Ospedale Narni-Amelia il Consiglio di Stato chiude. Procedura d’esproprio da rifare

Esulta il ricorrente: cessazione della materia del contendere, condanna a pagare per Regione, Usl e Comune di Narni. Ma c’è ancora la bagarre sul nuovo accordo di programma

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di S.F.

«Il terreno del ricorrente appellante, essendo venuta meno l’efficacia dell’esproprio, dovrà essere restituito, ovviamente salvo l’esercizio, nei limiti di legge, da parte dell’amministrazione del potere di promuovere un nuovo esproprio per realizzare l’opera pubblica secondo il nuovo progetto». Lo mette nero su bianco il Consiglio di Stato – IV sezione giurisdizionale, presidente Ermanno de Francisco – in merito al ricorso 2020 riguardante il nuovo ospedale comprensoriale Narni-Amelia da oltre 80 milioni di euro: sancita la cessazione della materia del contendere e la condanna di Regione Umbria, Usl Umbria 2 e Comune di Narni al pagamento di 8 mila euro. Da quanto si apprende un provvedimento inatteso dagli enti pubblici e che invece fa esultare il ricorrente. Ma non è finita qui perché al Tar Umbria è attivo un altro procedimento. Giocoforza anche su quel fronte ci saranno conseguenze.

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Il problema di fondo 

Partiamo dalla fine senza farla troppo lunga considerando che la sentenza è abbastanza corposa: in sostanza il Consiglio di Stato ha stabilito che va rifatta la procedura espropriativa – questo passaggio è già stato avviato da tempo – perché il nuovo accordo di programma è di fatto un altro progetto. Dall’altro lato la pensano diversamente, vale a dire che in realtà si tratta solo di modifiche. L’atto pubblicato in giornata dal Consiglio di Stato parte dalla sentenza del Tar Umbria (dichiarò i motivi di ricorso in parte irricevibili, inammissibili e infondati) datata dicembre 2019: furono impugnati decreti, deliberazioni e documenti legati in particolar modo al vecchio accordo del 13 ottobre 2017 tra Regione, Usl 2, Provincia di Terni, Comune di Narni e Amelia sempre per la questione dei terreni da espropriare in zona Camartana. C’è un passaggio della sentenza che ci fa capire di quanto sia tortuosa questa storia: «Dell’ospedale in questione si incomincia a parlare in termini concreti alla fine del 2004». Siamo a quasi due ventenni di distanza e si è ancora al palo. Il tema centrale non è tanto legato all’area (ovvio che a tutti interessa la realizzazione di una struttura sanitaria pubblica che funzioni, d’altronde il contesto attuale è più che problematico), quanto per l’indennizzo.

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Il nuovo accordo e la cessazione

Bene, cosa è successo di recente che ha cambiato le carte in tavola? Le parti resistenti hanno fatto notare che nel febbraio 2021 è stato formalizzato il nuovo accordo di programma e dunque la Regione ha eccepito l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso. Motivo? «Nuove esigenze tecniche che hanno portato a rivedere il progetto originario» con tanto di approvazione del nuovo accordo e dichiarazione di pubblica utilità e indifferibilità e urgenza delle opere relative. Si arriva al 2022: il ricorrente – M.V., difeso dagli avvocati Giovanni Ranalli e Fabrizio Garzuglia – ha chiesto la decisione nel merito. E così sarà. In primis il Consiglio di Stato ha dichiarato la cessazione della materia del contendere: «Nel caso di specie è evidente che il bene della vita cui aspira al ricorrente è il venir meno della procedura di esproprio, che lascerebbe intatti gli immobili di sua proprietà. Ciò posto, il Collegio ritiene che la materia del contendere sia appunto cessata». Sì, perché nel contempo la partita si è rispostata al Tar sull’atto del febbraio 2021. Un intreccio incredibile.

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Il Consiglio di Stato

La caducazione degli atti e la procedura da rifare

Si arriva al dunque. Il Consiglio di Stato spiega che «occorre partire dal dato per cui il nuovo accordo di programma 9 febbraio 2021, di cui si è detto sopra, ha sostituito l’originario progetto dell’ospedale, contenuto negli originari accordi di programma 12 marzo 2012 e 13 ottobre 2017, con un progetto nuovo, che secondo quanto risulta dal decreto di approvazione 2 febbraio 2021, risponde a nuove esigenze tecniche nel frattempo manifestatesi. In sintesi estrema ‘la variazione consiste in una riduzione dei posti letto destinati alla riabilitazione da 74 a 60 e in un aumento dei posti letto per acuti che passano da 46 a 60. La previsione di 20 posti letto di rsa rimane inalterata, come il totale, pari a 140 posti letto. Sono inoltre previsti 4 posti letto tecnici di Obi pronto soccorso, 14 di dialisi ambulatoriale e 16 posti letto tecnici ambulatoriali». Conseguenza? «Anche a fronte di questa semplice descrizione, è allora chiaro che le nuove opere previste sono notevolmente diverse da quelle in origine ipotizzate, e conseguentemente, come pure si è detto, per esse vi è stata una nuova dichiarazione di pubblica utilità e indifferibilità e urgenza, come da decreto del sindaco 9 febbraio 2021 che ha approvato un nuovo accordo di programma. Ciò è per implicito, ma inequivocabilmente, riconosciuto anche dallo stesso attuale ricorrente appellante, il quale, se pure dichiarando di averlo fatto solo per scrupolo di difesa, ha impugnato il decreto stesso con un nuovo ricorso di I grado, Tar Umbria 664/2021 di quell’ufficio, a dimostrazione che il contenzioso si è trasferito in quella sede». Il Consiglio di Stato ritiene il «superamento e la caducazione degli atti impugnati in questa sede, in particolare del decreto di esproprio 26 marzo 2019 e degli atti di esecuzione di esso che sono stati compiuti».

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Il terreno da restituire e l’errata sentenza di I grado

Di conseguenza il terreno dell’appellante, essendo venuta meno l’efficacia dell’esproprio, «dovrà essere restituito, ovviamente salvo l’esercizio, nei limiti di legge, da parte dell’amministrazione del potere di promuovere un nuovo esproprio per realizzare l’opera pubblica secondo il nuovo progetto. La sentenza appellata va riformata privandola di ogni effetto nella regolazione del rapporto amministrativo, dato che essa interviene su atti impugnati non più attuali, in quanto sostituiti da altri sopravvenuti nel corso del giudizio». Inoltre viene specificato che va «ritenuta errata la sentenza di I grado, che ha dichiarato la irricevibilità del ricorso di I grado perché tardivo rispetto all’impugnazione degli originari accordi di programma 12 marzo 2012 e 13 ottobre 2017, là dove essa avrebbe dovuto accogliere il ricorso stesso nel merito». Si ‘bacchetta’ il Tar: «La sentenza impugnata un dato correttamente evidenziato dall’atto di appello, ovvero la norma speciale dell’articolo 224 comma 7 della legge regionale Umbria 21 gennaio 2015 numero 1, in tema di progettazione di opere pubbliche e di pubblica utilità, per cui ‘il provvedimento che approva il progetto definitivo ed esecutivo, ai fini della dichiarazione di pubblica utilità, indica gli estremi degli atti da cui è sorto il vincolo preordinato all’esproprio. Al proprietario è comunicata la data in cui è diventato efficace l’atto che ha approvato il progetto definitivo ed esecutivo, nonché della facoltà di prendere visione della relativa documentazione’, richiedendosi quindi comunque una comunicazione, e non una semplice pubblicazione della variante che l’opera preveda». Ma su cosa in particolar si applica questo discorso? «Il ricorso sarebbe stato da dichiarare fondato nel merito per lo meno rispetto al XIV motivo di appello, centrato sulla carenza di istruttoria sul progetto per mancanza di indagini geologiche».

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La condanna

Regione (difesa dall’avvocato Natascia Marsala), Usl 2 (Massimo Marcucci) e Comune di Narni (Fabio Marini e Federico Mazzella) sono condannate al pagamento di 8 mila euro per soccombenza virtuale. La procedura espropriativa post nuovo accordo di programma e, a questo punto, c’è il problema dell’occupazione d’urgenza delle aree: una stima in tal senso è già stata effettuata. La saga del nuovo ospedale comprensoriale continua.

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