Ast e l’anno trascorso a colpi di Morselli

Terni, dodici mesi e le acciaierie non sono più le stesse: nel bene come nel male

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Arrivata senza fare rumore, per un po’ aveva lavorato ‘sotto traccia’ e sotto voce. Poi, dal 3 luglio del 2014, la faccenda è cambiata. Lucia Morselli è diventata ufficialmente amministratore delegato di Ast e, da quel giorno, in viale Brin è stata tutta un’altra storia.

Uno sciopero alla Tk-Ast

Uno sciopero alla Tk-Ast

Il ‘piano’ A cominciare dal 17 dello stesso mese, quando ai sindacati – dalla Germania era stato spedito Joachin Limberg, per dare manforte al nuovo ad – venne detto, senza tanti complimenti, che «gli obiettivi sono definiti e se volete possiamo analizzare i dettagli», di un piano che prevedeva risparmi per 100 milioni l’anno, e la fuoriuscita dal ciclo produttivo di circa 550 persone (numero non lontano da quello ottenuto): «Ma è una bugia – saltarono su i sindacati – costruita su dati fasulli. I posti di lavoro a rischio, peraltro, facendo un rapido calcolo delle ricadute sull’indotto, sono almeno il doppio. Qui rischiano di finire a spasso oltre 1000 persone». E dissero che «i numeri esposti dall’ad Lucia Morselli sono sbagliati e mostrano che non di piano industriale si tratta, ma di una manovra economico finanziaria».

Le ‘controllate’ Anche l’operazione che «secondo ThyssenKrupp dovrebbe portare alla nascita di un’unica entità, nella quale far convergere tutte le ‘controllate’ (Tubificio, Società delle fucine e Aspasiel; ndr) non convinceva – allora, perché poi  è proprio così che è andata – i sindacati «perché queste realtà perderebbero – dicevano allora – tutte le proprie caratteristiche, come sembra si voglia far perdere ad Ast la sua peculiarità di azienda, per trasformarla in un semplice stabilimento periferico».

Luglio 2014, i lavoratori bloccano l'A1

Luglio 2014, i lavoratori bloccano l’A1

La vertenza Tanto che da lì era iniziata quella che, con fin troppa enfasi, venne definita da tutti noi che la raccontavamo come una vertenza destinata a fare storia. Caratterizzata – fino al 3 dicembre, quando azienda e sindacati, con la benedizione del governo, si misero d’accordo – da 140 giorni nel corso dei quali è successo di tutto. E iniziata, il 18 luglio, con il blocco della superstrada Terni-Rieti

Luglio incandescente Una data importante, per inquadrare il personaggio Morselli, è quella del 31 luglio: i lavoratori avevano bloccato l’autostrada A1 ad Orte e, tornati a Terni, avevano fatto irruzione nella palazzina degli uffici di Ast, bloccando l’ad fino all’alba del giorno successivo, quando la polizia era riuscita a farla uscire con uno stratagemma. Ma senza che lei mostrasse il minimo segno di apprensione, anzi: facendo fare una lunga anticamera a prefetto e sindaco che chiedevano udienza.

Lucia Morselli7Mai un passo indietro La ‘fermata’ estiva – si sperava – avrebbe dovuto stemperare le tensioni e a settembre si era tornati a discutere. Ma l’ad si era confermata un osso troppo duro e, soprattutto, capace di improvvisare strategie e iniziative alle quali la politica e il sindacato non erano abituati. Come quando, dopo altri blocchi stradali e ferroviari, una proposta di mediazione del ministro Federica Guidi – che a sua volta aveva dovuto incassare qualche ‘carineria’ morselliana – uno sciopero generale con migliaia di persone in piazza, lei non aveva fatto una piega e si era arrivati alla proclamazione dello sciopero ad oltranza e al blocco totale delle portinerie.

Ai cancelli, di notte E lei – il colpo di teatro era stato abilmente preparato – si era presentata, la notte del 22 ottobre, davanti ad una delle portinerie bloccate dai lavoratori. E li aveva arringati da par suo. Incassando pure qualche applauso da quelli che stavano lì. Ottenendo un duplice risultato: instillare dubbi sugli altri e rafforzare la sua immagine. Che avrebbe superato quasi indenne pure la carica a manganellate che gli operai di Ast avrebbero subito una settimana dopo a Roma.

Uno sciopero nella vertenza Tk-Ast

Uno sciopero nella vertenza Tk-Ast

Trattativa senza concessioni Nuovi scioperi, nuovi blocchi stradali, un viaggio a Bruxelles di lavoratori e sindacalisti, una trattativa che era ripresa, poi di nuovo interrotta e, insomma, si era arrivati al 3 dicembre. Ma con gli unici che a fare sconti erano stati gli operai, sbloccando le portinerie ‘sulla fiducia’ e senza uno straccio di accordo da leggere. Accordo che sarebbe arrivato, appunto, nella notte tra il 2 e il 3 di dicembre.

IL TESTO DELL’ACCORDO

Prima vittoria Per Lucia Morselli, quella, è stata la conferma: comandava lei. Ministri, sottosegretari, politici vari, sindacalisti e compagnia cantante, potevano solo recitare il loro ruolo in commedia. Ma il copione lo scriveva lei. E con la ratifica di quell’accordo è cominciato il secondo tempo della storia. Dove la macchina da presa, per registrare quello che succedeva, lei – la lady d’acciaio – la faceva e la fa girare ad una velocità doppia rispetto a quella alla quale un po’ tutti erano abituati.

Arturo Ferrucci, il manager 'congelato'

Arturo Ferrucci, uno dei manager ‘congelati’

Tappe forzate E così, quando lei ha fatto presentare – con i sindacalisti locali non ci parla – il modello di riorganizzazione, è stato un coro di no. Ma è durato poco. Come gli strilli sul nuovo approccio – si fa per dire – con le così dette ‘ditte terze’: loro, lavoratori e sindacati, si lamentavano e lei andava avanti per la sua strada. Anche perché nel frattempo erano esplosi gli scandali ‘do ut des’ e ‘acciaio d’oro’, con tagli di teste che manco durante la rivoluzione francese. E il film ha cominciato ad andare come nelle comiche di una volta, quelle in bianco e nero, dove tutti correvano come matti. Senza sapere bene verso dove. Tanto a guidare era sempre lei.

 

Scorie, diffide e rinvii Come quando le hanno detto che doveva affrontare il problema delle scorie di lavorazione: un’azienda ternana ha ricordato che, da tempo e su mandato di Ast – solo che era un’altra Ast – stava lavorando ad un progetto. Lei non ha fatto una piega. O come quando è arrivata la ‘diffida’ della Provincia: manco un sopracciglio aggrottato. Due mesi di tempo, aveva detto la Provincia, per darci spiegazioni. E, infatti, due mesi dopo è arrivata la proroga: altri due mesi di tempo. E ciao.

Francesco Perciavalle

Francesco Perciavalle

Dirigenti ‘usa e getta’ Poi c’è un altro tratto distintivo interessante: mica solo le segretarie, in questo anno vissuto morsellianamente, in Ast sono cambiate alla velocità delle comiche. Pure i funzionari accusati di aver, magari, sbagliato la marginatura di un documento. E anche i dirigenti – interni e asssunti – hanno dovuto fare i conti con una realtà che, spesso, ha superato ogni possibile immaginazione. Tipo la storia che ha avuto come protagonista (protagonista?) Francesco Perciavalle. Preso il 14 aprile (poco dopo sarebbe arrivato Oliver Thüs dalla Germania, per seguira il commerciale) per fare il capo del personale, mandato subito a fare a la voce grossa con i sindacalisti di base e poi, via via, ridimensonato. Fino a quando, il 10 luglio, Perciavalle è andato via.

 

Francesco Auregli

Francesco Auregli

La catena di comando Perché nel frattempo era stato chiamato Francesco Auregli e gli era stato affidato, di fatto, il ruolo di ‘numero due’ – il numero uno, almeno per il momento, ovviamente non è disponibile – e di supercoordinatore delle varie anime di Ast. Con l’incarico di ascoltare e riferire a lei. E solo a lei. Poi di prendere ordini, sempre da lei, e di farli eseguire. Senza se e senza ma. Tanto,  più che di ‘catena di comando’, con Lucia Morselli si può parlare di ‘filiera corta’: lei decide e gli altri eseguono. O se ne vanno. E pure i sindacati, quelli nazionali con grande prontezza, quelli locali ci hanno solo messo un po’ di più, hanno dovuto ‘fare i bravi’ e dire che sì, in fondo, con tutti quegli strepiti forse avevano esagerato. Poi, certo, magari tra un po’, torneranno a strillare. Ma tanto, a decidere il finale del film, sarà comunque lei. Su mandato, ovviamente, dei tedeschi di ThyssenKrupp.

 

 

 

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