Terni, tentò di uccidere carabiniere: sei anni di reclusione

Josè Miguel Rivas Suriel nel luglio del 2019 sparò cinque colpi di pistola in via Curio Dentato, ferendo ai piedi il militare Mario Palleschi

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Sei anni di reclusione oltre all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Questi gli elementi principali della sentenza emessa martedì pomeriggio dal tribunale di Terni in composizione collegiale – presidente Rosanna Ianniello, giudici Dorita Fratini e Chiara Mastracchio – nei confronti del 33enne di origini dominicane Josè Miguel Rivas Suriel, resosi responsabile la mattina del 22 luglio del 2019 in via Curio Dentato, di una folle sparatoria in cui un carabiniere – l’appuntato scelto Mario Palleschi del Nor di Terni – era stato centrato da due proiettili ai piedi.

LA SPARATORIA DI VIA CURIO DENTATO – ARTICOLO
VIDEO SPARATORIA – VIDEO TESTIMONI

Le parti

Altri tre uomini delle forze dell’ordine, un carabiniere che era di pattuglia insieme al Palleschi e due agenti della polizia di Stato, avevano riportato lesioni più e meno gravi – una donna in servizio alle Volanti della questura, in particolare, aveva subìto la frattura della mandibola – e figuravano nel processo come parti civili, rappresentate dagli avvocati Federica Sabbatucci (Palleschi), Loris Mattrella (il secondo carabiniere) e Massimo Proietti (i due agenti di polizia). Il 33enne dominicano era invece difeso dall’avvocato Gianluca Muzi.

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Appello in vista

Per Rivas Suriel il pm di udienza Camilla Coraggio – titolare del fascicolo è il collega Marco Stramaglia – ha chiesto sette anni di reclusione: un punto di vista, quello dell’accusa, accolto quasi in toto dal tribunale che ha condannato l’imputato per i reati di tentato omicidio nei confronti del militare ferito da colpi di arma da fuoco e lesioni personali verso gli altri tre operatori delle forze dell’ordine. L’appello da parte della difesa appare comunque scontato.

Mario Palleschi, carabiniere del Nor

I fatti

L’inferno in via Curio Dentato, all’altezza della rotatoria fra via della Bardesca e via Damiano Chiesa, si era scatenato a seguito di un banale controllo operato nei confronti del 33enne che, sotto l’effetto di stupefacenti, non aveva esitato a reagire con violenza, costringendo più pattuglie ad intervenire. Durante la colluttazione, il giovane era riuscito a sottrarre la pistola ad un agente di polizia, sparando  cinque colpi, due dei quali avevano centrato ai piedi l’appuntato scelto. Un bilancio – contusi compresi – grave ma comunque molto più lieve di quello che, per questione di centimetri, sarebbe potuto scaturire da quella folle mattinata.

I commenti

Nel processo figurava anche lo Stato – in particolare i ministeri della Difesa e dell’Interno – come parte civile e sul fronte dei risacimenti – spese legali a parte – il tribunale ha inteso demandare al giudice civile la definizione degli importi che spetterano a ciascuna persona offesa. Secondo l’avvocato Mattrella «l’accusa di tentato omicidio doveva essere estesa, nella decisione, anche al mio assistito. In questo senso vedremo se la procura intenderà impugnare la sentenza. Ovviamente la condanna evidenzia la volontà dell’imputato di aggredire senza mezzi termini, ma il convincimento che ci fosse una volontà omicida da parte dell’imputato, resta forte». Per l’avvocato Proietti si tratta di «una sentenza equilibrata ed equa, che riconosce una responsabilità apparsa evidente sin dal primo momento. Per ciò che concerne i danni, decideremo in un secondo momento come procedere».

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