San Gemini, S.Egidio: «Tutelare l’area»

Il comitato scrive ai capigruppo della Regione Umbria per evitare la «distruzione di resti archeologici»

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Una lettera inviata ai capogruppo della Regione Umbria per, in sostanza, far presente del pericolo di «rischio occultamento e distruzione resti archeologici nella città di San Gemini». Ad inviarla di recente è stato il comitato a difesa dell’area ex chiesa di Sant’Egidio in merito alla situazione legata ai lavori in via della Rocca.

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«Non costruiteci»

In passato la Regione ha demandato all’amministrazione comunale – specificato il comitato – le «giustificazione e le motivazioni sulle autorizzazioni rilasciate, senza nessuna sua valutazione e/o intervento. Alla luce della conferenza del mese di novembre nella quale la soprintendenza ha certificato che i reperti sono databili dall’ 11° al 16° secolo e che per San Gemini, in pieno centro storico, è la scoperta più importante degli ultimi 20 anni dai rinvenimenti di cisterne romane nelle vicinanze di questa area. Riteniamo che non sia possibile costruirvi sopra e venga tutelata per approfondire con ulteriori scavi su tutta l’area. Oltre a questo tema (costruire sopra i reperti archeologici) c’è anche un problema di impatto ambientale, perché l’edificio modificherà per sempre il paesaggio (sopra le mura medioevali e una bertesca).

LA BATTAGLIA A SAN GEMINI

La fondazione

Il comitato inoltre si chiede come sia possibile che «la fondazione museo dell’opera di ‘Guido Calori’, che ha per scopo la tutela, il restauro, la conservazione del patrimonio storico italiano, possa effettuare un intervento del genere, come un qualsiasi privato per una speculazione edilizia. Il Prefetto ai sensi dell’art. 25 del codice civile ‘Controllo sull’amministrazione delle fondazioni’ avrebbe titolo, per valutare se la fondazione rispetta il proprio statuto». Nella lettera inviata a novembre ai capigruppo si parla di «attentato alla bellezza e ai beni culturali umbri e sangeminesi. Stiamo parlando di un sedicente operatore culturale, che da oltre trenta anni ha trasferito a San Gemini le opere di suo nonno Guido Calori ( scultore della prima metà del ‘900 ) realizzando un museo, gestito da una fondazione.

LA LETTERA INVIATA

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