Perugia, si fa politica a colpi di ‘screenshot’

Tutti contro tutti in vista delle elezioni, spesso su temi ‘terra terra’. Terreno di scontro, manco a dirlo, i social

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Mancano più di sei mesi alle elezioni comunali, ma il termometro dello scontro politico a Perugia segna già temperature alte. Dentro il consiglio comunale e (soprattutto) fuori da palazzo dei Priori si litiga praticamente su tutto: ogni spunto è utile per alzare il livello dello scontro che, manco a dirlo, vede i social come ring privilegiato. Se a livello nazionale i politici usano Twitter, a livello locale a farla da padrone è Facebook.

Tasse, aerei e sfottò

Al ritorno dalle ferie è cominciata l’escalation del dibattito (che definire ‘politico’ vuol dire fargli un complimento) con polemiche sempre più pressanti, che per la verità hanno caratterizzato anche i mesi precedenti, ma nelle ultime settimane, ormai, si propongono a cadenza incessante con temi sempre nuovi: dalle buche alle tasse non pagate, per cui alcuni assessori sarebbero addirittura illegittimi; dai parcheggi alle caricature in consiglio comunale, che hanno portato a dure reprimende ‘per fatto personale’ (altra locuzione che si sente sempre più spesso); fino all’ultimo battibecco che coinvolge Bori e Fioroni sull’aeroporto di Sant’Egidio, innescato da alcuni post ironici dell’assessore al marketing sullo scalo del capoluogo, che hanno stimolato la replica stizzita del consigliere Pd. Alcuni temi seri e meritevoli di attenzione, altri decisamente meno. Il guaio è che, nella piazza virtuale, tutto finisce in un frullatore che dà a tutto lo stesso sapore.

Piazze reali e piazze virtuali

E mentre le piazze reali si svuotano (a proposito, ormai le opposte fazioni fanno a gara per sottolineare la scarsa partecipazione alle iniziative dell’altra parte… come se la scarsa partecipazione fosse una cosa buona), si riempiono quelle virtuali: i dibattiti sono ospitati sui social, in un particolare tipo di piazza virtuale, i gruppi Facebook, che a loro volta hanno una loro connotazione ideale e politica, proprio come le piazze reali di una volta. C’è la piazza di sinistra, quella radical chic, quella dura e pura, quella in cui è vietato parlar male della città… e così via. E la propaganda non si fa più a colpi di manifesti e striscioni ma di screenshot, la nuova arma politica in era social.

Voce del verbo screnshottare

Sul cellulare basta conoscere la giusta combinazione di tasti; sul Pc c’è il tasto ‘stamp’: così, per magia, si ‘fotografa’ ciò vediamo sullo schermo (che quasi sempre è un commento sui social) e lo si consegna all’immortalità della storiografia politica. (Per inciso: lo abbiamo utilizzato pure noi, lo screenshot, per comporre – in modo assai artigianale – il collage di commenti che correda questo articolo). Un’arma, dicevamo, usata generalmente in due declinazioni: per stigmatizzare una presa di posizione dell’avversario politico oppure, viceversa, per sottolineare la bontà di una propria asserzione (o quella di un proprio sodale), magari a commento sarcastico sotto il post di un avversario. E spesso capita che un commento, a risposta di un post, venga a sua volta screenshottato (voce del verbo screnshottare) e postato da un altro utente, dando vita a un nuovo filone polemico. In questi giorni è perfino capitato che su Facebook finissero (a loro volta screenshottati) dei commenti di un gruppo privato Whats App (altro strumento infernale che meriterebbe trattazione a parte), condivisi dallo stesso autore per difendersi da accuse lanciate sui social, che però gli si sono ritorti contro perché un avversario politico ha fatto lo ‘screenshot dello screenshot’ per sottolineare la gravità delle parole dell’autore, che a sua volta si stava difendendo da parole gravi, che partite sui social erano finite sui giornali, le cui pagine a loro volta sono quotidianamente condivise sui social e commentate. Lo so, avete già il mal di testa, ma non finisce qui.

Le curve da stadio

Sì, perché poi ci sono i vari seguaci; quelli che su Twitter si chiamano follower, mentre su Facebook assomigliano più a truppe cammellate, che commentano parossisticamente ogni post gli capiti a tiro, ripetendo il medesimo concetto a mo’ di mantra. In alcuni casi sono pagati per farlo (perché magari curano la comunicazione di questo o quel politico, di questo o quel partito). Ma per la maggior parte agiscono per puro spirito di squadra o di clan. E così la passione politica assomiglia sempre più al tifo da stadio, dove si urla sempre: si incita la propria squadra, fischiando le azioni di quella avversaria. Il punto è che una partita dura 90 minuti, poi si torna a casa. Questa campagna elettorale durerà mesi. E in teoria non sarebbe nemmeno cominciata: siamo in fase di riscaldamento. Eppure qualcuno ha già i crampi. Arriveremo lucidi al triplice fischio?

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