Ast: «Più razionalità, non telecamere»

Il presidente di ‘Terni Valley’ Martini interviene sull’audizione del direttore di stabilimento Massimo Calderini: «Verificare gli impegni presi»

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di Michele Martini
Presidente associazione ‘Terni Valley’

Nella giornata di ieri (lunedì, ndR) Massimo Calderini, direttore di stabilimento di Tk-Ast, ha partecipato ad una audizione in seconda commissione consiliare. Nel tempo a disposizione, l’ingegnere ha risposto alle domande di alcuni consiglieri ed assessori sull’impatto che il polo siderurgico ha su aria, acqua e suolo a Terni, e sulle misure di mitigazione del rischio ambientale intraprese dall’azienda.

È interessante concentrarsi su alcuni dati legati alle emissioni in atmosfera del polo, facendo riferimento al noto rapporto Arpa per cui il periodo di campionamento è a cavallo tra il 2015 e il 2016. Iniziamo col ricordare che esistono (almeno) due tipi di emissioni: emissioni convogliate nei camini, sempre presidiate da un impianto di filtrazione che trattiene le particelle più grossolane;
emissioni diffuse in atmosfera che non vengono captate né trattate dai filtri e pertanto comprendono tutte le classi granulometriche di polveri.

Per quanto riguarda le emissioni convogliate, è evidente l’impatto della Tk-Ast in termini di pm10. Fermo restando il significativo contributo di traffico e riscaldamento, «l’impatto della fonte industriale appare visibile nel 61% delle giornate ed evidente nel 47% delle giornate». Nelle stazioni di Prisciano e Borgo Rivo il limite giornaliero di pm10 è stato superato rispettivamente 47 e 60 volte in un anno, pur essendo visibile (come condiviso da Calderini) una riduzione delle emissioni nel 2018.

Analizzando le singole componenti del pm10, la situazione appare critica. Per quanto riguarda il nickel, a Prisciano la concentrazione è doppia rispetto ai limiti di legge e sei volte maggiore rispetto a borgo Rivo. In merito al cromo, non esiste invece un limite di legge applicabile in Italia; tuttavia, la concentrazione a Prisciano è otto volte superiore a quella di borgo Rivo.

Rispetto alle emissioni diffuse (associate ad alcune fasi della movimentazione dei rottami e della fusione), queste non sono attualmente soggette a normative specifiche ma è indubbiamente significativo che siano, in termini di massa, oltre dieci volte superiori rispetto alle emissioni convogliate. Arpa suggerisce di dedicarvi particolare attenzione, in quanto «sono un ambito ancora poco conosciuto e difficile da monitorare».

Il panorama è abbastanza chiaro: le emissioni convogliate sono superiori ai limiti di legge e vanno ridotte, agendo sulla qualità dei sistemi di abbattimento delle polveri o migliorando i processi di lavorazione dell’acciaio. Le emissioni diffuse non hanno un riferimento normativo, ma sono alte, e vanno ridotte alla sorgente e contenute con nuovi impianti di captazione. L’intervento di Calderini sui progetti in corso in Tk-Ast sono, in questo ambito, ambiziose e positive e va verificato – imbastendo un rapporto costante, duraturo e basato sul mutuo rispetto – che corrispondano a futura realtà.

Misurare, misurare di nuovo, consolidare il dato, analizzarlo, progettare ed intervenire con lo scopo di prevenire. Insieme a tutte le parti interessate, dialogando. Altre ricette (realistiche) non ne vedo. Gli impianti di videosorveglianza non permettono il campionamento dei fumi e non prevengono le emissioni, pur aiutando a registrare con costanza gli eventi anomali. La domanda, pertanto, mi sorge spontanea: oltre a questo, con le telecamere che ci facciamo?

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