Donne, sempre di più nei centri antiviolenza

Sara Pasquino, responsabile del Cav di Perugia: «Quando si rivolgono a noi poi ne escono. Mantenere sempre alta l’attenzione»

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di Elisa Marioni

«Gli atti di violenza sulle donne aumentano di anno in anno. Diminuiscono le morti, per fortuna, ma la violenza non è soltanto quella fisica ed estrema». A parlare è Sara Pasquino, operatrice del centro antiviolenza “Doriana Bellini” di Perugia: il messaggio è quello di non sottovalutare mai il comportamento ossessivo di un uomo. Perché per essere violenti, non c’è bisogno di alzare le mani: se la violenza fisica è ormai abbastanza riconosciuta a livello sociale, non si può dire lo stesso di quella psicologica ed economica. Più sottile e più difficile da riconoscere, ma che tiene le donne in gabbie fatte da anni ed anni di persecuzioni e privazioni. «È facile parlarne il 25 novembre o subito dopo un femminicidio, ma la cosa veramente importante è non abbassare mai l’attenzione».

L’INTERVENTO DELLA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE, DONATELLA PORZI – IL VIDEO

 I numeri In Umbria sono tanti i punti di ascolto, uffici ai quali le donne si possono rivolgere per parlare dei loro problemi, ma solo a Perugia e a Terni esistono veri centri antiviolenza, dove le vittime possono trasferirsi con i loro figli e seguire percorsi psico-sociali per staccarsi dall’uomo che fa loro del male. Le donne passate per quei centri, colorati e accoglienti come se fossero una vera casa, sono tante e sono in aumento: segno di un fenomeno silenzioso del quale troppo spesso la società non si accorge. A Perugia, dall’apertura del centro a marzo 2014, sono state accolte 559 donne delle quali 345 soltanto tra la fine del 2015 e il 2016. Ospitati per periodi più o meno brevi nel centro di Ponte Pattoli sono stati invece 45 minori e 45 donne: dall’inizio di quest’anno hanno alloggiato lì 18 donne e 13 bambini, lo scorso anno 15 donne e 16 bambini. E la situazione al centro “Liberetutte” di Terni non è molto diversa: dal 2014 si sono rivolte agli operatori 384 donne, 178 delle quali nell’anno in corso. Mentre sono 25 donne e 27 minori quelli che hanno vissuto nel centro dal 2014 ad oggi.

LE INIZIATIVE DEL 25 NOVEMBRE
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Il percorso Nei due centri antiviolenza dell’associazione “Liberamente donna”, le operatrici sono presenti 24 ore al giorno, per stare accanto a giovani e meno giovani che alle spalle hanno storie con un unico denominatore comune: la violenza domestica, da parte di qualcuno che amavano. In genere un marito o compagno, ma in alcuni casi anche il padre. «Il nostro indirizzo è pubblico – spiega Sara Pasquino – una scelta politica per dire che le donne non devono nascondersi. Abbiamo anche una casa a indirizzo segreto, che però usiamo il meno possibile perché vogliamo evitare di lasciarle solo quando sono in pericolo. Nelle situazioni particolarmente gravi, infatti, preferiamo trasferirle in altri centri della nostra rete, sparsi su tutta l’Italia». Quelle che si presentano al centro, in genere hanno già deciso di uscire dal tunnel di abusi e di denunciare. «Quasi tutte sono riuscite ad andarsene da qui senza l’uomo – continua Pasquino – le supportiamo, le guidiamo a sporgere denuncia, ma ci occupiamo anche del loro futuro». Le vittime di violenza, infatti, di solito sono state costrette a non lavorare e hanno vissuto in totale dipendenza dall’uomo: per questo, parte integrante del percorso è la ricerca di una casa e di un lavoro, anche grazie all’aiuto dei servizi sul territorio e delle istituzioni.

Terni ipercoop marcia contro violenza donneI minori Se nei casi di violenza sono coinvolti bambini, sono loro i primi a soffrirne. «La violenza assistita è peggio di quella diretta – racconta Sara – è una piaga enorme». Al centro antiviolenza di Perugia ne sono passati molti, in compagnia delle loro madri, spesso spaesati e preoccupati perché costretti a lasciare la propria casa. «Arrivano pieni di paura e saltano per ogni piccolo rumore, ma poi nel giro di poco tempo ritrovano quella serenità che prima non avevano. Tendiamo a reinserirli in fretta a scuola, per dare loro una vita normale, compatibilmente con le difficoltà del caso, perché spesso è difficile trasferire un bambino da una scuola all’altra senza il consenso del padre. Per fortuna il Comune di Perugia ci viene molto incontro».

Una foto della manifestazione a Terni nel 2015

Una foto della manifestazione a Terni nel 2015

Storie a lieto fine Per le donne che si trovano in una situazione di violenza è sempre difficile intravedere una soluzione. Ma conoscere altre persone che affrontano gli stessi problemi le aiuta, così come vedere quelle che sono riuscite a costruirsi una nuova vita. Per Sara Pasquino, allora, è importante non dare troppo spazio al vittimismo: «Bisogna far capire che dalla violenza si può uscire». Si parla spesso di giustizia che non funziona per i tempi lenti con i quali vengono emesse sentenze e provvedimenti cautelari, «ma bisogna dar voce anche alle storie positive». Come quella di una ragazza che, sposata giovanissima, ha sopportato dieci anni di violenze fisiche, economiche e psicologiche fino a quando ha trovato il coraggio di denunciare. Il suo percorso è partito da una corsa all’ospedale con lesioni gravi sul corpo, dopo esser stata picchiata per l’ennesima volta. Aveva deciso di mettere un punto a quella brutta storia. L’ospedale l’ha messa in contatto con il centro antiviolenza e piano piano è arrivata la rinascita. Oggi lei lavora e ha una casa, mentre il marito è in carcere.

Un anno dalla morte di Raffaella Un pensiero oggi, nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne, inevitabilmente va a Raffaella Presta, uccisa dal marito proprio un anno fa a Perugia. «È uno dei tanti casi in cui intorno alla donna uccisa c’erano molte persone che sapevano cosa stava succedendo – denuncia Sara Pasquino – andava al lavoro con un occhio nero eppure quegli episodi venivano “minimizzati”. La donna non trova il coraggio di ribellarsi se non sente l’appoggio di chi le sta vicino». E l’associazione Liberamente donna annuncia che si costituirà parte civile nell’udienza del processo del 2 dicembre: «Non si può parlare di diritti civili finché le donne verranno uccise in questo modo».

Norme per le politiche di genere Le presidenti della Regione Umbria, Catiuscia Marini, dell’Assemblea legislativa dell’Umbria, Donatella Porzi, l’assessore regionale all’Agricoltura, Fernanda Cecchini e la consigliera regionale Carla Casciari commentano la pubblicazione odierna nel supplemento al Bollettino Ufficiale della Regione Umbria della legge regionale su ‘Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini’, recentemente approvata dall’Assemblea legislativa dell’Umbria. Secondo Marini, Porzi, Cecchini e Casciari la legge «frutto di una ampia concertazione, rappresenta un importante passo avanti verso la rimozione degli ostacoli che impediscono la piena parità di genere nella vita sociale, economica e culturale nella nostra regione».

Politiche di genere «È di grande significato simbolico che la nuova legge regionale sulle politiche di genere di cui si è dotata l’Umbria venga pubblicata oggi, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. È per noi donne esponenti dell’Assemblea legislativa e della giunta regionale dell’Umbria un atto particolarmente significativo aver contribuito ad approvare questa legge per la prevenzione e la lotta alle violenze contro le donne», affermano in una nota congiunta Marini, Porzi, Cecchini, e Casciari commentando la pubblicazione di venerdì mattina.

La legge  Hanno proseguito dicendo che «la legge è frutto di una ampia concertazione, rappresenta un importante passo avanti verso la rimozione degli ostacoli che impediscono la piena parità di genere nella vita sociale, economica e culturale nella nostra regione. Il provvedimento, che si interseca con altre politiche e leggi regionali, dà anche ampio spazio alle azioni di contrasto alla violenza sulle donne. Attraverso il provvedimento abbiamo voluto assicurare il diritto alla protezione, all’accoglienza, al sostegno e al soccorso alle donne vittime di violenza maschile e ai loro figli minori, promuovendo un sistema di
servizi di prevenzione e contrasto alla violenza maschile di cui fanno parte il Centro regionale per le pari opportunità, i centri antiviolenza, ma anche i punti di ascolto e di emersione, tra cui quelli di accoglienza
qualificati nelle aziende ospedaliere».

Attenzione al dramma «Le ricorrenze come quella di oggi – sottolineano – contribuiscono a mantenere alta l’attenzione sul dramma della violenza subìta dalle donne da parte degli uomini, e a fare un
bilancio di ciò che è stato fatto e di quanto ancora c’è da fare, come ci ricorda lo stillicidio di una cronaca che continua a riportare come vittime tante, troppe donne. Quindi per accrescere l’efficacia di queste
ricorrenze è importante che esse vengano supportate da azioni concrete, da un impegno mirato e continuativo per prevenire e combatte una piaga intollerabile: ed è questo che ci siamo proposti con la nostra legge sulla cittadinanza di genere».

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