Commissione rifiuti: «Controlli carenti»

Il presidente della ‘bicamerale’, Alessandro Bratti, dopo il nuovo sopralluogo in Umbria, crede che «un ragionamento le amministrazioni comunali lo debbano fare»

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di Elisa Marioni

La Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti torna in Umbria, proprio a pochi giorni dallo scandalo Gesenu. Se inizialmente doveva essere una visita per fare il punto della situazione ‘Valle dei fuochi’, con un sopralluogo in Valnestore, i fatti più recenti e l’inchiesta ‘Spazzatura d’oro’ hanno portato a cambiare l’agenda.

L'ex centrale di Pietrafitta

L’ex centrale di Pietrafitta

Le audizioni Il sopralluogo a Pietrafitta in mattinata c’è stato e pure l’incontro con i rappresentanti delle realtà locali, dalla discarica comunale di Vocabolo Trebbiano all’ex centrale Enel. Ma poi, in Prefettura a Perugia, le audizioni hanno riguardato anche l’altra ‘questione ambientale’ dell’Umbria. Il primo ad essere sentito dalla Commissione, guidata dal presidente Alessandro Bratti, è stato il procuratore della Repubblica Luigi De Ficchy. A seguirlo, il comandate del corpo Forestale Guido Conte e quello della Guardia di finanza Dario Solombrino, che hanno relazionato sull’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari il direttore tecnico della Gesenu Giuseppe Sassaroli. Poi ad entrare per essere ascoltati sono stati i sindaci di Piegaro e Panicale, Roberto Ferricelli e Giulio Cherubini, il direttore generale dell’Arpa Umbria Walter Ganapini, i rappresentanti dell’Asl regionale, il presidente del comitato ‘Soltanto la salute’ Ivano Vitali ed il comandante del Noe Umbria Francesco Motta.

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Alessandro Bratti

«Problemi sottovalutati» Pur mantenendo il riserbo sulle indagini, l’idea che il presidente della Commissione si è fatto è che «per il numero di reati contestati ci sia un’organizzazione per poter lucrare». Il fatto che si parli di 27 milioni di euro fa presupporre la Commissione, quindi, che ci fosse qualcosa in più del semplice delitto specifico, come il mancato rispetto di un codice. Ma gli interrogativi aperti riguardano soprattutto il sistema delle verifiche. «Ci sembra di capire che dall’ultima volta in cui siamo stati qua ad oggi – spiega Bratti – non siano stati fatti tutti i controlli da parte di chi doveva. Non tanto da parte della magistratura inquirente, ma dalle amministrazioni interessate. Ci sembra che sia stato tutto sottovalutato, nonostante un segnale fosse già stato dato». Per questo, nonostante in Gesenu la parte pubblica sia minoritaria, Bratti crede che «un ragionamento le amministrazioni comunali lo debbano fare».

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La commissione

Valnestore Quanto al sopralluogo a Pietrafitta, la Valnestore è stata definita dal presidente Bratti una situazione «tipica» dell’era post industriale italiana. «Molte aziende negli anni Settanta-Ottanta hanno dato lavoro a tanta gente – ha detto – ma da un lato non c’era una coscienza ambientale tale da poter capire quali danni si potevano fare e dall’altro, per difendere l’occupazione, qualche occhio è stato chiuso. Nel momento in cui è iniziata la crisi e l’occupazione è venuta meno, si è sviluppata anche una certa sensibilità ambientale e tutti i problemi sono venuti a galla». Se in Umbria è il primo caso, in giro per l’Italia di situazioni del genere ce ne sono diverse ma «è comunque qualcosa con cui fare i conti». E allora si renderanno indispensabili interventi per la bonifica, capire qual è lo stato dell’arte della contaminazione ed individuazione dei responsabili. «La scommessa è mettere in sicurezza il sito ma mantenere la sopravvivenza di quel sito per mantenere posti di lavoro: questo avviene quando c’è un player privato o pubblico che ha intenzione di rimanere. Lì c’è Enel che credo abbia una serie di responsabilità su quello che è capitato e si farà carico di dare una risposta alla popolazione locale».

Atti secretati I sindaci di piegaro e Pietrafitta, ha spiegato Bratti, «hanno mostrato le loro difficoltà, ma c’è una forte attività di monitoraggio da parte di tutti gli enti» e anche se la maggior parte degli atti delle audizioni sono stati secretati, perché è in corso un’indagine per inquinamento ambientale contro ignoti, è emerso che le questioni principali riscontrate dalla Commissione sono tre: il problema sanitario e quindi l’eventuale collegamento tra le ceneri interrate e le patologie tumorali; come si è svolta in passato la trattativa con Enel e, infine, come si potrà bonificare l’area assicurando un futuro al territorio della valle. Quello che adesso va evitato è, per Bratti,. «lasciare che il problema gravi solo sulle spalle di un territorio di 5.000 abitanti». I danni ambientali, invece, devono ancora essere valutati. «Arpa sta lavorando bene, ma non ha ancora un quadro complessivo», mentre uno dei temi più importanti sarà capire che tipo di emissioni venivano dalla centrale, «perché se si tratta di carbone e lignite le conseguenze potrebbero essere molto pesanti».

Incognita elezioni Una volta acquisite le notizie necessarie, la Commissione desecreterà gli atti per poter stilare una relazione. «Dalla Regione ci siamo fatti mandare la documentazione relativa agli interventi che andrà a fare, per poi fare il punto – chiude Bratti – ma ciò che è successo domenica potrebbe cambiare le cose. Se si dovesse andare alle elezioni purtroppo anche il lavoro della commissione si bloccherebbe». La commissione però assicura che proverà a chiudere la relazione con il lavoro svolto finora – «Potrà essere incompleta ma la chiuderemo con le notizie che abbiamo» – prima di passare il testimone ai nuovi membri che ne prenderanno il posto dopo le eventuali elezioni.

Situazione complessiva Dopo la seconda visita in Umbria in meno di un anno, il presidente Bratti ha un quadro complessivo delle criticità ambientali della regione. Mentre la storia della Valnestore, a suo parere, è simile a molte altre presenti in Italia e «fa parte dei conti che dobbiamo fare con l’eredità del passato», quella che coinvolge Gesenu «non è una bella storia». Per Pietrafitta, infatti, si tratterebbe di leggere i fatti alla luce di come erano considerati quando accaduti e capire fino a che punto il comportamento posto in essere era «ignorante ma non doloso» e quando invece costituiva un illecito consapevole. Mentre l’inchiesta ‘Spazzatura d’oro, «pur avendo minor impatto ambientale, risulta ad oggi ben più complicata».

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