Umbria: «In crescita solo lavoro precario»

Mario Bravi, presidente Ires Cgil Umbria: «Continuano a calare i contratti a tempo indeterminato»

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«L’aggiornamento di dicembre, relativo al periodo gennaio-ottobre 2017, dei dati dell’Osservatorio nazionale sul precariato dell’Inps conferma ancora una volta le valutazioni dell’Ires Cgil dell’Umbria: continua a diminuire il lavoro a tempo indeterminato e dilaga il lavoro precario e povero. Potremmo dire che l’unico dato certamente in crescita in Umbria è proprio l’aumento del lavoro precario e senza diritti, a spiegarlo è Mario Bravi, presidente Ires Cgil Umbria.

I dati «Vediamo i dati sull’Umbria relativi al periodo gennaio-ottobre 2017: assunzioni a tempo indeterminato 9.417, assunzioni a tempo determinato 51.613, stagionali 2.721, apprendistato 4.753 per un complesso di attivazioni pari a 68.504. Le cessazioni complessive sono state 58.457. Tenendo conto anche delle trasformazioni a tempo indeterminato da altri contratti, il complesso dei nuovi rapporti a tempo indeterminato è pari a 13.589, ovvero il 19,8% del totale dei nuovi contratti, una percentuale più bassa della media nazionale che è del 23,6%. Inoltre, il saldo, sempre per quanto riguarda i tempi indeterminati, è negativo. Infatti, le cessazioni (15.153) sono superiori alle attivazioni sommate alle trasformazioni (13.589)».

I contratti Il numero dei contratti «non corrisponde al numero delle persone che proprio per la estrema precarietà e durata temporale sono costretti ad attivate più rapporti anche nell’arco di pochi mesi, non a caso in Umbria nel secondo trimestre 2017 (dice l’Istat) l’occupazione complessiva è diminuita. Con il dato – sottolineato anche dallo stesso istituto di statistica – che il 30% dei contratti ha una durata media di 1,4 giorni. Si conferma insomma l’allarme occupazione in Umbria, con l’esigenza di ridare dignità e diritti al mondo del lavoro, soprattutto giovanile. Infatti, finita la politica degli incentivi alle imprese crollano i tempi indeterminati, ma è evidente che non si può costruire il futuro dell’Umbria e del paese sul lavoro povero e precario».

L’allarme Da questo punto di vista, conclude il presidente, «è allarmante anche il fatto che nei primi 10 mesi dell’anno a livello nazionale il lavoro a chiamata è aumentato di oltre il 100%. I dati dimostrano il completo fallimento del jobs act, che non ha raggiunto l’obiettivo propagandato di creare lavoro stabile e nel frattempo ha visto dilapidare 18 miliardi di risorse pubbliche».

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