Perugia, riti ‘voodoo’ per farle prostituire

La squadra mobile ha arrestato otto persone di nazionalità nigeriana che gestivano il mercato del sesso di loro connazionali, soggiogate con minacce e riti pseudo religiosi

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di P.C.

Donne che sfruttavano altre donne. Un crimine abietto – lo sfruttamento della prostituzione – reso ancor più spregevole da questa particolarità, sottolineata più volte nel corso della conferenza stampa in Questura con cui il questore Giuseppe Bisogno, il capo della mobile Virgilio Russo, il suo vice Adriano Felici e il vice questore Eugenio Masino del servizio centrale operativo hanno fornito i dettagli dell’operazione.

La conferenza

Il blitz è frutto di un’articolata attività investigativa che ha portato all’esecuzione di otto misure cautelari – disposte dal gip Lidia Brutti – nei confronti di altrettanti cittadini nigeriani: due uomini e sei donne, tutti residenti a Perugia. Sette di loro sono finiti in carcere; una donna è ai domiciliari. Facevano parte di una comunità pseudo religiosa che si comportava come uno spregiudicato sodalizio criminale in grado, a partire dal 2015, di far entrare illecitamente in Italia decine di giovani donne nigeriane, poi dislocate in appartamenti di cui il gruppo aveva la disponibilità e fatte prostituire, prevalentemente in strada, sia nel capoluogo sia in provincia. Una pratica che umbriaOn aveva denunciato già nei mesi scorsi, con tanto di video girato a Pian di Massiano: immagini simili a quelle utilizzate dagli inquirenti per documentare l’attività di prostituzione.

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L’Afro Pub

A capo dell’organizzazione c’erano i due uomini, fra cui il boss, quello che in gergo viene definito ‘ibaka’. Un gradino sotto le donne – le cosiddette ‘Maman’ – che avevano rapporti diretti con le prostitute: «Donne che attiravano altre donne con il miraggio di un lavoro e poi le costringevano a prostituirsi; un aspetto che rende ancor più odioso questo reato già di per sé odioso», ha detto il Questore Bisogno. Le ragazze venivano soggiogate con le minacce e con la paura, utilizzando anche riti vodoo. E se ‘sgarravano’ venivano punite lasciandole senza cibo e facendole dormire al freddo. Ruolo strategico aveva l’Afro Pub in zona stazione, attività commerciale fra l’altro utilizzata come copertura per contratti di lavoro fittizi in gradi di far ottenere permessi di soggiorno alle ragazze. Per questo aspetto, è stato contestato anche il reato di falso ideologico. E due ragazze sono state denunciate per il mancato rispetto di un provvedimento di espulsione. Il gestore del pub è uno degli arrestati.

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La complessa attività investigativa portata avanti dagli uomini della squadra mobile perugina, coordinati dalla Dda di Perugia, ha permesso di ricostruire l’intera attività del gruppo criminale: gli arrestati avevano i propri referenti in Nigeria, dove iniziava il viaggio delle giovani, e con la Libia, da dove cominciava il viaggio della speranza a bordo dei barconi attraversavano il Mediterraneo. Una organizzazione strutturata, di tipo verticistico, ma con forti legami a livello nazionale e internazionale: «Ogni cellula territoriale di queste organizzazioni criminali – ha spiegato Eugenio Masino dello Sco – è in contatto anche con altre cellule di altri territori, ciò si abbina all’aspetto ‘verticistico’ di ciascuna organizzazione nigeriana, che noi definiamo ‘cultiste’ perché si basano su culti pseudo religiosi. I vertici delle organizzazioni sono nazionali e anche internazionali. Possiamo quindi parlare di network criminale transnazionale di questa organizzazione. Fra gli arrestati c’è anche il referente provinciale dell’organizzazione nota come Sec, ma ci sono esponenti anche di altre consorterie come i Black Axe».

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Le accuse per i soggetti arrestati sono di concorso in favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, induzione in errore di pubblici ufficiali al fine di ottenere indebitamente permessi di soggiorno in Italia. «Ma per come sono strutturate – ha spiegato Masino – non è escluso che in futuro a queste organizzazioni si possano applicare i reati di associazione di tipo mafioso, come già fatto ad esempio con i clan rumeni e cinesi».

IL VIDEO DIRAMATO DALLA QUESTURA

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