Perugia, PD: via sette segretari di circolo

Aderiscono ai ‘Democratici e progressisti’ e annunciano: «Tanti altri usciranno nelle prossime settimane»

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Dopo l’addio ufficiale al Partito democratico del consigliere regionale Attilio Solinas, arrivano anche i saluti di sette segretari di circoli perugini, che affidano ad una lettera le loro motivazioni. Proprio come lo scissionista di palazzo Cesaroni, restituiranno la tessera per aderire ad ‘Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista’, «per contribuire alla creazione di una forza larga e plurale, di sinistra e di governo». E avvertono: «Come noi, usciranno tanti altri».

Chi sono Si tratta di membri della segreteria del PD di Perugia e di segretari di circoli della periferia del capoluogo umbro, che in tutto sono 28. Molti di loro sono giovani e da tempo valutavano l’opportunità di lasciare il partito. Sono Fabrizio Schettini (segreteria PD Perugia), Andrea Mazzoni (segreteria PD Perugia e segretario circolo Settevalli), Gabriella Suella (segreteria PD Perugia e segretaria Circolo Resina), Simone Rondolini (segretario circolo Santa Sabina e Lacugnano), Vittorio Boccini (segretario circolo Villa Pitignano), Emiliano Pammelati (segretario Circolo San Martino in Campo) ed Enrico Vantaggi (segretario circolo San Sisto).

Le motivazioni «Alla luce degli ultimi eventi che si sono succeduti all’interno del Partito Democratico –scrivono i segretari nella nota – rileviamo con enorme sofferenza che non ci sono più le condizioni per proseguire un percorso all’interno di questa comunità. In questi anni le politiche del governo Renzi hanno contribuito a scavare una profonda fratture tra noi e quei milioni di donne e uomini che guardavano al Partito Democratico con entusiasmo e speranza. Ciò è avvenuto a causa della volontà, da parte di coloro che si ritenevano essere maggioranza, di non confrontarsi su temi importanti e fondamentali per il Paese quali il lavoro, l’istruzione, la redistribuzione del reddito, l’ambiente. Non pretendevamo di avere ragione, ma pretendevamo che in un Partito che si definisce democratico si potesse discutere e suggerire una correzione di rotta. Ciò non è mai avvenuto».

Il voto del 4 dicembre La frattura con il partito si è resa irreparabile – spiegano i segretari scissionisti – dopo il referendum costituzionale di dicembre, occasione ritenuta la «strada più breve per consegnare l’Italia alle destre e ai populismi». Noi non intendiamo essere conniventi, né tantomeno assecondare i capricci di chi cerca legittimazione o vendetta a scapito del Paese e della sua stabilità. Tantomeno vogliamo essere partecipi di una riorganizzazione interna puramente formale, autocelebrativa, con l’unica finalità di rinvigorire chi è stato sconfitto dal confronto con gli elettori. Pertanto sentiamo che è venuto il momento di dare il nostro apporto per riaggregare quel popolo che abbiamo smarrito, quelle persone in carne ed ossa che abbiamo perso per strada, quei militanti e quegli elettori che hanno deciso di voltarci le spalle in questi anni. Siamo convinti sia necessario dare un contributo fortemente costruttivo per la ricostruzione di un campo largo di centrosinistra: è tempo di cambiare, di rimetterci in cammino, di costruire un laboratorio per dare un orizzonte e garantire un futuro ai tanti disoccupati, precari, e giovani che ormai da troppo tempo attendono risposte, consapevoli che una sinistra che non risponde ai bisogni degli ultimi, lasciando campo libero ai populismi e alla demogogia, si chiama destra.

Le speranze L’obiettivo, adesso, è tornare ad ascoltare quegli elettori che un tempo votavano a sinistra e che oggi non si sentono rappresentati. «Migliaia di iscritti, elettori e simpatizzanti ci hanno preceduto, tanti altri ci seguiranno nei prossimi mesi. Dobbiamo e vogliamo scrivere le pagine di una nuova grande storia».

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