Terni: si è tolto la vita in carcere l’uomo che ha ucciso la moglie a coltellate a borgo Rivo. Parla il suo avvocato

Xhaferr Uruci si è impiccato con un lenzuolo. Da giovedì sera era a Sabbione in stato di fermo e con l’accusa di omicidio volontario aggravato

Condividi questo articolo su

Si è tolto la vita all’interno del carcere di Terni, dove era stato ristretto in stato di fermo, Xhaferr Uruci. Si tratta del 62enne di origini albanesi accusato di aver ucciso la moglie a coltellate, il primo pomeriggio di giovedì nell’abitazione familiare di via del Crociere, nel quartiere di borgo Rivo a Terni. L’uomo era stato tradotto nella casa circondariale di vocabolo Sabbione nella tarda serata di giovedì, su disposizione dell’autorità giudiziaria e con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Era in stato di fermo di polizia giudiziaria, in attesa della convalida da parte del tribunale. Secondo quanto appreso, Xhaferr Uruci si sarebbe impiccato con un lenzuolo all’interno della propria cella dove si trovava da solo. La salma, trasferita all’obitorio dell’ospedale di Perugia, è a disposizione degli inquirenti per le determinazioni del caso.

IL DELITTO DI VIA DEL CROCIERE

Il ritrovamento

Ad accorgersi dell’accaduto è stato un agente della polizia Penitenziaria di Terni che, dopo aver fatto il consueto giro fra le sezioni, intorno alle ore 6 ha sentito un rumore ed è andato a controllare. L’agente ha trovato il 62enne impiccato, ha subito allertato i soccorsi ma per Xhaferr Uruci non c’era già più nulla da fare. Il 62enne era ristretto nella sezione G che si trova proprio di fronte all’infermeria del carcere.

Xheferr Uruci

Il legale: «Una persona sconvolta e con problemi. Perché non è stata sorvegliata h24?»

A parlare è l’avvocato Giorgio Cerquetti del foro di Terni, difensore d’ufficio del 62enne di nazionalità albanese: «Questa mattina (sabato, ndR) mi sono portato presso il carcere di Terni intorno alle ore 9.30, per avere un colloquio con il mio assistito in vista dell’udienza di convalida che doveva essere ancora fissata. Lì ho incontrato il pubblico ministero (Giorgio Panucci, ndR) che mi ha informato dell’accaduto. Nessuno mi aveva avvertito prima, sul posto c’era già personale della Usl, la polizia Penitenziaria e di Stato. Mi chiedo: come mai questa persona non era tenuta sotto stretta sorveglianza h24, a meno di due giorni dal grave fatto di sangue? La sua condizione mentale – prosegue il legale – era assolutamente precaria, come era parso evidente a me, ma anche all’autorità giudiziaria, quando giovedì sera era stato sentito in questura». L’avvocato Cerquetti lo aveva incontrato per la prima volta nella tarda serata di giovedì, presso le celle di sicurezza della questura di Terni: «Ho avuto subito la percezione di una persona disturbata, sconvolta, mi è bastato parlarci qualche minuto. Impressione confermata anche nel successivo interrogatorio da parte del pm. Dai resoconti giornalistici ho appreso dei suoi problemi di salute, del fatto che assumesse farmaci, e queste condizioni problematiche, fisiche ma pure mentali, mi sono sembrate palesi. Anche per questo non lavorava più da anni. Mi chiedo se ci sia stata la doverosa attenzione, in carcere, verso una persona così provata e a poche ore dall’omicidio».

Autopsie e indagini

Intanto si apprende che nella mattinata di sabato è stato affidato l’incarico al dottor Marco Albore per eseguire l’autopsia sulla salma di Zenepe Uruci, presso l’ospedale di Perugia. L’incarico per l’autopsia sulla salma del marito, invece, verrà affidato lunedì mattina allo stesso dottor Albore: il fascicolo aperto dalla procura di Terni sarebbe, al momento, contro ignoti.

Il Sappe: «Sconfitta dello Stato»

«Purtroppo il pur tempestivo intervento dell’agente di servizio non è servito a salvare l’uomo – afferma spiega Fabrizio Bonino, segretario nazionale per l’Umbria del Sappe, Sindacato autonomo di polizia Penitenziaria -. L’uomo è stato trovato impiccato alle sbarre della cella. Abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato». Per Donato Capece, segretario generale del Sappe, «la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi è quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Il suicidio di un detenuto, e dall’inizio dell’anno sono stati già dodici, più un poliziotto che si è tolto la vita pochi giorni fa, rappresenta un forto stress per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti». Capece lancia poi un appello al ministro della Giustizia, Carlo Nordio: «Serve un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese. È necessario prevedere un nuovo modello custodiale. Ne abbiamo parlato anche recentemente con il sottosegretario alla Giustizia Del Mastro che ci è sembrato particolarmente sensibile. A lui abbiamo ribadito che tutti i giorni i poliziotti penitenziari devono fare i conti con le criticità e le problematiche che rendono sempre più difficoltoso lavorare nella prima linea delle sezioni delle detentive delle carceri, per adulti e minori. Mi riferisco alla necessità di nuove assunzioni nel Corpo di polizia Penitenziaria, corsi di formazione e aggiornamento professionale, nuovi strumenti di operatività come il taser, kit anti-aggressioni, guanti antitaglio, telecamere portatili. Tutte misure promesse da mesi dai precedenti vertici ministeriali ma di cui non c’è traccia alcuna in periferia».


Terni: «Una tragedia annunciata». Zenepe uccisa a coltellate in casa. Marito in carcere

Terni: Zenepe colpita con più coltellate. «Viveva con la paura»

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli