Referendum, Umbria: le parole del dopo

A prendere posizione i sostenitori del ‘no’ e quelli del ‘sì’: ovviamente con punti di vista diversi

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Dopo quelle ‘a caldo’, le reazioni all’esito del voto referendario continuano. A prendere posizione, almeno nella mattinata di lunedì, sembrano però essere soprattutto i sostenitori del ‘no’.

M5S Terni «Il trionfo della democrazia». Commenta così il gruppo consiliare ternano: « Il M5S intende ringraziare tutti cittadini che si sono recati alle urne, indipendentemente dal voto espresso, Terni ha dato una grande prova democratica al di sopra del dato nazionale, più del 70% dei ternani ha partecipato al voto. Ringraziamo in modo sentito anche tutti i dipendenti comunali, le forze dell’ordine e coloro che hanno reso possibile il regolare svolgimento del voto. Un grazie anche a tutti i rappresentanti di lista che con spirito volontaristico hanno svolto un ruolo di presidio democratico attivo. Nessuno fra gli elettori esce sconfitto da questa votazione, chi si batte democraticamente per le proprie ragioni non perde mai. L’unico sconfitto a nostro parere è chi, trincerato nella propria autoreferenzialità ha ritenuto di non condividere attraverso percorsi democratici istituzionali, la riforma delle regole su cui si fonda la nostra democrazia. Una condotta che sembra contraddistinguere il Partito democratico a tutti i livelli istituzionali. L’anomalia Umbra. Incuriosisce a livello regionale un dato politico rilevante. Lo scostamento tra la Perugia di Romizi, dove a governare è il centrodestra ed il Sì stravince con percentuali schiaccianti e la vittoria del No a Terni dove il Pd ternano dimostra per l’ennesima volta un forte scollamento, persino tra i suoi stessi elettori. Incuriosiscono ancora di più le dichiarazioni del vicepresidente della giunta regionale Fabio Paparelli, ternano, che afferma ‘l’Italia ancora una volta ha scelto di non voltare pagina. Hanno prevalso il rancore e la paura. Gli italiani non hanno capito l’importanza di questo passaggio’. Da buon democratico vorrebbe cambiare i cittadini piuttosto che interrogarsi sui perché del disastro verso cui ha condotto il suo partito. Quasi il doppio dei cittadini si sono recati alle urne rispetto al ballottaggio 2014, quello che ha eletto sindaco Leopoldo Di Girolamo. Facciamo quindi un invito caloroso ai cosiddetti democratici: accettate con serenità l’esito referendario e cambiate presto aria ma senza incolpare rabbiosamente i cittadini. Chi è causa del suo mal pianga se stesso».

La Lega Nord Per il senatore Stefano Candiani – segretario regionale del partito – «l‘Umbria che doveva essere la roccaforte che garantiva a Renzi la maggioranza, alla fine, non lo è stata. Questa modifica costituzionale non aveva come obiettivo il bene dei cittadini, ma il garantire gli interessi delle lobby e dei finanziatori che hanno ispirato la riforma tramite Renzi; e l’azione della Lega Nord, insieme ad altri schieramenti, ha fatto in modo di scardinarla. Nel corso di questo viaggio abbiamo incontrato tanta gente e partecipato a quasi  cento incontri pubblici, nei quali abbiamo raccolto la delusione delle persone per quelle aspettative sul lavoro, sulla sicurezza e sulla tutela dell’ambiente, che la politica regionale e la politica di Renzi hanno tradito. Respinto l’assalto dei poteri forti e delle lobby alla costituzione e caduto il governo Renzi, ci resta adesso il dovere di costruire un’alternativa seria dalla quale non vogliamo escludere nessuno, purché le parole d’ordine siano condivise e chiare: prima gli italiani, prima i lavoratori, gli artigiani e gli agricoltori, prima la democrazia. Questi sono per noi degli imperativi categorici e dei doveri per i quali ci impegniamo senza riserva di energie. L’abbiamo fatto in questa campagna elettorale e continueremo a farlo, portando alla luce tutte le schifezze che in Umbria il Pd ha nascosto, come con la gestione dei rifiuti. Non illudiamoci: Renzi ha creato un sistema di potere che cercherà ancora di condizionare e togliere spazio democratico ai cittadini. L’abbiamo dimostrato in questa campagna referendaria e continueremo a farlo. Difenderemo gli umbri e le democrazia anche per chi ha votato “si” con l’aspettativa di un cambiamento che invece nascondeva un inganno».

A Terni Il consigliere regionale – capogruppo regionale – Emanuele Fiorini esprime «grande soddisfazione per l’esito del Referendum; quasi il 60% degli italiani ha esternato sia il profondo dissenso per le riforme proposte, sia il malcontento nei confronti del Governo Renzi. La vittoria a livello nazionale del “No” ha trovato conferma anche in Umbria e soprattutto nella provincia di Terni, dove è stato espresso un voto che rispecchia il forte disappunto dei cittadini verso le politiche della Giunta Di Girolamo. Ora è arrivato il tempo di tirare le somme: chi ha perso si faccia da parte, chi ha sostenuto la riforma, nelle schiere dell’opposizione, venga allo scoperto e decida una volta per tutte da che parte stare. Non è più tempo degli inciuci di palazzo, non è più tempo di accordi sotto banco. L’Italia e l’Umbria non ne possono più: non c’è sicurezza, gli immigrati hanno invaso le nostre città e ricevono un trattamento migliore dei nostri connazionali, la disoccupazione cresce, i giovani fuggono all’estero, la famiglia è stata snaturata di tutti i suoi valori. In un momento come – conclude – questo ci viene da gridare forte: viva la democrazia. Gli italiani e gli umbri hanno scelto per il futuro dei propri figli e per la libertà».

Rifondazione Comunista «L’esito chiarissimo ed inequivocabile del voto referendario ci dice innanzitutto che a vincere è stata la Costituzione nata dalla Resistenza», si legge in una nota di Enrico Flamini, segretario di Rifondazione comunista dell’Umbria. «Una vittoria in cui il primo dato da sottolineare è la straordinaria partecipazione al voto. La maggioranza delle cittadine e dei cittadini anche nella nostra regione ha respinto con forza il tentativo di Renzi e del Pd di sacrificare la carta fondamentale del nostro patto di convivenza sull’altare degli interessi dell’Europa neoliberista, delle banche e delle multinazionali. Ha respinto l’idea che i problemi reali del Paese dipendano da troppa democrazia. Ha respinto la manomissione della Costituzione del lavoro, dell’istruzione pubblica, della sanità pubblica, dei diritti, del pluralismo, della tutela dell’ambiente, della cultura e l’uso plebiscitario che Renzi ne ha fatto». Secondo Enrico Flamini, «Renzi, Boschi, Verdini, Alfano, Confindustria e il Pd hanno perso, hanno perso il Jobs Act, la ‘buona scuola’ e i tagli alla sanità pubblica, hanno perso il maggioritario e il bipolarismo, hanno perso le grandi centrali del potere che presiedono alla globalizzazione, mondiale ed europea, e la loro volontà di colpire le Costituzioni democratiche. In questo contesto la vittoria del ‘No’ in Umbria, tenendo conto dei risultati dell’Emilia Romagna e della Toscana, assume un valore davvero importante. Gli Umbri, colpiti pesantemente dalla disoccupazione, dalla precarietà e dall’allargamento delle povertà, hanno rivendicato la propria storia e la propria identità considerando la Costituzione un punto di riferimento sicuro ed irrinunciabile, lo hanno rivendicato nonostante il governo regionale monocolore Pd si sia schierato con forza ed in maniera inequivocabile con Renzi, lo hanno invendicato in un contesto in cui il consiglio regionale dell’Umbria è stato trasformato dalla legge elettorale voluta dal Pd in una sorta di consiglio di circoscrizione. La giunta regionale, poi, tutta ripiegata su beghe interne al Pd e subalterna ai voleri di Renzi, ha rinunciato a governare. Tutte le grandi questioni aperte, dai rifiuti alla sanità, dal trasporto pubblico alla crisi del modello di sviluppo, stanno lì a dimostrarlo. Bene. Sebbene Renzi abbia affrontato la sconfitta in maniera stizzita, rimettendo il mandato e dimettendosi per il momento ha mantenuto una certa coerenza. Chissà se i suoi epigoni umbri faranno altrettanto».

Il Pd, Leonelli Per il segretario regionale del partito «la sconfitta del Sì rappresenta un’occasione persa per il Paese di cambiare e di innovarsi. È stato bello crederci. È stato bello spendersi fino alla fine per un paese migliore. Il voto va rispettato, anche se l’amarezza è grande: perché l’Italia rimarrà ancorata nel porto delle nebbie dell’inciucio e delle larghe intese (visto che nessuno avrà mai la maggioranza al Senato per governare) e i cittadini, conseguentemente, si allontaneranno sempre di più da una politica che, dovendo mettere insieme tutto e il contrario di tutto, sarà sempre più incapace di dare risposte. C’è poi un altro dato che emerge con forza e riguarda la nostra difficoltà a convincere un elettorato che non si riconosce tradizionalmente nel Pd. Il mio più sentito e sincero ringraziamento va a tutte quelle persone che si sono spese per il sì, impegnandosi a spiegare le regioni della riforma, stando in mezzo alla gente e senza mai abdicare al merito del voto. Tra queste tantissimi giovani che hanno accettato la scommessa di una campagna elettorale lunga e difficile con entusiasmo e passione, l’entusiasmo e la passione della buona politica”. “Rimane la consolazione, seppur piccola, del dato regionale: il sì, pur non vincendo, ottiene in Umbria il quarto risultato a livello nazionale dopo Trentino, Toscana ed Emilia Romagna e si afferma in territori importanti come il Trasimeno, l’Alto Tevere, Marsciano, Gubbio e Gualdo Tadino. Risultato importante – conclude Giacomo Leonelli – a Perugia, città governata dal centrodestra e dai partiti del fronte del no, tra i quattro capoluoghi, insieme a Milano, Firenze e Bologna, a scegliere il Sì. Nei prossimi giorni e comunque entro la settimana, calendarizzeremo segreteria e direzione regionale per approfondire un’analisi sulle ragioni del voto e sulla bocciatura del sì in alcune aree importanti della regione».

«Sconfitta profonda» Concetti ribaditi anche dal segretario Pd di Perugia, Francesco Maria Giacopetti: «Una sconfitta profonda quella maturata ieri nelle urne. Una sconfitta per Renzi e per quanti, come me, hanno creduto di cambiare in meglio le cose con il Sì; una sconfitta per il Pd, che esce con le ossa rotte da un confronto troppo spesso e per responsabilità larghe esasperato, rissoso, scomposto; una sconfitta per il Paese, che perde un’occasione storica di innovare; una sconfitta per la politica, che rischia di consegnare il futuro ai populismi e alle demagogie di ogni specie. Vince, certo, la partecipazione, vince la democrazia, vincono i cittadini che hanno scelto di scegliere: un bel segnale. Ma vince pure, alla prova del voto, un fronte largo, quello del No, che va dai Cinquestelle a Forza Italia, dalla Lega a qualche partito della sinistra, a cui ora va la responsabilità della proposta e il compito di non affondare l’Italia nell’immobilismo. Ci sarà tempo per un’analisi approfondita, lo faremo negli organismi nelle prossime ore e nei prossimi giorni, come è giusto che sia. In questo panorama, un dato in controtendenza ce lo riserva Perugia, dove il fronte del no, in cui hanno militato la quasi totalità dei rappresentanti del governo cittadino, il partito del sindaco Romizi in testa, insieme ai Cinquestelle e alla Lega, non riesce ad affermarsi. Al netto di qualche voto più o meno trasversale e senza riferimenti partitici, il dato ci dice che a Perugia c’è un Pd che dimostra di saper fare il suo mestiere e di saper portare a casa il risultato. Era successo anche nel 2015, in occasione delle regionali, succede oggi, anche grazie all’impegno e alla passione di decine di giovani e meno giovani impegnati nei circoli e nei comitati per il Sì. Abbiamo messo in piedi più di 27 iniziative nell’ultimo mese e mezzo, oltre a banchetti ai mercati, porta a porta e volantinaggi. A quanti si sono spesi in questa avventura va il mio personale ringraziamento e mi auguro che l’entusiasmo e l’energia sprigionati, da ogni fronte, in campagna elettorale possano continuare a vivere nell’attività quotidiana del Pd e ad animare il dibattito cittadino. C’è una nuova classe dirigente che ha voglia di lavorare e che ha dimostrato di volersi impegnare e di saperlo fare (e bene) e ci sono tanti militanti da rimotivare: abbiamo le carte in regola per riuscirci. Ad almeno un paio di condizioni: che ci si scrolli di dosso, finalmente e alla luce dei numeri, il complesso di inferiorità che ci portiamo addosso dal giorno della sconfitta; che da oggi si lavori per ricomporre e ricostruire. E’ un voto dalle tante facce quello per il no: c’è un voto di pancia, dettato dalla rabbia per una condizione difficile e da orizzonti sempre più claustrofobici; c’è un voto giovane e di protesta, che va capito e interpretato; c’è un voto di opinione che ha trasformato la consultazione in un referendum sul governo Renzi; c’è un pezzo del Paese che nel merito non ha ritenuto le nostre proposte di riforma all’altezza. Nessuno però può credere che il variegato arcipelago per il no, unito solo dalla voglia di utilizzare il referendum costituzionale come occasione per dare una spallata al governo Renzi, possa esprimere una comune visione e un progetto di governo condiviso. Dobbiamo metterci al lavoro da subito. La strada per tornare al governo della città è difficile ma l’abbiamo imboccata con coraggio. Oggi più che mai serve ritrovare unità e coesione nel Partito cittadino, consapevoli che insieme potremo scrivere pagine belle e nuove per la città. Il lavoro – conclude – da fare è tanto e lo faremo insieme, ripartendo dal comune obiettivo di provare ad attuare i principi e i diritti sanciti nella prima parte della Costituzione. Resto convinto, come diceva Brecht che ‘Chi combatte rischia di perdere, chi non combatte ha già perso».

Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale «Leggo con qualche stupore che alcuni leader del PD dichiarano che l’Italia ancora una volta ha scello di non cambiare’. E’ esattamente il contrario, gli italiani hanno risposto esattamente alla personalizzazione che Renzi ha fatto delle regole costituzionali», Alfredo De Sio componente dell’esecutivo nazionale di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale commenta così l’esito del voto referendario. «La miopia che si perpetua ancora oggi nel guardare al voto degli italiani da parte di tante vedove inconsolabili, distribuiti equamente tra politici, giornalisti e consorterie di vario genere, certifica la lontananza siderale che esiste tra la stragrande maggioranza dei cittadini ed una classe dirigente capace di distinguersi solo per arroganza ed approsimazione». Secondo De Sio «abbiamo condotto con caparbietà una campagna informativa verso i cittadini, confrontandoci a mani nude contro le mistificazioni di una maggioranza di Governo che ha utilizzato ingenti risorse finanziarie e armi di persuasione inconfessabili per condizionare il voto degli italiani. In questo nuovo scenario che riconsegna la sovranità al popolo , il quadrilatero delle regioni ad egemonia Pd perde pezzi e tra questi l’Umbria». De Sio conclude sottolineando che «un segnale chiaro che dopo le elezioni regionali 2015 conferma il declino del centrosinistra nella nostra regione, aumentando gli spazi dell’alternanza possibile che, per quanto ci riguarda, perseguiremo con una proposta che punti all’unità delle forze politiche omogenee e sia aperta a tutti i contributi di coloro che vogliano creare le condizioni per una netta discontinuità a livello nazionale e locale a partire dalle sfide per i comuni nella prossima primavera».

Sinistra Italiana A commentare l’esito del referendum è Stefano Vinti, dell’assemblea nazionale: «La vittoria piena, netta e travolgente del No è il frutto di una grande partecipazione popolare, un forte segnale per tutta l’Europa, un messaggio di fiducia nelle istituzioni e nelle Costituzioni nate dalla vittoria sul nazi-fascismo, a Roma come a Vienna. Una partecipazione al voto che da la misura dell’opposizione alla riforma, ma anche alla politica del governo e alla sua leadership, quindi un voto legato alle difficili condizioni di vita di milioni di lavoratori e di cittadini. Buono il risultato anche in Umbria, dove il No si afferma con il 51,2% e con una straordinaria partecipazione al voto di circa 496 mila umbri per una percentuale del 73,47%. L’Umbria è l’unica regione ex-rossa dove non vince il Sì, aggiungendo un altro segnale di preoccupazione per il Pd al governo. A Perugia vince il Sì con il 50,9%, un risultato che certamente non ha visto certo il sindaco Romizi, d’altronde lodato pubblicamente da Renzi, spaccarsi la schiena a sostegno del No. Mentre a Terni, a conferma dei gravi problemi della giunta Di Girolamo, il No si afferma nettamente con il 54,13%: il risultato umbro è stato contrassegnato da un protagonismo elettorale significativo della sinistra politica, sociale, culturale e ricreativa, che è stata determinante per la vittoria finale. Ora, attorno alla Costituzione, è urgente – conclude Vinti – avviare un processo unitario per la rifondazione della sinistra, di cui si avverte il bisogno anche in Umbria, ad iniziare dai lavoratori, dagli operai, dagli artigiani, dai piccoli esercenti, dai pensionati, dai giovani, dai precari».

Crescimbeni Il consigliere comunale (Gruppo misto) di Terni parla di un’ «’intellighentia della sinistra di stampo capalbiese, che accoglie gli immigrati a casa degli altri e non propria, la casta detentrice del politicamente corretto, la grande finanza ispiratrice dei media nazionali e non solo, ieri notte era atterrita, sbigottita dinanzi al risultato di un autentico voto popolare e “patriottico” che ha detto no a operazioni di potere mascherate da grandi riforme, no all’arroganza eletta a sistema, no all’uso spregiudicato delle pubbliche risorse per la caccia al consenso. E’ finita l’era dei furbi e dei mariuoli travestiti da grandi timonieri, il popolo ha iniziato a prendere consapevolezza dei propri poteri e della propria capacità di indirizzo politico. Sarà così  presto anche a Terni dove il No ha vinto e dove la decrepita classe politica, che pretende ancora di governare la città, ha già ricevuto un primo avviso di sfratto; è ora necessario, senza esitazioni e senza compromessi accelerare il processo di decomposizione politica da tempo in atto e, con una nuova progettualità, già da molti maturata e condivisa, dare la spallata finale a quanti, ostinatamente e inopinatamente, oggi ancora tentano di restare attaccati a quelle poltrone acquisite solo grazie a massicce operazioni clientelari. Un’era è finita, ne sta iniziando un’altra caratterizzata dai valori dell’onestà dei comportamenti, della capacità e competenza, della visione strategica e lungimirante dell’iniziativa politica. I cittadini di Terni intendono esprimere nuove rappresentanze – conclude – e con esse riappropriarsi del governo della loro città».

Umbria Next Il consigliere regionale di opposizione, Sergio De Vincenzi, sottolinea che «è stato premiato lo sforzo profuso in  numerosi incontri sul territorio regionale e solo superando piccoli e grandi interessi di parte si potrà costruire un futuro realizzabile. Il Movimento civico Umbria Next è pronto  a lavorare livello regionale con chi vorrà contribuirvi, in attesa di ulteriori sviluppi a livello nazionale. Il no referendario a una riforma costituzionale nel merito e nei metodi sbagliata, scritta male e da un futuro istituzionale decisamente incerto e  problematico ha vinto. Renzi e il suo governo sono dimissionari. Siamo contenti perché lo sforzo, profuso in numerosi incontri sul territorio regionale, assieme a  quello di tanti altri insieme a noi che hanno visto oltre le righe di questa pessima riforma, è stato premiato. Non facciamo però salti di gioia. Ora la palla è in mano al presidente Mattarella e vedremo cosa accadrà dopo le consultazioni. Quel che ci pare comunque importante, invece, è  che occorre ricostruire e per farlo bisogna ricominciare dalle fondamenta, cioè da ognuno di noi. A ciascun italiano perciò il compito di contribuire alla costruzione di un nuovo modo di fare politica fondata non sugli slogan ma sull’argomentazione di principi e su prassi democratiche e condivise. Tutti siamo chiamati al dovere  di contribuire alla costruzione di una politica del buon senso e dell’etica. Questo è il vero primo bene comune che solo potrà dare all’Italia un futuro. Matteo Renzi – continua De Vincenzi – ha giocato una partita tutta personale che molto poco ha avuto a che fare con il bene comune ed oggi certo i cocci non  spetta a lui rimetterli insieme. Ma i prodromi istituzionali e normativi dei mesi precedenti non sono stati ben auguranti e, come la riforma, hanno sempre creato  negli italiani divisioni e scontento. Ricordiamo fra tutti il jobs act, la buona scuola, le unioni civili, la riforma Rai, le modifiche al sistema pensionistico, il salva-banche, le leggi imposte a suon di fiducia. Il giorno dopo che il popolo italiano ha saputo riaffermare con dignità la propria sovranità, atto essenziale, importante,  determinante, per poter ricostruire il Paese, restano tuttavia tante macerie e tanto amaro in bocca. Tre anni di fatiche degli italiani gettati al vento per un  progetto megalomane e senza futuro. I mercati – conclude – ora aggrediranno l’Italia per assestare ad un’Europa senza anima l’ennesimo colpo, l’immigrazione – conclude De Vincenzi – non si fermerà, il debito pubblico costruito in decenni di artefatti normativo- tecnici incombe come un macigno mentre disoccupati, pensionati, giovani e terremotati non sanno quale sarà il loro futuro».

Trappolino Il segretario provinciale ternano del Pd, Carlo Emanuele Trappolino, dice che «ci abbiamo creduto, purtroppo abbiamo mancato l’obiettivo. Ora dobbiamo ripartire dalla partecipazione e da una riflessione larga sulla necessità di ricostruire l’unità del Pd e del centrosinistra. Abbiamo difeso le nostre ragioni con serietà, approfondimento, studio, ragionamento, ma anche con passione politica, allegria, apertura e coinvolgimento. Non abbiamo mai usato toni propagandistici, aggressivi o offensivi verso i nostri avversari. In questo modo abbiamo tentato di rispondere alla domanda di buona politica che abbiamo raccolto. Dopo questi sei lunghi mesi non ci resta che dire grazie a chi si è impegnato fino in fondo in questa sfida complicata e a chi ci ha seguito esprimendo un voto favorevole al cambiamento. In alcune realtà, in questi anni, nonostante le difficoltà inedite c’è stata una grande mobilitazione accompagnata dalla voglia di mettersi in gioco e dalla capacità di aprirsi superando resistenze e personalismi. Altrove – e questo rappresenta un forte elemento di preoccupazione – siamo rimasti impaludati nell’autoreferenzialità. Nei prossimi giorni approfondiremo l’analisi negli organismi di partito a tutti i livelli, come è giusto. Intanto, dopo il risultato netto e inequivocabile anche nel nostro territorio provinciale, seppur con le dovute differenze rispetto al dato nazionale (4 punti percentuali e poco più di 10 mila voti di differenza su quasi 130 mila votanti), dobbiamo lavorare da subito sulla ricostruzione di un’unità, nel Pd, quantomai necessaria e provare a capire come uscire da un isolamento che come abbiamo visto alla fine si paga. C’è molto da lavorare e lo faremo, ognuno portando il proprio contributo. A partire dalla discussione che faremo negli organismi nei prossimi giorni, nella quale sarà opportuno garantire il più largo coinvolgimento possibile della nostra base, di militanti, simpatizzanti ed elettori e alla quale siamo tutti chiamati a garantire serietà, generosità e responsabilità».

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