Da Terni agli Usa per combattere i tumori

Simona Colantonio ha 40 anni, da 12 anni vive in America e lavora al ‘Frederick national laboratory for cancer research’ nel Maryland

Condividi questo articolo su

di Francesca Torricelli

«Parliamo in inglese?», è la prima domanda che mi viene spontanea. Sorridendo lei risponde: «No no, tranquilla. Sono di Terni come te, parliamo in italiano per favore». Lei è Simona Colantonio, è nata appunto a Terni 40 anni fa, ma i suoi studi in chimica e tecnologia farmaceutiche l’hanno portata a vivere nell’area di Washington DC, la capitale degli Stati Uniti d’America.

Simona Colantonio

Gli studi «Dopo il diploma al liceo classico di Terni, nel 2003, ho conseguito la laurea in chimica e tecnologia farmaceutiche a La Sapienza di Roma», racconta Simona. «Dopo qualche tempo ho accettato la borsa di studio dell’Istituto superiore di sanità nell’ambito della collaborazione Italia-Usa nella oncoproteomica. Ho lavorato per un breve periodo agli Istituti fisiotrapici ospitalieri (Ifo) di Mostacciano Roma, istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. Poi sono partita dall’Italia alla volta degli Stati Uniti nel marzo 2006, ma nel frattempo, nel dicembre 2008, ho conseguito il dottorato in Scienze farmaceutiche, sempre a La Sapienza di Roma».

‘FNLCR’

La ricerca Attualmente Simona lavora al ‘Frederick national laboratory for cancer research’ (FNLCR) nel Maryland. «Lo scopo del laboratorio in cui lavoro – spiega – è quello di migliorare lo salute umana attraverso scoperte e innovazioni nelle scienze biomediche, in particolare nel campo dell’oncologia, Aids e malattie infettive emergenti. Nel mio laboratorio ci dedichiamo allo sviluppo di anticorpi monoclonali, che sono strumenti indispensabili nella ricerca scientifica di base. Gli anticorpi che produciamo vengono utilizzati nella ricerca dei meccanismi delle cellule tumorali, in particolare nei meccanismi di resistenza e altre mutazioni implicate nell’aggressività della patologia, ma anche per studiare l’effetto di farmaci e trattamenti antitumorali. Gli anticorpi prodotti sono poi messi a disposizione della comunità scientifica internazionale a prezzi di costo, con lo scopo di migliorare la qualità dei risultati della ricerca».

‘Nature’ Recentemente ‘Nature Methods’, uno dei periodici della prestigiosa famiglia dell’International journal of science ‘Nature’. «Nel mio articolo ho spiegato come abbiamo la possibilità di produrre anticorpi monoclonali, mezzi per determinare la presenza di marcatori tumorali. Possiamo capire e studiare la patologia dal punto di vista molecolare, in modo poi di tentare di individuare una terapia. Insomma, produciamo strumenti che aiutano a trovare meccanismi che determinano la cellula tumorale e la sua resistenza ai farmaci».

Lo stimolo Ricerca importante, quindi, Simona. Non proprio una cosa semplice. «Questo mondo mi ha sempre affascinata molto, lo ammetto. Purtroppo, però, in famiglia ho avuto delle esperienze molto tristi con questo genere di malattie e questo mi ha spinta sempre più nella ricerca. È stimolante concentrarsi ore, giorni e mesi in uno studio che quando è finito senti già il bisogno di iniziarne uno nuovo».

In Italia La domanda però ora è d’obbligo Simona: per fare tutto questo dovevi per forza andare in America? «Si fa molta ricerca anche in Italia, questo va detto. Ma è difficile, perché è sempre un’incognita: servono risorse che da noi, purtroppo, non ci sono e poi c’è un’enorme differenza tra la ricerca che si fa in America rispetto a quella in Italia». E non senti il bisogno di tornare? «Non ci penso proprio al momento. In America ho conosciuto il mio compagno, con il quale ho un figlio. Il mio lavoro mi gratifica molto, ma in Italia torno una volta l’anno perché ho mia sorella e perché al momento sono ‘visiting professor’ a La Sapienza. Per il futuro chissà».

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli