A Roma la mostra di Giuseppe Fioroni

Il papà dell’assessore comunale espone a Roma, nella storica sede del Palazzo della Cancelleria Vaticana: ‘Nella luce, nel colore’

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Sarà visitabile fino al 23 giugno, nella storica sede del Palazzo della Cancelleria Vaticana, la mostra ‘Nella luce, nel colore’ di Giuseppe Fioroni, artista perugino nonché papà dell’assessore comunale Michele Fioroni.

L’inaugurazione

Promosso dall’associazione Tota Pulchra, il percorso espositivo è stato inaugurato a Roma con Philippe Daverio, Fabrizio Fabbri, editore del catalogo della mostra, Marina Mattei, curatrice dei Musei Capitolini Monsignor Jean-Marie Gervais, presidente dell’associazione, oltre allo stesso Michele Fioroni, assessore del Comune di Perugia e il critico d’arte Giorgio Vulcano. Nella prestigiosissima sede romana, a pochi passi da Campo dei Fiori, fino al 23 giugno sono ospitate oltre 40 opere frutto di 50 anni di sperimentazione artistica di Fioroni: c’è l’impronta marcata delle origini umbre che convive con le radici di una tradizione rinascimentale centro-italica, da cui l’artista sente istintivamente di provenire.

Fioroni è il mago, l’uomo sognatore che osserva il mondo con gli occhi di un bambino per andare alla scoperta del senso primordiale delle cose. Non è un semplice gioco stilistico. Da perfetto giullare dell’arte Fioroni tira fuori da questa massa di materia colorata figure di musicanti, zingari, pagliacci sospesi nell’aria quasi per magia, ma anche paesaggi e immagini religiose, nella ricerca costante di un senso che si confronta francescanamente con la propria vita e con la natura, con il bene e con il male con il divino e il dannato. La luce e il colore sono la guida, in questo caos in cui il disordine ha un suo preciso ordine che l’ordine cancellerebbe.

La mostra

Fioroni è un poeta che traduce i sogni in segni trasferendo la propria anima segreta nelle sue opere d’arte, che siano dipinti, ceramiche o disegni. Che senza seguire regole e schemi improvvisamente vede crescere tra le sue mani opere come ‘Da Chagall a Burri’, il dipinto che dal sacco bucato di Burri fa uscire il violinista di Chagall; che si sorprende lui stesso per aver realizzato ‘Fascino del sud’ in cui la vernice sembra sfuggire ad ogni controllo e comincia a bollire inondando la tela; che fa uscire gnomi e folletti dalle macchie di vernice, come ne ‘La notte di San Giovanni’.

«Fioroni è autenticamente transgenico – dice Philippe Daverio – riprende il percorso dell’arte in quel momento espressionista che gli altri avevano lasciato in sospeso perché gli eventi bellici della Prima Guerra Mondiale avevano mutato il fondo dell’anima delle visioni possibili. Non credo che egli lo sappia, anzi è forse inutile che ne sia addirittura al corrente, ma oggi, a cent’anni esatti da quella deflagrazione della demenza europea, lui ci riporta non con i piedi a terra ma con la testa fra le nuvole delle emozioni troncate. E così tornano, come dei diavoletti saltati fuori dalla scatoletta, le facce clownesche di Ensor con le loro contorsioni cromatiche e fisiche; così tornano le barche a vela di Marquet che hanno preso il vento delle postmodernità. Torna la materia coloratissima d’un Vlaminck non ancora reso monocromatico dal fango delle trincee. Tornano le melanconie dei primi arlecchini rosa di Pablo Picasso e gli svolazzi celesti di Marc Chagall. Ma non sono imitazioni. Corrispondo al tentativo assai riuscito di riprendere le fila d’un discorso dopo la condanna trasversale della cultura pittorica avvenuta prima con l’esperienza del concetto puro e successivamente con il percorso transgenico delle avanguardie degli anni ’80 del secolo scorso».

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