Sì alle Sagre in Umbria: 6 giorni consecutivi. Ristoratori infuriati

Non solo si terranno lo stesso, ma aumenta il numero di giorni. Accordo fra Regione, Pro Loco e Fipe. Ma tanti operatori lo sconfessano. Il caso Guardea

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di P.C.

Intesa raggiunta fra Fipe, la federazione dei pubblici esercizio di Confcommercio, la Regione Umbria e l’Unpli regionale, associazione che riunisce le Pro Loco umbre, sulle sagre nell’estate 2021. Fino alla fine dello stato di emergenza, dovranno durare al massimo sei giorni, ma si faranno. E la soluzione non piace alla stragrande maggioranza dei ristoratori, che ne chiedevano la sospensione almeno per questa estate e che in tal senso avevano ricevuto rassicurazioni dalla presidente Tesei.

L’accordo

Secondo la ricostruzione di Alessandro Antonini sul Corriere dell’Umbria, nei prossimi giorni un’ordinanza della giunta regionale, oltre a regolare l’uso dei dpi in zona bianca, formalizzerà l’accordo di fatto già raggiunto e che, da un lato, accontenta le Pro Loco aumentando i numeri di giorni consecutivi (6 anziché 4, soluzione che non piaceva alle associazioni) e dall’altro accontenta la Fipe impedendo la reiterazione della stessa sagra. Una reiterazione che, però, nessuno potrà impedire si verifichi sotto altro nome.

Le sagre e gli escamotage

Al momento – scrive ancora il Corriere – sono 21 le sagre e feste paesane iscritte al calendario regionale. Prima in ordine di tempo la festa dei patroni Pietro e Paolo a Pozzuolo di Castiglione del Lago, con festa che dovrebbe partire il 26 giugno e concludersi il 29, giorno di San Pietro; in linea quindi con le nuove regole. Ma, ad esempio, a Guardea, nel ternano, sono state programmate quattro diverse feste da quattro giorni ciascuna: un escamotage che, di fatto, aggira il divieto che sarà inserito in ordinanza.

Il tema dei prodotti tipici

Argomento a lungo dibattuto, quello delle sagre, era tornato d’attualità in vista della riapertura dei locali dopo il secondo lockdown: tutti i ristoratori e gli esercenti che somministrato cibo avevano chiesto una moratoria per un anno e, contestualmente, l’avvio di un confronto per una ridefinizione del tema, mettendo mano alla legge regionale. I temi sono sostanzialmente due: la concorrenza sleale e la specificità dei prodotti.

Concorrenza sleale

Opinione diffusa fra i ristoratori – quelli più ‘rivoluzionari’ e quelli più ‘istituzionalizzati’ – è che le sagre, anche in epoca pre-pandemica, abbiano messo in atto una concorrenza sleale nei confronti dei ristoratori. Senza dover essere sottoposte a nessuno dei vincoli cui invece devono sottostare le imprese che operano nel settore (dal più banale Haccp alla contrattualizzazione degli operatori), le associazioni che organizzano feste ed eventi propongono di fatto una offerta di ristorazione che è concorrenziale rispetto ai ristoranti.

I prodotti tipici

Ciò – sempre secondo i ristoratori – mascherato da ‘iniziativa culturale’ che, in alcuni casi (prodotti realmente tipici, tradizioni radicate sul territorio etc), aveva un senso, ma nella maggior parte dei casi era solo un pretesto per creare economia e occasioni di svago. Il che, quando tutto va bene, è tollerabile. Non lo è invece in periodi di crisi come questo. Anche perché a scorrere l’elenco degli eventi, si leggono prodotti che tutto sono fuorché tipici del territorio, come invece dovrebbe essere.

LA SPIEGAZIONE DI CARDINALI (FIPE CONFCOMMERCIO)

Le reazioni dei ristoratori

Per tutti questi motivi da più parti si chiedeva il blocco o una forte limitazione delle sagre; non tanto sulla durata, quanto sulla effettiva opportunità della sagra come evento di promozione di un prodotto tipico o magari anche di un borgo. Ecco quindi l’idea di consentire sagre solo nei centri storici e con prodotti tipici. Idea che però non è emersa nel dibattito e non sarà recepita dall’ordinanza. Il che ha provocato l’ira di tanti ristoratori. Ne abbiamo sentiti alcuni.

Giobi Zangara (Fiepet)

Giobi Zangara Fiepet Umbria

«Alla fine è tutto come prima. Vista la situazione serviva un po’ di vicinanza al settore ristorativo, che ha subito danni incalcolabili e non è ripartito: si poteva evitare tutto, come del resto ci avevano assicurato quando siamo andati a parlarci in Regione. E invece, alla fine, hanno fatto come gli pare. Capisco benissimo che c’è anche un discorso legato, diciamo così, al ‘consenso popolare’, ma a tutto c’è un limite…».

Enrico Guidi (Mio Umbria)

Enrico Guidi, coordinatore regionale Mio Umbria

«Soddisfatti? Non tanto… È una soluzione di compromesso che consentirà comunque agli enti organizzatori delle sagre di fare come vogliono. Si limitano i giorni consecutivi, ma nulla impedisce (come è stato fatto lo scorso anno) di organizzare feste a più riprese. Quest’anno andavano impedite. Quello che ha pagato la ristorazione per questa pandemia loro non lo hanno pagato. Non ha senso farle. È un insulto ai tanti ristoratori e ai dipendenti che aspettano ancora la casa integrazione di gennaio».

Da Guidi, uno dei leader del movimento Mio Umbria, un riferimento anche alla legge regionale: «Va riformata tutta la materia. Si devono fare solo le sagre legate a tradizioni storiche o a prodotti igp; con il 75% dei prodotti servizi provenienti dal comune proponente. Invece ora comprano la roba nella grande distribuzione, la cucinano… e la chiamano sagra!»

Gianni Segoloni (Horeca)

Gianni Segoloni (Horeca)

«Non è questione solo di giorni. È una questione anche di applicare alle sagre tutte o almeno parte delle norme che si applicano alle attività di somministrazione (tasse, tracciabilità, contratti etc; ndr). Poi va fatto un distinguo tra quelle delle Pro Loco e altre che non hanno valenza territoriale. Infine, devono essere “obbligate” a dare carattere di territorialità per i prodotti e le offerte: ad esempio, una fantomatica Sagra del Cinghiale non può avere un piatto con il cinghiale e altri 10 diversi. Questo disciplinare dovrebbe essere l’Abc, invece non riescono ad imporlo.

LE RECRIMINAZIONI DI GRANOCCHIA (CONFESERCENTI)

Gli altri

Sono tantissimi i ristoratori che, contattati dalla nostra redazione, hanno espresso contrarietà. Alcuni hanno preferito non esporsi, dopo essersi sfogati al telefono, per evitare polemiche inutili o per disillusione. Ma le loro parole, in sintesi, ve le proponiamo.

C’è chi ricorda le regole diverse: «Ci hanno fatto riaprire con mille vincoli anticovid, tanto che molti di noi non hanno potuto ripartire non avendo spazi al pubblico, avevamo le stufe all’aperto perché a maggio c’erano 12 gradi e anche ora che possiamo ospitare al chiuso, l’affluenza è inferiore perché la gente ha paura, far ripartire le sagre è la mazzata finale».

«Viene voglia di non pagare più le tasse… abbiamo perso un botto di soldi e ne perdiamo ancora e molti hanno chiuso. Le sagre non danno lavoro ma lo tolgono a chi deve vivere del proprio. Come fanno a dire che i ristoratori sono d’accordo? E senza parlare del rischio Covid: noi abbiamo mille vincoli, voglio proprio vedere come saranno rispettate le regole anticovid nelle sagre».

C’è chi smentisce che si tratti di ambiti diversi: «Le difficoltà c’erano e ci sono tuttora; aver permesso di fare le sagre è un errore. E non è mica vero che sono target diversi. C’è una fetta di clientela che se ha voglia di uscire va al ristorante, ma se c’è una sagra sceglie la sagra, lasciando vuoti i nostri tavoli».

C’è chi fa riferimento al giro di soldi che c’è dietro gli eventi: «Non prendiamoci in giro; per una sagra che viene organizzata a norma di legge e per il bene del territorio, magari reinvestendo davvero i soldi in promozione o in beneficenza, ce ne sono dieci che invece alimentano altri mercati, come quello delle orchestrine o degli intrattenitori e delle loro agenzie, una fetta di lavoratori che comunque ha diritto di vivere, per carità, ma senza utilizzare il cappello di promozione territoriale».

Fioroni non commenta: «Parlo solo con le associazioni di categoria»

Abbiamo provato a dare diritto di replica all’assessore regionale Michele Fioroni, il quale però ha preferito non esprimersi rispetto alle posizioni dei singoli ristoratori: «Non mi va di entrare nella polemica, io parlo solo con le associazioni di categoria», ha detto prima di mettere giù. Anche questo tema – quello delle associazioni rappresentative di una categoria – non ha mancato di suscitare polemica, considerando che il panorama è assai eterogeneo e che in periodo di pandemia sono nati molti gruppi di ristoratori che non si riconoscono (o si riconoscono solo in parte) con le associazioni tradizionali. Così come ci sono associazione (vedi Confesercenti) che lamentano di non essere state invitate.

No comment anche dal presidente dell’Unione nazionale Pro Loco d’Italia dell’Umbria, Francesco Fiorelli, che prima di rilasciare dichiarazioni vuole confrontarsi con il suo direttivo sulle novità delle ultime ore.

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