Indennità di turno, compensazione dei soldi persi in busta paga, calendario scolastico, principio di invarianza e futuro. La questione dei Servizi educativi comunali di Terni è arrivata al tavolo – telematico – della conferenza dei capigruppo mercoledì pomeriggio: un confronto che ha certificato la spaccatura tra l’amministrazione e parte del mondo sindacale. Cgil e Cobas all’attacco sia nel merito delle decisioni che per il metodo dopo le spiegazioni fornite dagli assessori alla scuola e al personale, rispettivamente Cinzia Fabrizi e Giovanna Scarcia. Nel mirino, come noto, c’è in particolar modo la dirigente al ramo Donatella Accardo.
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La rottura che persiste
Poco meno di 45 minuti di tête-à-tête online per fare il punto della situazione con conferenza aperta ai giornalisti. La prima a prendere la parola è stata Desirée Marchetti della Fp Cgil, collegata insieme a Giorgio Lucci (sempre Fp Cgil) e un gruppo di lavoratrici: «La questione va avanti da mesi e nonostante la procedura di raffreddamento dinanzi alla prefettura non si determinano le condizioni per una composizione della vertenza. Ci sono due profili in ballo: quella salariale e quella politica, quest’ultima sull’espletamento dei Sec nel territorio». La Marchetti ha riepilogato le varie fasi dello scontro e il tentativo a vuoto di arrivare ad una definizione positiva: «L’amministrazione unilateralmente a febbraio ha deciso di omettere il pagamento delle indennità di turno senza una comunicazione ufficiale motivante e sottolineo che le lavoratrici hanno continuano a svolgere l’attività senza vedersi riconosciuta una parte del salario». Da qui partono le proteste delle persone coinvolte, fino a giungere all’incontro di agosto alla presenza del sindaco. Niente da fare, nemmeno sulla «disdetta unilaterale dei contratti di miglior favore per i Sec». Caos anche per il nuovo calendario scolastico: «Penalizzante non solo per le lavoratrici, ma anche per la cittadinanza in quanto non garantisce ipotesi di prospettiva. Anche su questo nessuna risposta dopo aver inviato le proposte scritte alla Accardo». Quindi un passo in avanti: «Successivamente la dirigente ha sostanzialmente accolto tutte le nostre motivazioni, come il riconoscimento in base all’invarianza dell’indennità. Puntualizzo – ha concluso – che tutte le indennità arrivano dal salario accessorio, previste nell’articolo che dispone le spettanze ai dipendenti degli enti locali. La disdetta del contratto decentrato? Ha valore solo se si disciplinano gli effetti. In tal senso il principio dell’ultrattività deve essere negli accordi». Bene, ‘patto’ trovato? Nemmeno per idea: «All’atto della trascrizione ci siamo trovati di fronte ad un diniego con rottura del tavolo in essere». Sponda Cobas ha partecipato Lorenzo Marcellini: «Chiediamo se c’è la volontà di lasciare la scuola nell’ambito del pubblico ed evitare di dare soldi per rimpinguare le casse di istituti privati». Tirata in ballo la Oberdan di via Tre Venezie: «Non ha la palestra ancora». Tema a sé.
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La replica della Fabrizi: indennità e vincoli
Lunga l’esposizione della Marchetti, altrettanto quella dell’assessore alla scuola Fabrizi: «Per l’indennità di turno si è posto un problema di incompatibilità per l’erogazione a causa del nuovo contratto sottoscritto a livello nazionale nel 2018. Ha disciplinato in modo diverso la proposta di pagamento in questione e, a fronte di questo, l’amministrazione per andare incontro alle lavoratrici ha individuato una soluzione alternativa». Vale a dire – ha aggiunto – «l’aumento delle indennità condizioni di lavoro (cosiddette ‘di disagio’), c’è un’interlocuzione in corso. Ripeto, non c’è un problema politico, ma di legittimità per una diversa regolamentazione scattata nel 2018». Due i tavoli portati avanti per risolvere la storia, uno con la Cgil e l’altra con la Uil. Separati. «Per quel che concerne il ruolo dei Sec – ha puntualizzato la Fabrizi – c’è forte volontà di potenziarli compatibilmente con le limitazioni che abbiamo a causa con il dissesto. Ci sono dei vincoli assoluti per le possibilità assunzionali e non possiamo garantire nemmeno il turnover. La contrazione che c’è stata non è per nostra scelta. Stiamo cercando di attivarci per far restare inalterato il numero dei posti: deve esserci un educatore ogni otto bambini ed è chiaro che se scendono gli operatori diminuisce la chance di accogliere i piccoli». Focus sul calendario: «L’apertura è predisposta per avere 42 settimane di erogazione dei servizi, come prevede la normativa. Per i rapporti di lavoro la contrattazione è in corso». Poi la replica a Marcellini: «Il settore 0-6 è definito integrato perché, specie sulla fascia 0-3, il pubblico non è in condizione di coprire i bisogni dell’utenza. Abbiam semplicemente incrementato la possibilità per le famiglie di mandare i propri figli nelle strutture, con aiuti per chi ha un reddito più basso». Citata la settimana della creatività per i bimbi in Bct: «Finanziata dalla fondazione Carit, è un modo per aprire alla città e ‘diffondere’ i Sec».
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Indennità ‘di disagio’: 1 euro. I tavoli
Si è esposta anche l’assessore Scarcia sulla scia delle parole della collega di giunta: «La vicenda dell’indennità di turno non è una scelta politica, ma legata alla corretta applicazione di un contratto sopravvenuto rispetto al precedente, non consente più l’erogazione. Rientra nell’ambito del fondo salariale accessorio, dove entrano delle somme fissate per le indennità aggiuntive rispetto alla paga base dei dipendenti comunali. Come ad esempio la polizia Locale o i lavoratori disagiati. È di tutti, e per la contrattazione decentrata se ne parla con i sindacati. L’ipotesi è di compensare, seppur non totalmente, con l’indennità di disagio e su questo entra l’aspetto politico. Comunque serve la condivisione con tutte le sigle sindacali. L’ultimo contratto decentrato – ha ricordato – fu firmato quando c’era l’assessore Bertocco. In quella circostanza si decise come ripartire il salario accessorio». Non si è tirata indietro la Accardo dopo le critiche ricevute: «Le settimane lavorative frontali delle lavoratrici sono 42 come prevede il contratto nazionale del 2010. Ma in questo Comune c’è un accordo del 1991 e si parla di 39: si ritiene necessario in futuro apportare delle migliorie e adeguamenti, individuati dopo un confronto aperto. Ci tengo a precisare dunque che le settimane saranno 39. In tal senso non c’è nessun atto unilaterale. Passando alle indennità di turno sono state sospese ad aprile, mese dove veniva erogata quella relativa di febbraio. Su questo ho chiesto un parere all’Aram (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, ndR): ci sono dei presupposti ben precisi e sono cambiati con il contratto del 2018, mi hanno risposto così come hanno spiegato gli assessori. Per far fronte a ciò il Comune ha chiesto di compensare in parte con l’indennità di disagio, che è di 1 euro al giorno. Stanno andando avanti i tavoli di contrattazione». La dirigente ha poi voluto specificare un altro aspetto: «Le sigle hanno chiesto tavoli diversi. Con la Uil l’esito è stato positivo, è stato firmato l’accordo per evitare lo sciopero. Con la Cgil stessa modalità operativa, ma la proposta di accordo non era aderente a ciò che era stato condiviso: ho avanzato delle modifiche ed evidentemente ci sono stati degli equivoci non chiariti. La Cgil ha proseguito lo stato di agitazione. Dei quattro punti principali, tre sono risolti. Resta l’indennità di turno: a breve ci sarà la conciliazione (13 ottobre) e il tavolo con delegazione trattante per vedere come compensare».
«Spaccatura profonda»
In conclusione secondo giro per i rappresentanti del mondo sindacale. Non va molto meglio: «La mia posizione è diversa nel merito e nel metodo rispetto a ciò che è stato detto. Ricordo che la correttezza delle nostre argomentazioni è basata su un parere legale pro veritate. C’è spaccatura profonda e il tavolo negoziale non è in grado di risolverla. A noi interessa fare accordi in favore dei lavoratori ed è inaccettabile dare per acquisite delle questioni. Chi opera nei Sec non toglie soldi a nessuno e finora gli è stata pagata un’indennità di turno in modo legittimo. Se si cambia l’organizzazione diteci come volete farlo e fate proposte concrete. Ma nella salvaguardia del principio dell’invarianza perché altrimenti si va a togliere qualcosa alle lavoratrici». ‘No’ anche da Marcellini, «specie nel metodo». Partita aperta.