Trasporti in Umbria: «Deleghe al governo»

Gianluigi Giusti, del Coordinamento comitati pendolari umbri, ripercorre la storia della Fcu e denuncia: «Inadeguatezza nella gestione di un servizio essenziale per i cittadini»

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Gianluigi Giusti

di Gianluigi Giusti
Coordinamento Comitati Pendolari Umbri

“Cronaca di una morte annunciata”… se non temessimo violazioni di copyright, sarebbe il titolo perfetto per la vicenda FCU che ben poco però ha di romanzesco e molto più di tragedia mista a farsa.

Una storia che era già scritta, e che più volte, nel suo dipanarsi, era stata portata all’attenzione delle Istituzioni politiche umbre, sia regionali che provinciali, con tutte le sue criticità, e i cui risvolti problematici erano stati a più riprese segnalati anche attraverso gli organi di stampa.

Ma d’altro canto si sa, come disse qualcuno ben più importante di noi un paio di millenni or sono, “nemo propheta acceptus est in patria sua”.

E dunque, nonostante le denunce, ma soprattutto ancorchè fosse evidente lo stato di abbandono e la lenta, per un certo verso, dolorosa, agonia in cui era stata lasciata la ex Ferrovia Centrale Umbra tra l’indifferenza della politica e lo sguardo attonito di quella comunità regionale che la vedeva sgretolarsi giorno dopo giorno, ora forse ci stiamo avviando a decretarne la definitiva scomparsa.

Come Coordinamento, sin dall’inizio eravamo contrari a che nell’Azienda Unica confluisse anche il ramo ferroviario, e lo avevamo fatto presente verbalmente all’allora Assessore Regionale.

Ritenevamo, infatti, più opportuna la creazione di una ATI con Trenitalia S.p.A., come fatto in altre Regioni quali Lombardia con le TRENORD o in Emilia Romagna con FER.

Per questo, quando d’improvviso apprendemmo dai giornali che, dopo neanche due anni dalla costituzione, una gravissima crisi di liquidità imponeva la ricapitalizzazione della neonata azienda unica per circa 25M€ (venticinque milioni di euro), scrivemmo subito alla Regione, era il Novembre 2012, chiedendo in particolare come fossero stati ripartiti i fondi che erano riservati per legge (Lex 244/2007 art. 1 comma 295 e Lex 297/78) all’ex FCU, nel gran calderone dell’Azienda Umbria Mobilità S.p.A., vista anche la fiscalizzazione sin dagli anni ’90 del Trasporto Pubblico Locale su gomma.

Evidenziammo, inoltre, come ci risultasse che i fondi destinati alle ferrovie, nel groviglio del Trasporto Pubblico Locale, erano diventati spendibili addirittura per altri scopi, e ciò soprattutto a seguito dell’introduzione nel dicembre 2011 di una disposizione di legge sul “Fondo per il trasporto pubblico locale, anche ferroviario”, che lasciava e tutt’ora lascia molto più margine di manovra per spostare risorse dal sistema ferroviario verso ad altri sistemi di trasporto, quali autolinee o Minimetrò.

Nel settembre 2013 tornavamo sulla vicenda, ponendo l’accento sulla necessità di separare l’infrastruttura ferroviaria della ex FCU dal resto dei servizi – così come prescrivevano le normative di riferimento – al fine di salvare il patrimonio infrastrutturale in caso di cessione dell’attività.

A tal proposito evidenziavamo che, come ipotizzato, la scelta di fare l’Azienda Unica Regionale si era dimostrata, per vari errori, un fallimento e che forse sarebbe stata meglio la costituzione di un’Agenzia terza cui attribuire funzioni rilevanti in materia di TPL nell’ottica di una piena attuazione del c.d. decreto Burlando.

La norma da un lato aveva attribuito alle Regioni ed Enti locali le funzioni di programmazione e organizzazione del TPL non rientranti nella competenza statale, e dall’altro aveva sancito il principio della separazione tra regolazione e gestione del servizio. Inoltre, pur non prevedendo espressamente le Agenzie, all’art. 18 aveva stabilito che l’affidamento del TPL doveva avvenire nel rispetto dei principi di cui all’art. 2 della L. 14 novembre 1995 n. 481, disciplinante per l’appunto la costituzione e le funzioni delle Agenzie nazionali per i servizi di pubblica utilità.

In base a tali previsioni le Regioni hanno organizzato il TPL nei limiti delle proprie competenze, prevedendo in taluni casi la costituzione di enti appositi cui delegare determinate funzioni e competenze.

Appunto le Agenzie che possono essere definite come organismi esterni all’amministrazione, dotati di autonomia operativa, in genere con natura giuridica societaria o consortile, operanti a livelli diversi degli ambiti territoriali.

La maggior parte delle leggi regionali ha previsto, quindi, organismi esterni con funzioni di vario tipo nel settore del TPL che possono comunque essere ricompresi in due grandi macrocategorie: “Agenzie di tipo pesante”, con funzioni che comprendono anche la gestione del servizio, presenti, pur con proprie peculiarità, in Regioni come Emilia Romagna, Lombardia, Puglia, Piemonte e “ Agenzie di tipo leggero” con semplici funzioni consultive ed aperte nell’ambito del processo di pianificazione e programmazione del sistema di trasporto e mobilità alla partecipazione delle parti sociali, delle associazioni di categoria e delle Comunità locali, presenti in Regioni quali Calabria, Campania.

In Umbria nulla, se non la notizia trapelata poco tempo fa su alcuni organi di stampa che la Regione ha solo ora intenzione di creare una propria Agenzia della Mobilità… attendiamo fiduciosi gli sviluppi.

Cuore della vicenda, rimarcavamo, era comunque la mancata separazione tra le due gestioni al momento della costituzione dell’Azienda Unica Umbria Mobilità, anche in ragione della possibilità per i fondi statali destinati alle ferrovie regionali, come già detto per la lex 244/2007 art.1 comma 295, che erano stati erogati fino ad allora e/o lo venivano fino al 2011 per il rinnovo dell’infrastruttura e del materiale rotabile dall’ex Fondo Comune lex 297/78 e s. i. e m., di finire in unico calderone.

D’altro canto che la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’infrastruttura non fosse una vera priorità lo dimostravano gli sviamenti di materiali o i rallentamenti in atto, già allora, lungo la Rete Aziendale.

Chiedevamo, quindi, alla Regione, quale proprietaria dell’infrastruttura, le determinazioni in ordine alla separazione della gestione delle reti dalla gestione dei servizi e che ritenevamo, altresì, importante il controllo costante e vincolante sul futuro dell’Azienda stessa.

Anche per evitare che chi in futuro fosse entrato nel possesso della maggioranza delle quote di UM (si parlava all’epoca di Busitalia-Sita Nord, che poi l’acquisì, e della francese Rapt Dev) non andasse a ridimensionare la ex Ferrovia Centrale Umbria, per poi condurla ad una lenta ed inesorabile chiusura, come accaduto per altre linee ferroviarie regionali.
Purtroppo a queste note, come a molte altre, non abbiamo avuto effettivi riscontri, né verbali, né scritti, se non scarni “ci vuole tempo”.

Ma ora ecco a cosa ha portato il tempo: un fallimento su tutta la linea. Mentre in altre Regioni Italiane del Centro Nord le ferrovie ex concesse sono in sviluppo, qui, dopo neanche cento anni, si è distrutta una risorsa regionale. E ora noi ben potremmo dire: ve l’avevamo detto!

Magra consolazione, perché in tutto questo chi ci rimette sono gli utenti della ex FCU, soprattutto i pendolari, lavoratori e studenti, che dovranno arrangiarsi, come sempre sono abituati a fare quando ci sono problemi più grandi di loro, utilizzando mezzi propri o gli autoservizi sostitutivi, che ci auguriamo non diventino definitivi.

Senza dimenticare tutti i lavoratori, soprattutto quelli in servizio sulla tratta sud, che, secondo dichiarazioni riportate dagli organi di stampa, sembrerebbero abbandonati anche dalle stesse associazioni di categoria, intezionate a salvaguardare la sola linea a nord.

Su tale questione ci piacerebbe sapere cosa ne pensano gli Amministratori Locali dei Comuni che si trovano lungo la linea da Terni a Ponte S. Giovanni.

Per questo, riservandoci di attivare tutte le azioni possibili a tutela di un diritto costituzionale come quello della mobilità, ci permettiamo di fare una provocazione: non è forse il caso di restituire al Governo Centrale le deleghe ai trasporti?

Perché va bene il principio di sussidiarietà, ma è evidente che l’organismo più prossimo abbia manifestato, più volte, tutta la propria inadeguatezza nella gestione di un servizio essenziale per i cittadini.

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