Pietrafitta, spuntano intimidazioni mafiose

Un testimone denuncia di aver subito minacce per la sua collaborazione con la magistratura. L’avvocato Biscotti: «Segnale che siamo sulla strada giusta»

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di Elisa Marioni

Biglietti contenenti «strani avvertimenti» e un cane impiccato. Sono minacce in stile mafioso quelle che fanno sorgere nuovi sospetti intorno all’attività dell’ex centrale di Pietrafitta e gli interramenti di rifiuti, sui quali sta indagando la magistratura. A denunciare gli episodi alla Procura di Perugia, con l’appoggio dell’avvocato Valter Biscotti, è stato un cittadino di Piegaro che aveva riportato la sua testimonianza agli inquirenti su ciò che negli anni aveva visto e sentito.

Biscotti, Bellavita, Val NestoreLe minacce I fatti al centro della denuncia sono stati resi noti proprio dall’avvocato, rappresentante legale delle famiglie dei malati, secondo il quale le intimidazioni all’uomo sono avvenute quando si è saputo della sua collaborazione con i magistrati. Le dichiarazioni di Floriano Bellavita, che per anni ha lavorato a stretto contatto con la centrale Enel di Pietrafitta, sono infatti ritenute dal legale «rilevanti ai fini delle indagini» che hanno portato al sequestro di centinaia di ettari di terreno a Pietrafitta. Ma per ricostruire l’accaduto occorre partire dall’agosto 2016, quando Bellavita ha trovato un foglietto con scritto «Stai attento» attaccato ad una delle pompe di benzina di sua proprietà a Piegaro. Quel primo segnale, a cui l’uomo non ha voluto dare peso, è stato seguito ad ottobre da un altro fatto analogo. Questa volta è stato rotto uno scalino davanti alla porta d’ingresso di casa sua ed anche in questo caso c’era un biglietto con la scritta «Non inciampare». Infine è arrivato l’ultimo episodio, che ha convinto Bellavita a denunciare. Lo scorso 7 dicembre ha trovato uno dei suoi migliori cani da caccia impiccato alla rete dell’allevamento con un gancetto di ferro. Accanto, un altro biglietto. Con il pennarello nero stavolta era stato scritto «Ancora non hai capito». Le date delle minacce sembrano coincidere con i sopralluoghi nel lago artificiale di Pietrafitta, sul quale l’uomo aveva rilasciato dichiarazioni importanti. Tra queste, aveva raccontato di aver trovato tre fusti durante gli scavi del terreno per la realizzazione del lago: aveva denunciato il fatto ma la mattina seguente, all’arrivo del Corpo Forestale, i fusti erano spariti.

PARLA IL TESTIMONE MINACCIATO – L’INTERVISTA

Denunciare «È un chiaro segno di intimidazione mafiosa – ha commentato l’avvocato Biscotti – ed è ciò a cui probabilmente continueremo ad andare incontro. Ma è anche il segnale che siamo sulla strada giusta, quindi queste cose non devono più rimanere taciute. La vera assicurazione contro quello che sta accadendo è non rimanere in silenzio. Non saranno le intimidazioni a fermare un’inchiesta giudiziaria». Di questo è consapevole il signor Bellavita, che con coraggio ha deciso di denunciare, nonostante anche lui inizialmente sia stato molto turbato dalle intimidazioni subite. «Dobbiamo andare avanti e non avere paura – ha detto – perché adesso la vicenda ha preso la piega giusta e si può finalmente arrivare alla verità». La sua determinazione è anche data dal fatto che molti suoi conoscenti e tre persone della sua famiglia sono morti di tumore negli anni: «Questa valle prima era un’oasi, ora è tutta inquinata. Qualcuno deve pagare».

«Più grave di quanto pensassimo» Nello studio dell’avv. Biscotti, oltre al signor Floriano, c’erano altri membri del comitato ‘Soltanto la salute’, che comprende circa 200 persone e si batte perché venga fatta luce su una vicenda che i cittadini denunciano da almeno trent’anni. A quei tempi erano rimasti inascoltati ma ora sono sicuri di poter arrivare a una svolta. «Quello che è accaduto a Floriano – ha commentato il presidente Ivano Vitali – ci dimostra che la vicenda è ancora più grave di quanto potessimo immaginare. Per questo dobbiamo andare avanti a denti stretti e continuare a parlare di ciò di cui siamo a conoscenza».

Altre minacce? Proprio quanto accaduto a Vitali – già denunciato in passato alla caserma dei carabinieri di Tavernelle – fa pensare ad altre intimidazioni nei suoi confronti. Circa quattro mesi fa, infatti, anche lui ha trovato attaccato al muro un foglio con degli avvertimenti riguardanti anche il figlio e, due mesi fa, tre bulloni di una ruota della sua macchina sono stati allentati. Tutti segnali che non sembrano un caso. Forse i membri del comitato, che accanto alla magistratura continuano ad impegnarsi e a denunciare, sono scomodi a qualcuno. «L’intrigo criminale – spiega l’avvocato Biscotti – è complesso, le infiltrazioni criminali nella nostra zona non sono un fatto nuovo».

Le richieste del comitato Adesso alcune famiglie di malati – fa sapere Vitali – intendono chiedere al pubblico ministero di poter fare carotaggi ed analisi private, a proprie spese, affinché possa venire fuori qualcosa in più. Ma è anche sull’arrivo di ceneri da La Spezia che si concentra la loro attenzione. «Abbiamo chiesto l’intervento dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ndr) perché secondo noi la vicenda della Valnestore sta assumendo proporzioni interregionali. I camionisti che sono stati sentiti hanno raccontato che alcuni camion provenienti dalla Liguria erano diretti in Campania». Questo, secondo il comitato, sarebbe un dettaglio importante. Si teme infatti che «oltre alle ceneri, sotto il terreno di Pietrafitta potrebbe esserci materiale ben più pericoloso». Altrimenti non sarebbe chiaro «perché La Spezia non volesse tenere nel suo territorio quei rifiuti e perché quei viaggi fossero pagati molto di più del normale». Fondamentale secondo i cittadini, è anche avere presto una nuova indagine epidemiologica per capire la reale incidenza di tumori nella zona tra Piegaro e Panicale. «Arpa da più di un anno sta facendo indagini: sarebbe il caso che inizi a rendere noto ciò che ha raccolto».

Il sequestro A non convincere la gente del posto è anche la gestione del sequestro del terreno intorno all’ex centrale Enel. «Vediamo che spesso i cancelli sono aperti e le macchine circolano all’interno della zona sequestrata». Quelle automobili, probabilmente, hanno un’autorizzazione per farlo, ma pare che anche la rete di recinzione sia rotta e che «chiunque possa entrare». L’avvocato Biscotti si è detto pronto a fare una segnalazione anche in merito a questo aspetto, ma intanto ha provato a fare una valutazione del danno economico, sociale e morale che i cittadini della Valnestore hanno subito negli ultimi trenta anni. Risulta essere «non inferiore ad un miliardo di euro».

 

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