Treofan, nuovo vertice al Mise senza risposte

L’azienda in collegamento telefonico, rassicurazioni sui volumi ma mancano certezze sul futuro. Salvini: «Governo intervenga, convocare l’ambasciatore indiano»

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Nuovo vertice al Mise, martedì pomeriggio, per discutere della vertenza Treofan e nuovi interrogativi che rimangono aperti per lavoratori e sindacati dell’azienda ternana: al vertice, al quale erano presenti le segreterie nazionali e locali delle organizzazioni sindacali, ha partecipato a distanza (dalla Germania) Deepak Jain, cfo del gruppo. Il quale – stando a quanto riferito al termine della riunione – non ha fornito elementi utili per chiarire le prospettive complessive della società dopo l’acquisizione da parte di Jindal.

Le perplessità

«Non siamo in grado di rispondere alle vostre domande» è quanto ha detto il manager agli interlocutori, rassicurando però vagamente sul fatto che i volumi a Terni sono in linea con le previsioni e che delle assunzioni necessarie per ripristinare i numeri forniti dal piano di investimenti se ne sta occupando l’ufficio Risorse umane di Jindal. E sull’argomento torna a ‘battere il ferro’ il leader della Lega Matteo Salvini, già in visita allo stabilimento del polo chimico in campagna elettorale, che con il deputato umbro Virginio Caparvi parla di «ennesimo buco nell’acqua, mentre 140 operai rischiano di perdere il lavoro».

La polemica politica

«Ancora una volta – scrivono i due leghisti – la proprietà indiana Jindal si presenta ad un’audioconferenza con un delegato che non risponde a nessuna domanda. Nessun chiarimento nemmeno in merito alla situazione dei 140 dipendenti dello stabilimento di Terni che continuano ad assistere ad ordinativi in diminuzione e che vedono il proprio futuro sempre più minacciato da operazioni speculative che non portano a nessuno sviluppo nel territorio ternano. Il Governo smetta di dormire: lavori concretamente per risolvere questa crisi aziendale. Riteniamo opportuno – concludono Salvini e Caparvi – convocare ufficialmente l’ambasciata indiana in Italia per capire come portare il proprietario di Jindal al tavolo di crisi e chiedere quelle risposte che fino ad oggi, in dieci mesi, non sono mai arrivate».

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