Terni e i suoi giovani: «Smettiamola di voltarci dall’altra parte»

Le riflessioni dello psicologo Maurizio Bechi Gabrielli dopo la tragica scomparsa di due adolescenti: «Ci chiedono punti di riferimento ma la società è distratta da altro»

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Una città addolorata, attonita, colpita da un pugno allo stomaco. È la Terni che deve fare i conti con due morti giovanissime, di due ragazzini che, amici per la pelle, un mattino non si sono più risvegliati. E, a prescindere dalla piega che la vicenda prenderà sul piano investigativo, è doveroso interrogarsi su cosa stia accadendo in città. Abbiamo provato a farlo con Maurizio Bechi Gabrielli, per anni dirigente psicologo della Usl Umbria 2 e specializzato in disagio psichico giovanile.

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Maurizio Bechi Gabrielli

«Nessuna retorica inutile»

«Quanto accaduto non può non colpire tutti ed è giusto porsi delle domande – afferma -. Credo che in questo momento, anche per rispetto di chi è stato colpito da tragedie così grandi, vada evitata in ogni modo la retorica delle famiglie che devono essere più vicine ai ragazzi. Non dobbiamo far sentire nessuno colpevole perché le famiglie sono vicine a chi vogliono bene, come possono e come sanno. Peraltro parliamo di un’età, a cavallo fra la preadolescenza e l’adolescenza, in cui l’interesse dei giovani è proiettato al di fuori del contesto familiare, ai riferimenti esterni. Anche per questo il ‘potere’ di orientamento e controllo delle famiglie è relativo ed inferiore rispetto a qualche anno fa. Ciò non vuol dire che vada bene così e ci sono delle spiegazioni precise».

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«Basta etichette, stiamogli accanto»

«Intanto è necessario che fuori dal contesto familiare i ragazzi trovino anche la protezione di cui hanno bisogno, punti di riferimento, ed oggi ce ne sono sempre meno, che gli consentano di socializzare, fare esperienze, al limite anche ‘trasgredire’ ma che poi siano in grado di ricondurre tutto ad un discorso di sano buonsenso. Serve una società inclusiva e non capace solo di affibbiare etichette quando si sbaglia, e per ‘errore’ intendo anche un rendimento scolastico magari non soddisfacente. Il danno si crea quando si viene allontanati, etichettati. Oggi ho l’impressione che la società nel suo insieme sia disattenta, presa da altri problemi piuttosto che dal seguire la crescita dei suoi ragazzi e rispondere ai loro bisogni. Peraltro la fase dell’adolescenza è delicata per definizione anche perché è lì che si formano la coscienza sociale e quella morale. Il rischio qual è? Che i nostri giovani decidano di seguire la corrente oppure, spesso per farsi notare, mettano in atto comportamenti dannosi».

«Autorevolezza, non autoritarismo o lassismo»

«Noi, le nostre istituzioni, la politica, abbiamo tutti un compito – afferma Maurizio Bechi Gabrielli -, quello di creare ambienti ed occasioni, in testa ci metto le istituzioni locali e la scuola che è l’organizzazione deputata alla costruzione dei cittadini, dove i nostri ragazzi possano crescere e socializzare senza perdere la bussola. Cosa è cambiato negli anni? Viviamo una crisi generale e quando la società è in difficoltà, si concentra solo alcune cose. Tralasciando ad esempio il governo della crescita degli adolescenti e ciò in maniera del tutto involontaria. I ragazzi sono più colpiti in quanto ‘fascia debole’: cercano dei riferimenti a cui aggrapparsi e noi, spesso, ci giriamo dall’altra parte. E invece vanno sostenuti, aiutati, tranquillizzati quando sono smarriti, spaventati oppure pieni di rabbia come spesso capita. Cercano autorevolezza, non autoritarismo o lassismo. Ascoltarli è il minimo che possiamo fare».

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