Tamponi, la Regione allarga ai service

Nonostante ci siano verifiche in corso sul laboratorio che ha dato risultati anomali per il Perugia Calcio, Palazzo Donini allarga la platea dei privati coinvolti nello screening molecolare

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di P.C.

È stata accolta con perplessità dagli addetti ai lavori la decisione della Regione di allargare a tutti i laboratori diagnostici privati la possibilità di effettuare tamponi orofaringei per la diagnostica Covid, soprattutto in considerazione del fatto che ci sono in questi giorni delle verifiche in corso sulle dinamiche diagnostiche sui 4 centri autorizzati, dopo il caso dei falsi positivi per i giocatori e i dipendenti del Perugia Calcio (dei 30 intercettati solo due sono stati confermati dalla Usl, esterni al gruppo squadra) che ha coinvolto il Laboratorio Minerva di via Pellas.

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I service

Non è proprio un ‘liberi tutti’ – occorre chiarirlo – perché le analisi dei campioni prelevati con il tampone saranno comunque fatte presso i centri autorizzati dalla Regione Umbria, che hanno superato la cosiddetta prova dei 15 tamponi e hanno dimostrato di utilizzare prassi e materiali in linea con le prescrizioni dell’Istituto superiore di sanità e dell’agenzia del farmaco. Al momento in Umbria sono quattro. Il Minerva, per l’appunto, che è stato il primo ad essere autorizzato a metà agosto e su cui ci sono verifiche in corso; poi il Galeno di Madonna Alta, il Fleming di Bastia e il Crabion di Corciano. In ogni caso, anche le tecniche di effettuazione del tampone sono importanti per avere dati corretti e l’allargamento del fronte se da un lato dà sollievo alle strutture fin qui interessate dall’altro provoca dubbi sulla attendibilità dei dati, fatta salva ovviamente la professionalità dei laboratori privati coinvolti (una cinquantina circa in Umbria).

I costi

Il rischio è che nasca un mercato del tampone. Perché vero che i costi sono standard – 90 euro – ma è pur vero che per farsi concorrenza i vari centri potrebbero decidere di fornire delle agevolazioni; è la legge del mercato. Del resto, l’obbligatorietà della ricetta medica è facilmente aggirabile – come spiegato da umbriaOn.it in un recente articolo – considerando che ogni centro diagnostico ha un direttore sanitario e che la ricetta, se non la fa il medico di base, può farla il direttore sanitario, che è – sì – un medico, ma è dipendente dell’azienda e quindi ha tutto l’interesse a ‘vendere’ il prodotto tampone, che alla fine diventa una merce, né più né meno delle altre prestazioni di laboratorio private.

La gestione dei risultati

La differenza è che, come da documento autorizzativo, i quattro centri (e gli altri che si aggiungeranno all’elenco) chiamati ad analizzare i tamponi devono comunicare subito (entro 24 ore) i positivi e comunque fornire un report anche dei negativi. Tutti dati che si aggiungeranno quotidianamente al dashboard della Regione Umbria sul coronavirus. Ma c’è un però. Visto che nel caso sia il medico di base a prescrivere il tampone, c’è un fondato sospetto di positività, con una motivazione di carattere sanitario, i negativi hanno bisogno di una verifica e di un monitoraggio. quando invece si riceve un risultato negativo dopo essersi recati a fare il tampone autonomamente, l’iter si ferma lì. Analogo invece il trattamento dei positivi: al primo tampone che intercetta il virus, il caso viene segnalato alla sanità pubblica, che lo registra nei dati giornalieri (il dashboard) e lo prende in carico.

Gli standard e i dubbi

Oltre alla certificazione dei materiali e ai tempi di comunicazione, i punti prelievo privato dovranno avere una serie di requisiti che, al momento, posso autocertificare ma che non sono stati ancora verificati sul campo. Quello che più preoccupa è riferito alle modalità di accesso e alla logistica. Riusciranno tutti a garantire ingresso e uscita dedicato per i pazienti (potenziali Covid) che si recano al punto prelievo? O si creeranno casi di promiscuità con gli altri clienti dei laboratori? Le decine di laboratori autorizzati a trasformarsi in ‘punto prelievo’ sono dotati di requisiti di sicurezza (programmi informatici, sistemi di trasporto con Gps etc.) per la gestione dei dati personali? Hanno ambienti idonei e personale medico e paramedico da destinare in via esclusiva alla effettuazione di tamponi orofaringei? Hanno la possibilità di sanificare tutto ad ogni accesso? Tutti dubbi che al momento non sono stati chiariti.

L’interrogazione della Meloni

Intanto, ancor prima della diffusione della notizia dei ‘service’, il tema dei tamponi presso i privati era già approdato in consiglio regionale con due iniziative dell’opposizione. La consigliera regionale Simona Meloni (vice presidente assemblea legislativa) aveva annunciato un’interrogazione alla giunta regionale per conoscere «il livello di monitoraggio e controllo delle strutture accreditate dal servizio sanitario regionale ad eseguire prestazioni nell’ambito della diagnosi del Covid-19», con un invito ad «aumentare il livello e il numero dei controlli delle strutture accreditate, affinché tutti i cittadini umbri possano decidere di rivolgersi anche ai laboratori privati per la prevenzione e la diagnosi sul Covid-19 in piena sicurezza e con l’opportuna tranquillità».

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