibilità della medesima e delle due società poi incorporate». Ribaltato.

La terza violazione

Fondato anche il terzo motivo di ricorso a firma Asm per la «violazione dell’onere della prova che incombe sull’impresa contribuente, della sussistenza delle condizioni per escludere le aree di cui sopra dalla tassazione, perché si produrrebbero rifiuti speciali non assimilabili agli urbani in forma prevalente e continuativa». La Cassazione – V sezione civile, presidente Domenico Chindemi e relatore Oronzo De Masi – nel dare delucidazioni su questo fronte premette che la «Tia è una mera variante della Tarsu, si deve evidenziare che l’articolo 49, comma 3, del d.lgs. 22 del 1997, dispone che ‘la tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale’. Ne consegue che la regola è quella dell’assoggettabilità a Tia di tutti i locali esistenti sul territorio comunale, in quanto potenzialmente idonei a produrre rifiuti».

Sentenza cassata

In definitiva il ricorso di Asm è accolto e grava sul contribuente «l’onere di allegare e provare il preteso diritto all’esenzione o riduzione del tributo». Sentenza di II grado cassata e rinvio alla Corte di giustizia di II grado in diversa composizione: «Procederà alle necessarie verifiche e valuterà se ciascuna società contribuente abbia o meno assolto gli oneri d’informazione e di prova su di essa incombenti per l’ottenimento della domandata esenzione (parziale) delle superfici oggetto di causa». La partita va avanti. Da ricordare che la Commissione tributaria regionale umbra aveva accolto l’appello di Ast riformando la decisione della Commissione tributaria provinciale di Terni.

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