Soprintendenza, Marini: «Via Gizzi»

La presidente della Regione chiede ‘la testa’ del soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici

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In poche parole: la presidente della Regione, Catiuscia Marini, ha chiesto ‘la testa’ del soprintentendente per i beni architettonici e paesaggistici, Stefano Gizzi.

Rimozione La richiesta è stata presentata «al governo e al ministro Dario Franceschini», ai quali, ha spiegato Marini «ho chiesto la collocazione ad altro incarico del soprintendente Stefano Gizzi per i danni che sta creando». L’annuncio è stato dato nella sede dell’Anci, l’associazione dei Comuni ed è stato accompagnato a un dossier nel quale sono stati raccolti i motivi di attrito tra i sindaci e il soprintendente «che tiene ferme opere per oltre cento milioni di euro».

IL DOSSIER INVIATO AL MINISTERO

Il Dossier Nel documento predisposto si legge che «sono pervenute numerose segnalazioni da parte di amministrazioni pubbliche, professionisti, imprese e cittadini circa la situazione che si è venuta a creare a seguito del nuovo assetto del ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e segnatamente della sua organizzazione periferica, che ha portato ad una completa rotazione delle figure dirigenziali. Tale situazione ha determinato uno stallo pressoché totale in tutta una serie di procedimenti amministrativi che interessano tutto il territorio regionale finalizzati al rilascio di autorizzazioni e pareri in materia paesaggistica e su beni vincolati anche in relazione a progetti che erano stati precedentemente autorizzati o sui quali era stata raggiunta un’intesa. Sono state inoltre avviate procedure di apposizione di vincolo paesaggistico su aree di grande estensione che hanno introdotto pesantissime limitazioni, financo al normale svolgimento dell’attività agricola, e impartito disposizioni generiche e prive di motivazioni in palese difformità dalle norme nazionali e regionali vigenti».

Progetti bloccati Si tratta, è l’accusa «di comportamenti e atteggiamenti senza precedenti che intaccano il positivo rapporto costruito nel tempo tra gli enti territoriali della nostra Regione e le amministrazioni dello Stato preposte alla tutela del patrimonio storico, ambientale e paesaggistico e che, come chiunque può constatare, ha permesso di preservare la gran parte del territorio della nostra regione in modo di gran lunga più efficace di quanto sia accaduto in altre parti del Paese.  Si ritiene peraltro di dover rappresentare che l’insieme dei dinieghi e dei procedimenti autorizzativi non conclusi nei termini ordinari agisce su un parco progetti già approvato e finanziato che mobilita investimenti stimati in oltre 100/120 milioni di euro, molti dei quali co-finanziati dall’Unione Europea. Tale situazione assume particolare gravità in considerazione del fatto che i progetti che beneficiano di fondi comunitari della programmazione 2007-2013 e di quella in corso 2014-2020, sono assoggettati a tempi e modalità di rendicontazione che, ove non rispettati, comportano la perdita del finanziamento. Oltre a ciò, situazioni di incertezza e di particolare farraginosità rappresentano un forte deterrente all’investimento per le imprese che intendono programmare il proprio sviluppo o per quelle che si accingono a valutare il vantaggio competitivo del sistema produttivo umbro per avviare nuove progettualità».

«Comportamenti irrispettosi» L’insieme dei comportamenti tenuti dall’amministrazione locale del Mibac, si legge ancora nel dossier, «appare quantomeno irrispettoso nei confronti di Regione e Comuni – oltreché di imprese, professionisti e della stessa Istituzione preposta alla tutela – che con l’esperienza della ricostruzione post sisma 1997 hanno dimostrato di possedere competenze tecniche, capacità di condivisione delle scelte che hanno reso possibili risultati di grande qualità riconosciuti unanimemente a livello nazionale. Si sottolinea che tale comportamento produce un grave danno alle istituzioni nel suo complesso, alla loro credibilità e alla loro immagine. E’ altresì emerso con forza e preoccupazione come il semplice e fisiologico avvicendamento dei responsabili degli organi decentrati preposti alla tutela, determini quasi sempre una marcata differenziazione nei comportamenti amministrativi, denunciando in ciò la mancanza di regole certe e protocolli validi in ogni circostanza e verso tutti gli interlocutori atti a garantire fondamentali diritti costituzionali».

 

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