«A chi giovano i direttori generali ‘precari’?»

Se lo chiede il segretario regionale della Fials, Mario Bruni: «Con incarichi triennali e la verifica ad un anno, c’è tempo per pianificare?»

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di Mario Bruni
Segretario regionale Fials Umbria

Avevamo sperato di avere, con il nuovo anno, un assetto stabile in sanità a cominciare dalla nomina dei nuovi direttotri generali al posto dei commissari. Un atto dovuto per la nuova giunta regionale che finalmente, come da pubbliche dichiarazioni, si appresta a governare un sistema sanitario che oggi ha mostrato tutti i suoi limiti, fortemente evidenziati dal mutato quadro epidemiologico caratterizzato essenzialmente da cittadini ultrasessantacinquenni con pluricronicità, che certamente necessitano di un sistema di assistenza più flessibile e maggiormente incentrato sulla medicina territoriale. Un nuovo modello questo che certamente, per essere governato, necessità di una forte guida di programmazione regionale ma anche e soprattutto di un’autorevole gestione delle aziende.

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Direzioni generali che avrebbero dovuto avere, per tali scopi, una forte investiture da parte della Regione con una nomina a cinque anni e verifica intermedia a tre anni. Condizione, questa, necessaria per potere impostare i relativi piani attuativi locali con cui resettare il sistema nella dovuta continuità con il passato, allo scopo di non creare ulteriori prevedibili lacerazioni conseguenti i diversi equilibri di poteri da mettersi in campo. La nomina dei direttori generali a tre anni con verifica a dodici mesi ci lascia contrariati e perplessi ed apre molteplici interrogativi. Come si deve intendere la verifica a dodici mesi? Su quail nuovi obiettivi di valutazione?

Diamo infatti per assodato il valore professionale di tutti i soggett nominati perchè verificati sul campo in sei mesi di commissariamento in cui, da soli, hanno gestito e governato la pandemia. Da rilevarsi che tutti gli elementi di revoca e decadenza dall’incarico, sono già parte integrante dei contratti sottocritti nonchè regolamentati da leggi e contratti nazionali. A chi giova l’avere così indebolito il loro potere, che li elegge ad organi ‘monocratici’ di gestione autonoma nel rispetto delle line di programmazione della Regione, con la verifica ad un anno cioè nel tempo breve in cui non avranno neanche potuto definire l’atto aziendale che ne costituisce vincolo di mandato?

Per non pensare poi ai carichi di lavoro cui nell’anno saranno sottoposti per la gestione della pandemia insieme alla partita dei contratti del comparto che, finalmente, si riallinea a quella della dirigenza nella gestione degli incarichi. Un’operazione, questa, che secondo noi confligge con la separazione dei poteri, quello della programmazione e della gestione che sono stati i cardini della riforma sulla aziendalizzazione e che certo non aiuta la ridefinizione condivisa del nuovo modello di sanità di cui gli umbri hanno bisogno.

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