Treno Roma-Orvieto, biglietto da 75 euro

Ritardi, guasti e tempi record per percorrere 88 chilometri su rotaia. Una pendolare: «Costretta a pagare il biglietto maggiorato per tornare a casa»

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Una linea ferroviaria prossima al collasso e l’impressione, almeno quella che hanno i pendolari, è che ormai Orvieto sia completamente tagliata fuori dalle strategie che Regione e enti preposti stanno portando avanti per far uscire fuori dall’isolamento l’Umbria.

I temi caldi

Se, infatti, come sembra, dal prossimo 10 dicembre il Frecciabianca Ravenna-Roma fermerà a Spoleto, permettendo ai pendolari di raggiungere la capitale in poco più di un’ora, e mentre ancora fa discutere la proposta di introdurre sconti e agevolazioni per la carta Tuttotreno solo in base all’Isee – con un prezzo medio annuo che arriverebbe a toccare i 665 euro contro i 400 del 2018 e i 350 del 2017 – l’unica realtà che sembra essere lontana dal cuore e dalla mente della Regione pare essere proprio Orvieto. L’unica città dell’Umbria toccata dall’autostrada, la più vicina a Roma come meta ideale di studio e di lavoro, eppure l’unica a vivere forti e pesanti disagi dal punto di vista del trasporto ferroviario.

Pendolari esasperati

Il biglietto a prezzo maggiorato a bordo

Lo racconta bene una giovane donna che, per lavoro, fa spesso avanti e dietro tra la capitale e la Rupe. «Ogni volta che, malauguratamente – racconta – decido di non usare il mezzo privato per fare questi 100 chilometri che mi separano da Roma mi maledico. Ogni volta, succede ogni volta: la motrice si rompe, c’è un guasto alla linea, il treno fa ritardo, si accumulano minuti che diventano ore e non so più come giustificarmi con colleghi e clienti che mi aspettano». Giusto venerdì sera, dopo aver affrontato il traffico della capitale, la nostra pendolare è arrivata alla stazione Termini e ha scoperto che l’Intercity 598 che fa la tratta Roma-Firenze, aveva un ritardo di 15 minuti, che sono poi diventati 30 e infine 55. «Ho pagato un biglietto a prezzo intero, cioè 17,50 euro. Poi nell’attesa di scoprire se il treno sarebbe partito o meno, ho fatto una telefonata e ho deciso, all’ultimo minuto, di prendere un regionale veloce fino a Orte. Non ho fatto in tempo ad acquistare il biglietto sull’app di Trenitalia, si può comprare il tagliando solo fino a 5 minuti prima della partenza, ma in quegli attimi concitati dovevo capire se sarei mai arrivata a destinazione. Quindi mi sono incamminata verso il binario 1 est per salire sul convoglio ma, prima di entrare, ho avvisato il capostazione».

Il doppio biglietto

«Purtroppo non c’è niente da fare – mi ha detto il capotreno – lei deve pagare il biglietto con la maggiorazione, questo prevede il regolamento per acquista il ticket a bordo». Le spiegazioni della signora non sono bastate, nonostante non sia la prima volta che l’Intercity che passa per Orvieto, il treno dei pendolari che escono dal lavoro alle 17, accumula un ritardo «vergognoso. E’ questa l’unica parola che mi viene in mente». Da Orvieto gli unici treni che consentono a chi lavora a Roma di non usare la macchina per spostarsi sono i due Intercity, il 581 che, alle 7.25 di mattina, fa arrivare i lavoratori nella capitale in appena 55 minuti e l’Intercity 598 che parte alle 18.12 dalla stazione Termini e fa scalo a Orvieto alle 19.21. «Il morale della favola è che il regionale veloce che ho dovuto prendere fino a Orte, dove un familiare poi mi è venuto a prendere in macchina, l’ho pagato 55,10 euro per rientrare a casa entro le 20. Sommato ai 17.50 euro dell’Intercity che poi, ho scoperto, è partito con un’ora di ritardo, fanno più di 75 euro. Con la mia macchina avrei speso neanche 15 euro, tra autostrada e carburante. Ecco io credo che un sistema di trasporto che, indirettamente, incentivi l’uso dell’auto privata a discapito del trasporto pubblico vada in direzione contraria allo sviluppo sostenibile di un territorio, come quello orvietano, che dovrebbe avere collegamenti con Roma, per vicinanza e interessi, rapidi, frequenti e meno costosi».

‘Linea al collasso’

I ritardi, sulla linea, sono però all’ordine del giorno. Neanche dieci giorni fa, il 21 novembre, il comitato pendolari denunciava «un’ecatombe sulla linea per i regionali veloci ed intercity diretti verso nord. Ciò ha comportato che i soliti treni RV e IC hanno coperto 88 km di ferrovia in 100 minuti ed oltre (quasi 2 ore!). Riteniamo, come più volte detto, che la linea direttissima tra Roma e Orte sia prossima al collasso. Ormai è diverso tempo che assistiamo, soprattutto la sera, a ritardi considerevoli, dirottamenti in linea lenta, In nome dell’Alta velocità stiamo vivendo, noi pendolari, delle condizioni di viaggio abominevoli. C’è proprio bisogno di altri convogli AV per Milano da Roma, soprattutto nelle fasce orarie sovraffollate da treni a servizio dei pendolari? Tra le 16,55 e le 17,29 oggi ci sono, a distanza di 10-15 minuti 2 AV per Torino e 2 per Milano, in partenza da Tiburtina, che vediamo semi vuoti». L’appello è stato lanciato direttamente al ministro dei Trasporti, affinché intervenga «per fermare tali disagi frequenti, per ripensare la politica della mobilità su rotaia e valutando interventi sull’infrastruttura che possano mitigare i problemi ai treni pendolari in caso di guasto».

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