di Marco Torricelli
Le chiacchiere, si dice a Terni, stanno a zero. Se l’andazzo, alla Tk-Ast, non dovesse cambiare, è il timore espresso dai sindacati provinciali dei metalmeccanici, «il milione di tonnellate di produzione, garantito dall’ad Lucia Morselli in sede di accordo ministeriale, ce lo possiamo scordare». Con tutti gli annessi e connessi del caso.
«Due velocità» Se, da una parte, dicono i sindacalisti, «sulla base delle informazioni che ci vengono fornite, possiamo esprimere un giudizio cautamente positivo sulle politiche commerciali (si starebbe rinforzando la struttura; ndr) e sulla conferma del prossimo trasferimento a Terni della linea5 da Torino (si starebbe per dare inizio allo smontaggio dell’impianto e, da giugno, si dovrebbe iniziare a rimontarlo a Terni; ndr); dall’altra registriamo la mancanza di normali relazioni sindacali e un comportamento dell’azienda, nel rapporto quotidiano con Rsu e organizzazioni dei lavoratori, assolutamente negativo».
Gli obiettivi Sono queste ‘due velocità’ che, secondo i sindacati «mal si conciliano con la fase estremamente delicata di applicazione dell’accordo, che prevede una serie di obiettivi, come quello del milione di tonnellate, assolutamente strategici per il futuro di Ast. Quegli obiettivi contenuti nel piano sono messi però a rischio da un comportamento aziendale che mal si concilia con gli intenti dichiarati ai tavoli ufficiali».
La riorganizzazione In particolare i sindacati fanno riferimento «alle denunce fatte dalle Rsu di viale Brin in riferimento alla riorganizzazione del lavoro interna, gestita finora in maniera unilaterale e senza il minimo confronto, con effetti potenzialmente dannosi anche sulla sicurezza dei lavoratori. L’organizzazione del lavoro interna deve permettere di lavorare in sicurezza e deve essere coerente con l’obiettivo del milione di tonnellate. Non può essere quindi un’organizzazione fatta in funzione delle persone rimaste dopo le uscite volontarie, ma degli obiettivi che ci eravamo dati nell’accordo».
‘Mobilità’ aperta Soprattutto perché la ‘forza lavoro’, alle acciaierie ternane, è già scesa abbondantemente sotto ‘quota 1400 addetti’ e «visto che la ‘mobilità’ e quindi la possibilità per il personale di uscire dal ciclo produttivo resta aperta fino al 4 aprile», il rischio di ritrovarsi con la reali impossibilità di attrezzare un numero di ‘squadre’ sufficiente a far marciare gli impianti, «è fin troppo concreto e reale».
Produzione a rischio Insomma, per farla breve: «Potrebbe succedere, ad un certo punto, che per una specie di miracolo arrivino tanti ordini, ma che la fabbrica non sia nelle condizioni di evaderli e noi non vogliamo – è la tesi dei sindacati – sentirci dire che ‘o si fanno gli straordinari o si perdono le commesse’, così da diventare noi quelli che impediremmo il raggiungimento degli obiettivi».
‘Sponda’ a Morselli Ma la lady d’acciaio – la «dottoressa Morselli», come la chiamano ripetutamente i segretari – trova proprio in loro una specie di ‘sponda’ per certi aspetti imprevista: «Siamo convinti che la responsabilità principale, nella definizione delle piante organiche e delle pratiche operative, argomenti che ogni giorno sono oggetto di frizioni con le Rsu, che hanno il nostro pieno e incondizionato appoggio, non siano sue, ma di una pletora di capi servizio che le raccontano favole incredibili e le fanno credere che sia possibile produrre in condizioni aberranti
Sospesi e promossi I segretari territoriali, però, hanno pure toccato i temi di stretta attualità: «Non è possibile che su episodi di grande rilevanza – riferendosi alle inchieste che hanno portato alla ‘decapitazione’ del management aziendale – le notizie relative a sospensioni o promozioni di dirigenti, noi le veniamo a sapere dagli organi di informazione. È assolutamente necessario che l’azienda ci metta a disposizione gli elementi necessari per poter svolgere il nostro ruolo di rappresentanza e difesa degli interessi e dei diritti dei lavoratori».
E le soluzioni? Tutto vero e tutto giusto. Ma la domanda, banale, è spontanea: visto che la lady d’acciaio non intende discutere con le Rsu di organizzazione interna e dice che – sulla base delle cose che le dicono i capi servizio – quella alla quale sta dando attuazione è ottimale; visto che per discutere con le segreterie territoriali, ha fatto sapere, non ha tempo e visto che avrebbe ignorato pure una richiesta di confronto avanzata da quei sindacati nazionali che avevano garantito che, in caso di bisogno, sarebbero stati pronti a precipitarsi di nuovo a Terni e, magarti, salire di nuovo sopra a quel furgoncino adibito a palco improvvisato, per comizi dallo stile molto vintage. Visto tutto questo: che si fa? Per ora, pare, non si fa nulla: «Noi non vogliamo che qualcuno ci dica, se le cose dovessero mettersi male – è la spiegazione – che non abbiamo detto chiaro quali sono i problemi».
Le assemblee Da lunedì prossimo, intanto, per iniziativa delle Rsu – si comincia alle 21, con i lavoratori di Pix 1 e 2, Titania e Laboratorio meccanico – si svolgeranno asemblee retribuite di un’ora, per fare il punto della situazione. Le assemblee si concluderanno alle 23 di venerdì prossimo e dal loro esito si potrà capire meglio quale sia la situazione ‘reale’ all’interno delle acciaierie: compresi i rapporti tra i lavoratori e le stesse organizzazioni sindacali.