Stelle cadenti pretesto per lo sballo più totale. Anche l’esperto sbotta: «Tutto fuori controllo»

Terni – La ‘notte di San Lorenzo’ sotto la lente del dottr Trivelli: «Mi sono state descritte scene bestiali. I genitori lo sanno?»

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Lo sfogo non poteva passare inosservato, anche perché è di un professionista – sociologo e psicologo clinico – che è abituato ad operare con i suoi pazienti seguendo criteri ben precisi e che probabilmente nella sua carriera ne ha già viste di tutti i colori. «Ma sono stato subissato, bombardato di messaggi e descrizioni di una situazione che anche i miei assistiti, che insomma un po’ di esperienza ne hanno, mi hanno descritto come ‘completamente fuori controllo’». A parlare è il dottor Giulio Trivelli e lo sfogo via Facebook, che abbiamo pubblicato in testa, è relativo a quanto accaduto la sera/notte di San Lorenzo ai Prati di Stroncone. Dove decine di giovanissimi si sono radunati, non solo per ammirare le stelle cadenti, ma anche – e in alcuni casi soprattutto – per ‘sballarsi’ fra alcol e droghe.

Giulio Trivelli

«Un disastro»

«Quello dei Prati – spiega Trivelli – è un appuntamento ormai appannaggio dei teenager, fascia di età che va dai 13 ai 19 anni. Periodicamente ci sono aree e zone che diventano ‘simboli’, istituzioni per i giovani. In questa fase, nel centro di Terni, lo è per esempio largo Micheli. Fino a qualche anno fa andava per la maggiore largo Frankl. E i Prati di Stroncone lo sono senz’altro per la notte di San Lorenzo». Fin qui nulla di strano, come non è strano che i giovani vadano un po’ ‘oltre’ in alcune situazioni o contesti. «Il punto – prosegue il sociologo e psicologo ternano, specializzato nella cura delle dipendenze e del disagio giovanile – è che il mattino seguente, attraverso i social dedicati e messaggi che mi sono giunti personalmente anche dai ‘miei’ ragazzi, mi è stata descritta una situazione decisamente pesante. Con ragazzini già ubriachi alle nove e mezza di sera, ambulanze, un uso smodato di droghe e altre condotte su cui non sto qui a soffermarmi. ‘Sembrava un rave’, mi hanno detto. Poi il giorno seguente ho eseguito nel mio studio vari droga test e sono risultati in gran parte positivi. Segno che chi era stato ai Prati aveva consumato sostanze, oltre a bere senza freni. Insomma una specie di disastro».

«Dove sono i genitori?»

Quella di Stroncone è stata solo una tappa della stagione estiva dello ‘sballo’ e con Giulio Trivelli tentiamo di capire dimensioni e cause di un fenomeno che sì, non nasce oggi, ma che sembra aver assunto, con il passare del tempo, una portata sociale sempre più rilevante. «Spesso mi si accusa di chiamare in ballo sempre e solo i genitori. Ma al di là del fatto che gli adolescenti, anche per ragioni neurobiologiche, possono fare cose di nascosto o dare spazio alla propria impulsività, io mi chiedo: possibile non sapere nulla o quasi di ciò che sta facendo il proprio figlio o la propria figlia? Sapere dove sono – in questo caso su una montagna a mezz’ora da Terni -, come sono arrivati fin lì, come e dove trascorreranno la notte. Credo che, senza voler passare per genitori oppressivi o pesanti, siano informazioni di base che è lecito sapere. Ma questa mancanza è spiegabile».

«Alla base c’è un ricatto»

Fra le varie letture, quella che richiama una sorta di ‘doppio ricatto’ convince Giulio Trivelli, più di altre. «I genitori temono di non essere amati abbastanza dai propri figli. E quando gli adolescenti ti dicono o ti fanno capire che ‘se non mi fai fare questa cosa, non vuoi la mia felicità’, allora si innesca un meccanismo perverso. Che porta a concedere molto, a volte tutto, senza chiedersi altro. Questo atteggiamento genitoriale si fonda su un profondo senso di colpa e di inadeguatezza che necessita, appunto, di un appagamento: per questo abbiamo madri e padri che sono ‘follower’, sono i primi fan dei propri figli. Invece deve esistere il ‘no’, quella componente educativa che non vuol dire che non si vuole bene o non si vuole la felicità dei ragazzi. Perché poi, a tempo debito, arriva il ‘conto’. E ci ritroviamo i ragazzi che vanno ‘fuori’ perché non hanno alcuno strumento per capire, perché non sanno gestirsi. In questo senso i giovani che seguo, essendoci passati, hanno sicuramente un punto di vista più ‘esperto’. Alla base credo ci sia un forte scollamento generazionale: i ‘grandi’ non sono in grado di comprendere, e a volte neppure vogliono, cosa ci sia nel mondo dei giovani. Lo ignorano. Ma in questa parte, a loro nascosta, ci sono tante reazioni di disagio che non trovano una luce, una guida, una risposta diversa da droghe e alcol».

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