Terni, acquedotto in spazi cascata: Sii dovrà pagare 480.600 euro

Venerdì la sentenza del Consiglio di Stato sul ricorso della società: il Comune vuole quasi mezzo milione per l’occupazione degli spazi pubblici nell’area turistica

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di S.F.

L’acquedotto Scheggino-Pentima, l’occupazione degli spazi pubblici nell’area turistica-naturalistica della cascata delle Marmore e la tariffa da pagare al Comune di Terni. Si parla di una cifra che sfiora il mezzo milione: venerdì si è chiusa la contesa tra il Sii, che ha fatto ricorso, e l’amministrazione. Il Consiglio di Stato respinge e condanna la società al pagamento delle spese di lite per 3.500 euro dopo che il Tar Umbria lo aveva dichiarato inammissibile a fine 2019. Tutto confermato in sostanza.

IL COMUNE VUOLE SOLDI, IL SII RESISTE: LA STORIA

Il rendering del 2018

I lavori e la cifra richiesta

L’esecuzione dell’opera ha interessato interventi anche nell’area della cascata e il Comune – siamo nel 2015 – specificò che per l’occupazione si sarebbero applicate le tariffe già previste per i servizi a domanda individuale: 20 euro euro al metro quadrato per giorno feriale e 35 per festivi e pre-festivi. L’importo è stato determinato con un successivo provvedimento del dirigente ai lavori pubblici sulla base dell’effettivo cronoprogramma delle lavorazioni: alla fine dei conteggi la cifra è di 480.600 euro. Il Sii non ne ha voluto sapere e con istanza al Tar ha chiesto l’annullamento dell’atto prescittivo e modale – più ulteriori documenti del 2015, propedeutici alla vicenda – e soprattutto l’accertamento al diritto di essere esentata dal pagamento del canone concessorio. Niente da fare, inammissibile. In estrema sintesi perché la società avrebbe dovuto impugnare nei termini di legge una delibera di giunta del 2015.

MAGGIO 2019, L’INAUGURAZIONE DELL’OPERA DA 17 MILIONI

I lavori nel 2017

La difesa a vuoto del Sii

Appello al Consiglio di Stato e nuovo tentativo in quanto secondo il Sii il giudice di primo grado «avrebbe erroneamente qualificato il provvedimento modale come mero atto esecutivo, contenente il solo conteggio numerico di applicazione della tariffa, essendo, invece, l’atto effettivamente lesivo, per essere ivi contenuta l’imposizione del pagamento della tariffa e la quantificazione della stessa in ragione dell’avvenuta concessione dell’occupazione», tirando in ballo una convenzione stipulata con l’A.t.o. Umbria nel dicembre 2001. La sezione V° in sede giurisdizionale – presidente Luciano Barra Caracciolo – tuttavia nella sentenza conferma le decisioni del Tar: « L’appellante ribatte che l’atto comunale lesivo della sua situazione soggettiva non è la delibera giuntale 20 novembre 2015, n. 356, come ritenuto dal giudice di primo grado, ma il provvedimento modale adottato con determinazione dirigenziale 22 gennaio 2018; se fosse vero, il ricorso sarebbe tempestivamente proposto entro il termine decadenziale posto dal codice del processo amministrativo. Anche da questo punto di vista, tuttavia, il collegio ritiene che la ricostruzione del giudice di primo grado meriti conferma». Gli avvocati coinvolti sono Gianni Ranalli per il Sii e Paolo Gennari per il Comune.

NEL 2018 LA POLEMICA PER L’ACQUEDOTTO IN CASCATA

Palazzo Spada

L’imposizione

Il Sii dovrà – al netto delle tempistiche o di possibili accordi – pagare. Il Consiglio di Stato in definitiva puntualizza che «aver atteso il provvedimento modale, con la quantificazione del canone dovuto per l’occupazione di suolo pubblico, al fine di proporre ricorso giurisdizionale (ed ivi congiuntamente impugnare anche la delibera giuntale), ha reso inoppugnabile la decisione del Comune di imporre il pagamento del canone per l’occupazione dello spazio pubblico, con conseguente inammissibilità del ricorso di primo grado in quanto diretto nei confronti di un atto meramente esecutivo». Sentenza confermata e storia chiusa. Materiale da studiare per il neo presidente, l’avvocato Carlo Orsini.

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