Regione: «Ecco perché scegliemmo quei test»

Dopo le inchieste sui test rapidi la giunta si difende e rivendica la bontà delle proprie scelte. Tesei: «Mai conosciuto Monetti». Annunciate querele

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In quel periodo bisognava esser rapidi perché c’erano già i primi morti, ma soprattutto perché si era alle prese con qualcosa che sembrava esplodere. Nonostante ciò, la Regione – sia la parte politica sia quella burocratico amministrativa – rivendica la bontà del lavoro svolto nella scelta dei test rapidi, che in questi giorni è finita nell’occhio del ciclone dopo alcune inchieste giornalistiche e dopo l’apertura di un fascicolo alla Corte dei conti. E quei test rapidi, forniti dalla Vim di Vincenzo Monetti, erano i migliori – ribadisce il responsabile Protezione civile Stefano Nodessi – nel rapporto fra prezzi e tempi di consegna.

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La conferenza stampa

Tesei: «Monetti io non lo conoscevo»

Parla alla fine, ma il suo intervento è ovviamente il più atteso. E Donatella Tesei ancora una volta respinge al mittente le ‘dietrologie’ su quanto avvenuto: «Monetti – afferma la presidente della Regione – io non lo conoscevo. Quella foto è stata fatta in campagna elettorale così come ne ho fatto qualche migliaio. Posso dire di non averlo conosciuto durante. Ma aggiungo che non l’ho conosciuto nemmeno dopo. Ma questo c’entra poco. Io ho avuto moltissimi incontri con attori economici di questa regione. Ma non per questo hanno avuto conseguenze sugli atti della giunta. Quella foto è stata usata a sproposito».

Partiranno le querele

La presidente ribadisce inoltre con forza che Monetti (che ha fornito i test rapidi oggetto dell’inchiesta) non ha finanziato la sua campagna elettorale: «Né la mia né quella delle liste a me collegate». E anche la Tesei, come poco prima aveva fatto Federico Ricci, capo di Gabinetto della presidenza della Regione, annuncia di avere intenzione di far partire le querele. Ma al momento nessuno dei due ha chiarito contro chi: «Stanno lavorando i legali».

Come funzionano i test

«La capacità predittiva negativa era del 97% – ricorda Claudio Dario, direttore generale della Sanità umbra – cioè quando un paziente risultava negativo, c’era la quasi certezza che fosse realmente negativo. Questo in quella fase era importante: l’aspetto più critico era riuscire ad intercettare rapidamente i casi positivi e separarli dai casi negativi. Questi test, in 15 minuti, e senza personale specializzato, sono capaci di fornire questa risposta».

Le richieste della minoranza

C’erano i morti in strada

«Qualcuno ha parlato di ‘aree grigie’ – aggiunge Dario – ma in realtà noi abbiamo fatto il possibile con le informazioni e nel contesto di quei giorni». E per far cogliere la difficoltà di quelle scelte, il direttore dell’area Sanità della Regione fa alcuni esempi per contestualizzare la situazione che si viveva in quei giorni. «Non si trovava nulla, addirittura abbiamo dovuto far scortare un carico di mascherine in arrivo da Fiumicino; e non dimentichiamoci che c’erano i morti in strada… ». E fa vedere foto e video di quei giorni, dagli scaffali vuoti dei supermercati alla emblematica carovana di mezzi militari che portavano via i cadaveri dalla città di Bergamo. Poi mostra anche i post di alcuni rappresentanti della minoranza (Bori, De Luca, Bertarelli), che chiedevano a gran voce l’acquisto di test rapidi. Richieste che del resto arrivavano anche dal mondo medico.

Grazie ai test, ‘spente’ due zone rosse

«Usando questi test rapidi – insiste sul tema l’assessore alla sanità Luca Coletto – siamo riusciti ad evitare l’uso dei tamponi come test diagnostico. Avevamo una potenzialità di 250 tamponi al giorno, non potevamo permetterci di sbagliare. La potenzialità di discrimine, di perimetrazione dell’infezione, è stata importante e ci ha permesso, fra l’altro, di ‘spegnere’ due zone rosse molto rapidamente».

Ricci: «Ho solo fatto il mio lavoro»

Per la prima volta da quando ha assunto il suo ruolo parla anche Federico Ricci: «Ho conosciuto Monetti perché stavo richiamando dei potenziali donatori; in quella occasione lui mi ha parlato dei suoi test rapidi e delle sue mascherine FFP2: due dei tre dispositivi che in quei giorni (l’altro erano i respiratori) che in quel periodo erano ricercati a livello regionale oltre che nazionale. Ovviamente noi eravamo interessati e io mi sono limitato a fare da tramite con la sanità regionale, che ho subito informato di questa possibilità. A quel punto, mi sono fatto inviare il materiale, comprensivo di un preventivo, che ho inoltrato agli uffici competenti. Mi sono semplicemente limitato a svolgere il mio ruolo. È stato poi il responsabile del servizio Bartoletti a curare il procedimento di acquisto dei soli test e non delle mascherine, il cui prezzo evidentemente non soddisfaceva».

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