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Home » Italia Nostra Perugia, j’accuse sugli Arconi

Italia Nostra Perugia, j’accuse sugli Arconi

di Lucina Paternesi
24 Settembre 2017
in Altre notizie, Attualità, Politica
Tempo di lettura: 4 minuti di lettura
Gli Arconi

Gli Arconi

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Gubbio, Spoleto ma anche Assisi. Solo a Perugia gli Arconi, tipologia architettonica molto ben individuabile nel medioevo umbro, sono diventati protagonisti di una vicenda dai contorni addirittura grotteschi. Progetti diversi, difformità progettuali non messe su carta, incongruenze e l’incognita, su tutte, delle autorizzazioni della Soprintendenza.

Il progetto iniziale del 2013

La vicenda Con il ‘savoir faire’ che la contraddistingue, Italia Nostra, l’associazione che ha bloccato il cantiere che sta lavorando al progetto di realizzazione della biblioteca multimediale in piazza della Rupe con un esposto in Procura che ha portato i carabinieri del Noe e della tutela del patrimonio negli uffici di palazzo dei Priori per l’acquisizione di documenti, dopo aver mandato su tutte le furie il vicesindaco Barelli – ex presidente della sezione perugina dell’associazione – ora attacca, con ferocia,  la Soprintendenza. Lo fa, carte alla mano, dopo aver spulciato tutti i documenti del comune, mettendo nero su bianco le tante incongruenze che questo progetto ha fatto emergere e giungendo a conclusioni amare su quello che significa tutelare il patrimonio culturale cittadino.

Il progetto ‘modificato’

I due progetti Le difformità, tra il progetto preliminare e quello esecutivo, da un accesso atti al comune, ci sono. E sono evidenti, scrive Italia Nostra, perché nel preliminare – il progetto del 2013 – non esistono volumi e strutture aggettanti e la biblioteca è confinata entro gli arconi. Nell’esecutivo, invece, emerge la soluzione con tre solai aggettanti: «Si deve quindi senz’altro osservare – spiega l’architetto Luigi Fressoia –  che tale secondo progetto esecutivo non è il consueto e dovuto sviluppo del precedente preliminare, bensì è cosa del tutto diversa e nuova avendo diversa superficie comportata dall’espansione predetta, avendo diversa soluzione strutturale, addirittura comportante nuovi volumi edilizi, operante brecce su muri portanti delle sostruzioni trecentesche del quattrocentesco Palazzo del Capitano del Popolo al fine di ottenere i desiderati passaggi di congiunzione predetti».

Il Sopramuro «Giova ricordare che gli Arconi – prosegue l’analisi di Italia Nostra – che sono quattro, di cui uno già impegnato dallo sbarco delle scale mobili del Minimetrò e gli altri tre impegnati da questo progetto, col soprastante Palazzo dell’Università, Studium, ora espansione degli uffici giudiziari e soprattutto con le sottostanti sostruzioni di fondazione e supporto, sono parte del vasto complesso denominato Sopramuro, operazione urbanistico-architettonica iniziata nella prima metà del Duecento e terminata nei due primi decenni del Cinquecento, tesa ad ampliare lo spazio urbano allora delimitato dal Muro Etrusco». L’intero complesso architettonico, dunque, è fortemente monumentale e vincolato da apposite leggi che consentono solo interventi di manutenzione e restauro. Come mai, si chiedono dall’associazione, nei documenti del comune manca del tutto la relazione storica «pur dovuta e giustamente pretesa in ogni intervento che riguardi monumenti ed edifici storici?».

Il cantiere

Carenze di tutela Una mancanza, questa, che secondo Italia Nostra dà contezza «specie per l’ente di tutela, della consapevolezza dei progettisti circa i valori su cui si accingono a porre le mani. Una mancanza che spiega benissimo l’assenza del necessario approccio prima di tutto conservativo di un intervento proposto, approccio conservativo istituzionalmente connesso col vincolo e con l’esercizio della sua tutela e quindi ineludibile. Giova notare che le numerose autorizzazioni concesse dall’ente di tutela, nell’ormai consueto frasario impreciso e di difficile decifrazione, sentono il dovere di rendere omaggio al di fatto dimenticato, dovuto e istituzionale carattere conservativo, mediante mera affermazione verbale di rito, la cui effettiva corrispondenza però con il progetto proposto è quanto meno opinabilissima, diciamo scarsa o pressoché inesistente, o meglio ignorata nei fatti».

Autorizzazioni Al momento, proseguono, la Soprintendenza non ha concesso la stessa ‘generosità’ di documenti presentata dal Comune. «Ci è stata consegnata una sola autorizzazione – dichiarano – quando invece, dai documenti presi in comune, emerge che sussistono almeno altre cinque autorizzazioni. Sono riferite al progetto preliminare o esecutivo? Come è possibile che si siano autorizzati nuovi volumi, passerelle in breccia su muri portanti storici e si facciano nascondere muri pregiati finora rimasti sempre in vista?».

La Soprintendente Marica Mercalli

«Soprintendenza politicizzata» E ancora, risultano poco chiari, i passaggi temporali con cui le autorizzazioni sarebbero state concesse. «E’ proprio incomprensibile il comportamento della Soprintendenza – attacca ancora Italia Nostra – che non solo elargisce in copia meno autorizzazioni di quante ne ha rilasciate, bensì non vuole allegarvi -a ciascuna- il relativo fascicolo progettuale, senza il quale però non è possibile capire cosa autorizza ogni autorizzazione, quindi denegando di fatto l’accesso agli atti. Sembra ci sia un comportamento da ‘due pesi e due misure’ a seconda che il proponente un progetto sia privato cittadino/progettista oppure un ente pubblico in violazione del principio cardine di non discriminazione nell’esercizio dell’azione amministrativa. E’ infatti evidente a tutti la disparità di rigore, severità e tempi. Disparità forse riconducibile a una pervasiva “politicizzazione di tutto” che impregna ormai in modo totalitario le istituzioni».

Poca consapevolezza Prima i soppalchi poi la breccia per unirsi alla Sala Gotica e Salara, infine il nuovo muro che nasconderà il Murus Civitatis per contenere le sovrabbondanti tecnologie necessarie, «dimostrano quanto l’originaria destinazione a Biblioteca sia stata non sufficientemente valutata, ovvero deprivata dell’ipotesi di rinuncia che viceversa deve essere potenzialmente presente fin dal primo approccio. Sembra al contrario che la decisione per una nuova biblioteca sia stata prima decisa a prescindere e poi imposta finendo necessariamente per indurre i progettisti alle forzature qui richiamate. Aggravate dal non sufficiente grado di consapevolezza culturale invece indispensabile trattando beni storici e monumentali».

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