di F.T.
‘Zone franche’, immigrazione, clandestini, spaccio di droga e sicurezza. Temi che ‘scaldano’ il dibattito, anche quello politico, a Terni. Ma come sempre sono le storie ed i numeri ad offrire una chiave di lettura e nuovi spunti su cui riflettere. Per capire la realtà e, soprattutto, la direzione verso cui cittadini, istituzioni e forze dell’ordine devono andare per arginare fenomeni che creano disagio e insicurezza. Sentimenti e sensazioni spesso giustificati.
Terni, di chi sei? «Avete presente quando si dice che la città è di tutti? Beh, ci sono momenti in cui certe parti del centro sono tutto fuorché della gente, dei cittadini. A disagio non ci si sentono solo le classiche famigliole con passeggini e bimbi al seguito, ma anche giovani e adulti che nella movida ci stanno, che ‘tirano tardi’ pure. Insomma, persone che nella sera e nella notte ternana sono abituate a muoversi e che un’idea di cosa siano droga e spaccio, oltre gli stereotipi da fiction, ce l’hanno. Ecco, anche loro hanno paura. Perché ormai il pusher di turno non è più solo uno che si fa i fatti suoi. Ma è uno che ‘si fa’ e basta. Di cocaina. E che se ha un coltello in tasca, può davvero combinare casini grossi e creare problemi anche a chi, con lui, non ha nulla da spartire».
L’asse delle piazze A disegnare il quadro, crudo, è un esercente del centro. Da qui si parte per analizzare cosa accade, tutto l’anno con picchi preoccupanti d’estate, in alcune zone di Terni. ‘Franche’ o meno. Di giorno e di notte. Si parte dalla retta immaginaria compresa fra i blocchi di cemento di piazza della Repubblica, il distributore automatico di bevande in largo Antonio da Sangallo e le panchine di fronte alle poste di piazza Solferino. Tutt’intorno un semianello che comprende via Manassei e corso Vecchio, con le appendici di via Garofoli e via Mancini. Quando non si muovono rapidamente in bici, gli spacciatori che conosco ogni contatore e ogni tombino della zona, lo fanno a piedi. Pronti ad aprirsi come il mar Rosso alla vista delle luci blu di una pattuglia o quando spunta qualche volto più o meno noto dell’antidroga. Le risse e le botte? Episodi normali quando ci sono di mezzo soldi, debiti e clienti in una piazza contesa – ma più spesso condivisa – fra tunisini ed egiziani.
Il parco a metà Forse zone franche strictu sensu non esistono, chissà, ma di certo ci sono aree che i cittadini frequentano meno volentieri di un tempo. Specie in certi orari. Non solo per un fatto di degrado urbano – che, si badi, è comunque decisivo per la ‘sicurezza percepita’ e quindi per quella reale -, ma anche e soprattutto per le persone che le popolano, gli sguardi che si incrociano e certi movimenti che li caratterizzano. «Attraversando il parco Ciaurro – racconta un ragazzo – mi sembra quasi di dare fastidio a quelli che stanno seduti sugli schienali delle panchine a gestire i propri affari. Poi magari, mentre passo veloce, mi chiedono se mi servono hashish, coca e capisco che per loro sono uno dei tanti. Capisco che lì comandano e guadagnano loro. E che se mi faccio i fatti miei, non c’è problema. Se compro, meglio ancora». Poi però magari, quelli che si muovono fra le panchine e il camposcuola, sono gli stessi che si prendono a bottigliate e coltellate in via Mura Torre Orsina (così si chiama il percorso che collega largo Atleti Azzurri d’Italia con via del Cassero/via Roma) o in via Giannelli. E che spacciano di giorno, di sera e di notte. In questo senso il parco Ciaurro sembra davvero diviso a metà: da un lato – camposcuola – cittadini nigeriani e dell’Africa occidentale. Dall’altro – la zona più prossima e sottostante Porta Sant’Angelo (ricettacolo di rifiuti e siringhe) – giovani egiziani ma anche rumeni.
La novità Poi c’è chi, spinto via dal pressing delle forze dell’ordine – che al parco Ciaurro si fanno vedere e ‘sentire’ da tempo – o dall’esigenza di spazi più nascosti dove incontrare una clientela spesso giovanissima e che sembra infinita, ha deciso di spostare il proprio business nella zona di San Martino, a poche decine di metri dalla Caritas, fra i palazzi che si affacciano in strada Valleverde e via Rapisardi, a due passi dalla scuola ‘Aldo Moro’. Potete immaginarvi la gioia dei residenti a vedere, in certi momenti della giornata, il piccolo parco della zona trasformato in ‘meeting point’ dello spaccio, soprattutto da soggetti di origine gambiana o senegalese.
Parco chiuso ma vivo In questo mini tour non è giusto dimenticare un’area storica come quella del parco Rosselli, rimasta attrattiva e vitale nonostante la chiusura dell’area verde – dopotutto nel sottosuolo ci sono scorie siderurgiche d’annata -, grazie all’impegno quotidiano da parte di pusher che, pur osteggiati da quei guastafeste delle forze dell’ordine, riescono a movimentare la zona. Certo, non sono proprio le stesse attività con cui circoscrizione e associazioni varie, fino a qualche anno fa, rendevano il parco frequentato specie d’estate. Ma insomma, perché lamentarsi sempre? La scena odierna è dominata da giovani che, per lo più di origine marocchina, si muovono come fosse casa loro. Salvo interventi dei ‘guastafeste’, appunto.
Last but not least C’è poi il ‘dente’ compreso fra largo Frankl, la passerella e lungonera Savoia. Tacendo per ora della prostituzione, molto si può dire – in tunisino soprattutto – di ciò che avviene dal pomeriggio alla sera. Infine viale Curio Dentato, piazzale Bosco e Sant’Agnese, mète preferite per chi viene da fuori – molti da Rieti – in cerca di eroina, con pusher e siringhe a portata di mano e punti nascosti dove ‘farsi’ in santa pace. Fra l’altro il viavai da e per l’ex Camuzzi prosegue, e di che tinta.
Una e cinque mani Tutti questi contesti hanno visto, in passato, di recente e – magari – anche poche ore fa, arresti, inseguimenti, denunce e perquisizioni da parte di polizia di Stato, carabinieri e finanza. Sempre fra le scatole, sempre a disturbare chi tira a campare – con in tasca, magari, tre cellulari per lo smercio, la coca da tirare ogni mezz’ora e i soldi per offrire da bere a tutti -, sempre a rovinare i piani degli altri. Questa azione di ‘disturbo’, merita però di essere un minimo approfondita. E cosa si scopre? Che dal 1° gennaio ad oggi fra indagati e arrestati della squadra mobile, gli italiani e gli stranieri regolari si contano sulle dita di una mano. Altre sei invece, di mano, ne servono per i richiedenti asilo, gli irregolari e quindi i già (pluri)espulsi. Lo stesso nel 2017 – con una certa presenza di dominicani che oggi, rispetto alle nazionalità citate, appaiono leggermente più defilati – ed un’escalation di segnalazioni in prefettura (ex articolo 75). A volte gli inquirenti le trattano, le sanzioni amministrative, a ‘pacchi da dieci’. Dentro, tanti, troppi giovanissimi. In una città che d’estate, ma non solo, sembra offrire davvero poche alternative per invertire il trend.