Terni, la ricostruzione di una tragedia che ha segnato la città

Nell’ordinanza che impone il carcere per Aldo Maria Romboli, il gip riassume i fatti accaduti fra lunedì e la scoperta dei corpi senza vita di Flavio e Gianluca

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di F.T.

Il 41enne ternano Aldo Maria Romboli, giovedì si è visto convalidare il fermo e applicare la custodia cautelare in carcere, senza se e senza ma. Nella sua ordinanza, che si conclude con una decisione ampiamente motivata di cui diremo poi, il gip di Terni Barbara Di Giovannantonio, sulla base degli elementi di indagine ricostruisce passo passo, non senza rimarcare alcune contraddizioni nelle dichiarazioni raccolte dagli inquirenti, tutto ciò che è accaduto quella maledetta sera di lunedì 6 luglio. Quando il 16enne Flavio Presuttari e il 15enne Gianluca Alonzi hanno assunto metadone, diluito in acqua, per poi andare a dormire e non svegliarsi più. Gettando nel dramma le loro famiglie e un’intera comunità.

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Gianluca Alonzi

L’appuntamento per giocare a calcio

La ricostruzione del gip, basata come detto sulle indagini dei carabinieri del comando provinciale di Terni e della procura – il sostituto Raffaele Pesiri ed il procuratore capo Alberto Liguori -, inizia dall’incontro del gruppo di amici in via Milazzo, dove si erano dati appuntamento per trascorrere la serata giocando a calcio nel campetto di San Giovanni, quello accanto all’ex ‘Gommolandia’. Flavio era arrivato a bordo della sua minicar insieme a Gianluca. Erano le ore 22 circa e, mentre gli altri ragazzi iniziavano a dare calci ad un pallone, i due amici – Flavio e Gianluca – se ne stavano in disparte. Seduti su una panchina. Perchè – scrive il gip – «già non si sentivano bene».

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Flavio Presuttari

Il malore sulla panchina

Gianluca – ricostruisce il gip sulla base delle testimonianze degli amici – «appariva da subito in condizioni peggiori, ogni tanto si accasciava e quando gli amici si avvicinavano a lui per chiedergli perché stesse così male, sembrava che gli girassero gli occhi». A quelle richieste di spiegazioni Gianluca aveva risposto che «era colpa della codeina», riferendo «di averla presa da Aldo». Lì, accanto al campetto, Gianluca aveva anche vomitato diverse volte una sostanza biancastra ed alcuni ragazzi lì presenti, forse piuttosto esperti in materia, gli avevano detto che «probabilmente non si trattava di codeina, che ha un colore violaceo, e che forse era metadone». Di fatto – aggiunge il gip – Gianluca era molto stanco e faticava a reggersi in piedi.

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La casa di Gianluca

L’ultimo saluto

Ad un certo punto sia Flavio, che stava apparentemente meglio pur senza nascondere la forte nausea, che Gianluca, avevano cercato di rassicurare gli amici: «Se beviamo un po d’acqua, stiamo meglio sicuro». Intorno alla mezzanotte, Flavio era salito a bordo della minicar per fare ritorno a casa, nella zona di Villa Palma: un po’ prima degli altri perché il mattino seguente avrebbe dovuto seguire il progetto di alternanza scuola-lavoro. Gianluca invece era rimasto non molto di più: intorno alle una, un amico lo aveva accompagnato a casa nella vicina via Pastrengo. Non poteva sapere, l’amico, che non lo avrebbe rivisto più.

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La casa di Flavio

Indagine-lampo: Romboli disperato nella sua casa

Il caso esplode, come detto, il mattino seguente. Due adolescenti morti nei propri letti, due amici che avevano trascorso la serata insieme: nulla di casuale, di fronte a un dramma con tali caratteristiche. Per questo le indagini dei carabinieri si sono subito concentrate sulla possibile assunzione di sostanze e su colui o coloro che potevano averle messe a disposizione dei due ragazzi. Il nome di Aldo Maria Romboli è sembrato subito una pista ‘calda’ e infatti, raggiunto nella sua abitazione di via Liutprando, gli uomini dell’Arma di Terni lo avevano trovato già «a terra, in preda ad un forte stato di agitazione, ad un pianto disperato. Affermava subito di essere il responsabile del decesso dei due ragazzi e di aver venduto loro metadone diluito con acqua». Si era reso conto conto di essere piombato in un dramma difficile persino da immaginare.

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Aldo Maria Romboli

Fra metadone e cocaina

In casa di Romboli, dove il 41enne vive insieme all’anziana madre, i carabinieri trovano tre flaconi di metadone da 80 millilitri: due vuoti ed uno pieno per metà. Perché il metadone in casa? Aldo Maria Romboli, che a Terni è conosciuto da tanti per la sua passione – tradizione di una stimata famiglia – per la musica, per la Ternana e lo spirito socievole e ‘casinaro’, è cocainomane e frequenta il Ser.D di Terni per assumere la sostanza – gliene consegnano 150 millilitri a settimana – che dovrebbe aiutarlo a superare lo schiavismo dalla ‘bianca’. La stessa sostanza che, consumata in dosi massicce in ragione di una forte dipendenza, riesce anche a piazzare di tanto in tanto, proprio per comprarsi la cocaina.

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Il procuratore Alberto Liguori

L’incontro e la ‘bevuta’: 15 euro per piombare nel dramma

Cosa dichiara Romboli, interrogato martedì dai militari nella caserma di via Radice (dove poi poco dopo le 21 scatterà il fermo)? Concetti che poi ribadirà giovedì in carcere, di fronte al gip. Dice che Flavio e Gianluca li conosceva già perché frequentavano lo stesso parchetto di ‘Gommolandia’. Dove – riferisce agli inquirenti – li aveva incontrati anche lunedì sera, alle ore 21 circa. Racconta poi – ma qui nessuno può smentirlo né confermarlo, stante l’assenza di testimoni – che i due ragazzi gli hanno chiesto il metadone, non la codeina. A quel punto – prosegue il racconto – Aldo Maria Romboli ha versato del metadone in una bottiglietta di sciroppo, riempiendola a metà e poi diluendo il contenuto con acqua fino a riempirla. Ha bevuto la sostanza insieme ai due ragazzi e poi ha lasciato loro la bottiglia, in cui erano rimaste circa due dita di liquido. Il tutto per 15 euro, che il 41enne si era intascato. Per Romboli la serata con Flavio e Gianluca finisce lì: scoprirà tutto il giorno dopo. Agli inquirenti dirà ppure che gli sembra difficile che possano aver aggiunto altre sostanze a quella bottiglietta contenente metadone e acqua.

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La conferenza stampa

«Il metadone può uccidere chi non è tossicodipendente»

Il gip Di Giovannantonio, in attesa dell’esito degli esami autoptici e tossicologici sulle salme dei due giovani – autopsie che si terranno sabato a Perugia e che verranno eseguite dai dottori Massimo Lancia e Paola Melai -, individua già le possibili, plausibili, cause delle morti: «L’effetto letale del metadone su Flavio e Gianluca – scrive – è conseguenza dell’alta concentrazione della sostanza. Il metadone che spesso viene utilizzato dai tossicodipendenti, può infatti avere una potenzialità letale se assunto da soggetti privi di tolleranza agli oppioidi. Quindi in soggetti non tossicodipendenti, l’efficacia della sostanza è tale che anche una minima quantità può determinare il decesso. Flavio e Gianluca erano ragazzi di appena 16 e 15 anni e non tossicodipendenti, per cui anche l’assunzione di una bassa concentrazione di metadone diventava per loro potenzialmente letale». Parliamo comunque di due ragazzi sani, fisicamente strutturati: anche per questo i dubbi potrà scioglierli definitivamente solo l’esame dei medici legali.

L’avvocato Massimo Carignani

Codeina o metadone?

Romboli, fra le altre cose – e la dichiarazione gli è costata un’ulteriore contestazione da parte della procura – ha affermato che aveva già ceduto metadone ai due ragazzi, lo scorso giugno. In quella occasione lo aveva venduto in una bottiglietta da 0,75 litri, facendolo passare per codeina. Lunedì sera, invece, afferma di aver chiarito subito che si trattava di metadone. In realtà gli amici di Flavio e Gianluca affermano che entrambi, spiegando il proprio malessere al campetto, avevano detto che era «colpa della codeina comprata da Aldo». Non è escluso che i due ragazzi, anche in questa ultima fatale occasione, fossero convinti di aver acquistato codeina.

I video, Instagram e i testi ‘trap’

Il ragionamento del gip a questo punto si allarga. Perché dagli atti di indagine emerge «un’allarmante consuetudine tra i ragazzi, soprattutto adolescenti, di assumere metadone diluito o codeina diluita con acqua o con altre bevande, al fine di ottenere un effetto rilassante. Secondo quanto riferito, le modalità di miscelare le sostanze vengono apprese da alcuni video che circolano su internet e da alcune canzoni di cantanti ‘trap’».

Il carcere di Terni

Il carcere, perché

In conclusione, circa le motivazioni che hanno portato il giudice ad applicare la custodia cautelare in carcere nei confronti del 41enne – il cui legale difensore, l’avvocato Massimo Carignani, si è rimesso sin da subito a qualsiasi decisione del gip -, queste non sono legate soltanto ai gravi indizi di colpevolezza ed all’aver probabilmente causato il decesso (‘morto come conseguenza di altro delitto’, lo spaccio) dei due ragazzi, con l’aggravante di aver ceduto la sostanza a dei minorenni. Ma, in linea con i requisiti che la misura restrittiva richiede, il gip Di Giovannantonio rileva la possibilità che il reato venga reiterato: «La forte dipendenza dalla cocaina – scrive – impedisce all’indagato un’efficace autoregolamentazione nella gestione del rilevante quantitativo di metadone a sua disposizione; la frequentazione di gruppi composti da soggetti minorenni e le offerte di sostanza stupefacente agli stessi, certamente ancora non dotati della completa maturità mentale, sono indici inequivocabili di una concreta e attuale pericolosità del Romboli e di una specifica propensione alla commissione di ulteriori delitti della stessa specie. A causa della dipendenza dalla cocaina l’indagato non è in grado di contenere i propri impulsi criminali ed è portato a cedere il metadone per ottenere il denaro necessario per acquistare cocaina». Ma c’è anche altro: «Lo stato di profonda frustrazione in cui si trova ora l’indagato, resosi conto della gravità dei fatti accaduti, non appare configurabile come un deterrente per la prevedibile reiterazione dei reati di cessione di stupefacenti a minori. La pericolosità sociale dell’indagato può essere contenuta solo con la custodia in carcere. In ultimo deve ritenersi che la gravità dei fatti e il giudizio prognostico negativo, portano ad escludere che in esito al giudizio possa essere riconosciuto all’indagato – che avrebbe anche manifestato intenzioni suicide una volta appresa la notizia della morte dei due ragazzi, ndR – il beneficio della sospensione condizionale della pena».

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