San Gemini: «Stop lavori via della Rocca»

Cinque consiglieri comunali scrivono al sindaco: «Parte dei resti ritrovati durante gli scavi saranno nuovamente sotterrati»

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«Stiamo vivendo uno dei momenti di più alto disinteresse che il Comune di San Gemini sta mettendo in atto nei confronti del suo patrimonio storico. Il 13 settembre il signor Giovanni Mastino ha presentato una variante del piano attuativo per costruire un edificio residenziale in via della Rocca. Dalla variante si evince che gran parte dei resti ritrovati durante gli scavi saranno nuovamente sotterrati. Ne resterà dunque visibile una minima parte a cui si potrà accedere scendendo delle scale e visionando la porzione di mura attraverso delle finestre in vetro». I consiglieri comunali Luca Ferrotti, Silvano Fredduzzi, Fabio Laurucci, Sara Masci e Mimma Trotti scrivono al sindaco, agli assessori, agli altri consiglieri e ai membri della commissione edilizia.

«Si sotterrano mille anni di storia»

«Ci troviamo di fronte ad un’area ricca di storia e che può fornire ulteriori risposte alla storia dei nostri avi e delle nostre origini», scrivono. «Risulta che in tale area furono effettuati diversi sondaggi al terreno per verificare se sotto ci fossero nascosti dei reperti, dall’Università della Tuscia, al dottor Max Cardillo e del dottor Bruce Braun dell’università australiana, che svolge attività di scavo a Carsulae. Tali sondaggi non ebbero poi seguito. Già dai primi scavi effettuati nell’area in oggetto, sono stati rinvenuti ruderi, che l’archeologa ha indicato come cinta muraria. Ad oggi, con il lavoro eseguito dagli archeologi, che hanno scavato circa un metro di terra, è stata rinvenuta una struttura che ricopre quasi per intero l’area oggetto della licenza edilizia. Come si evince da una lettera della Sopraintendenza i reperti sono databili tra l’11° e il 16° secolo. Essi sono sicuramente parte del complesso del quartiere di S. Egidio, uno dei 4 quartieri medioevali e se non sono i resti della Chiesa (come valuta la Soprintendenza), non si può escludere che si potrebbe trattare di edifici ad essa collegati. Come si possono sotterrare mille anni di storia?».

Valore archeologico

Per i consiglieri, a confermarne il valore archeologico, «in quell’area fu concessa nel 2015 un autorizzazione per alcuni scavi che, guarda caso, non furono eseguiti. Forse perché l’amministrazione comunale stava approvando il piano attuativo e tali scavi erano incompatibili con la costruzione del nuovo edificio? Dal momento in cui l’area autorizzata per gli scavi si trova a meno di sei metri da dove dovrebbe essere costruito i nuovo edificio, è inammissibile pensare che non si tratti ‘della stessa area’. Non si comprende come sia possibile che la Fondazione il 13 settembre abbia presentato il nuovo progetto relativo all’edificio, andando contro quanto espressamente dichiarato dalla Soprintendenza con la lettera del 30 agosto 2018, con la quale annunciava che a settembre sarebbero ripresi gli scavi archeologici. Vorremmo inoltre capire come possa la Fondazione, che ha nel proprio statuto ‘lo scopo di perseguire, conservare, divulgare il patrimonio storico italiano..attraverso il restauro e la conservazione di opere d’arte e di beni d’interesse culturale, mobili e immobili..’ anteporre i propri interessi a quelli del paese e del suo patrimonio storico. Cosa ne pensa il nostro assessorato alla cultura.? Il silenzio di questi mesi è purtroppo la sua risposta».

Il piano attuativo

Il piano attuativo presentato e approvato dalla giunta comunale, in data 29 gennaio 2015, «non rispetta le norme di legge. La delibera di giunta riporta quanto segue: ‘Ritenuto che per l’attuazione del piano attuativo, si renderà necessario stipulare convenzione o atto d’obbligo per le seguenti motivazioni: per il nuovo insediamento residenziale è prevista la dotazione territoriale e funzionale minima di aree pubbliche, come previsto dall’art. 11 del regolamento regionale n. 7/2010 e la loro cessione..’. Poiché non risulta agli atti nessuna convezione, come può essere stato approvato il piano? Quale è l’interesse per i cittadini, che ha motivato gli amministratori ad approvare il piano attuativo? Non può essere certo una valida motivazione quella di demolire due vecchi edifici (abusivi, anche se condonati) per far costruire una villetta al presidente della Fondazione. Riteniamo la cosa gravissima e vi diffidiamo nel rilasciare qualsiasi autorizzazione, prima di aver regolarizzato la procedura ed aver documentato alla minoranza ed ai cittadini di San Gemini, l’utilità pubblica di questo piano».

Le mura urbiche

I consiglieri scrivono poi che «le mura urbiche, così come le cita la Soprintendenza, o mura medievali come indica la progettista, sono indicate in tutte le piantine storiche, come cinta muraria della città di San Gemini. Il Comune di San Gemini, negli anni 2000 ha redatto un progetto generale per il consolidamento delle mura cittadine. A settembre del 2005 ha presentato degli stralci funzionali del progetto in cui sono chiari ed evidenti i confini delle mura cittadine, per i cui interventi sono stati chiesti e ottenuti finanziamenti pubblici. Dal momento in cui le mura di via della Rocca, sono state interessate da questo intervento, non può essere incerta la sua proprietà, come invece vuole dare ad intendere il nostro tecnico comunale. Le mura su via del Poggiame, indicate molto chiaramente sul progetto e su tutte le mappe antiche di San Gemini, sono mura castellane. Riteniamo grave che il tecnico comunale affermi che: ‘In merito alla proprietà del muro, non esiste documentazione probante, ma in via presuntiva, si ritiene appartenga alla proprietà finitima..’. Quindi tutti i riferimenti storici sulle mura castellane sono inventate? Come può ritenere che esse appartengano alla proprietà privata se non ha in mano documentazione che lo attesta? Sino a prova contraria dovrebbe essere il privato a dimostrare che la proprietà è la sua e non l’amministrazione comunale a dover dimostrare il contrario. Affermare che le cinta murarie siano di proprietà finitima è un falso amministrativo e un’offesa per la cittadinanza di San Gemini ai quali si vuol togliere la propria storia. Si ribadisce inoltre che, come da Codice civile, devono essere rispettate le distanze ai sensi dell’art. 24 c.8 del regolamento regionale n. 2/2015 e come confermato dalla sentenza della corte di cassazione n. 1994/2004».

Skyline

Una delle prescrizioni della commissione edilizia, «riconfermata anche dalla Soprintendenza, prevedeva che ‘l’edificio di progetto non alteri la percezione dello skyline esistente del centro storico e le visuali circostanti alla sistemazione ante operam’. Dalla documentazione progettuale si evince che tale prescrizione non sarà rispettata. Dalle foto prodotte non si può escludere che il nuovo edificio non deturperà per sempre lo skyline del centro storico, con un impatto sconvolgente e con un’architettura che nulla ha a che vedere con il contesto circostante. Come si evince dalle foto in allegato, l’immagine è stata ampiamente ritoccata per nascondere l’altezza dell’edificio che ovviamente non può essere al pari della siepe».

Chiarezza

Alla luce di quanto detto «si riafferma – concludono – la nostra volontà di fare chiarezza sull’intera vicenda, si sollecita chi di dovere a tutelare il paese e tutto il suo patrimonio. Continuiamo ad auspicare inoltre che l’area venga sottoposta a vincolo archeologico e che i lavori di scavo non si interrompano, ma continuino al fine di portare alla luce, nello loro interezza tutti i resti che, non è escluso potrebbero essere della chiesa di S.Egidio come facilmente desumibile dalle mappe pontificie».

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