Bigenitorialità, Mori: «No al registro»

«In qualità di donna e madre che purtroppo ha vissuto la drammatica esperienza della separazione, non condivido affatto questa proposta»

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di Emanuela Mori
Consigliere Pd al Comune di Perugia

Martedì è stato discusso in quarta commissione consiliare permanente cultura e servizi sociali un ordine del giorno che propone l’istituzione di un registro comunale per la bigenitorialità, addirittura disciplinato da un apposito regolamento, in cui inserire i nomi di minori, figli di coppie separate. In tal modo sarebbe garantito il diritto alla bigenitorialità ed il minore risulterebbe iscritto in entrambe le residenze dei genitori.

In qualità di donna e madre che purtroppo ha vissuto la drammatica esperienza della separazione, non condivido affatto questa proposta che trovo lesiva nei confronti di ragazzi, già vittime incolpevoli di situazioni che sono costretti a subire e vivere loro malgrado.

Esiste un’apposita legge, la numero 54 dell’8 febbraio 2006, che, introducendo l’affidamento condiviso, in caso di separazione o divorzio dei coniugi, stabilisce che tutte le decisioni inerenti la vita dei figli come l’istruzione, l’educazione e la salute, vengano assunte da entrambi i genitori di comune accordo, tenendo contro delle capacità, dei bisogni e delle loro inclinazioni personali. In tal modo si consente al minore di tenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, evitando l’esclusività di un affidamento che può porre uno dei coniugi in una posizione marginale nei confronti della vita quotidiana del proprio figlio.

L’iscrizione in tale registro invece presuppone, a parer mio, il voler mettere addosso al ragazzo ‘un’etichetta’, la targa di diverso in una società dove purtroppo le separazioni sono sempre più diffuse, ma ancora per fortuna in proporzione minore rispetto alla normale vita familiare. L’egoismo dei genitori non deve relegare in un ghetto i minori dove possano essere ‘elencati e catalogati’ come figli di separati. Le comunicazioni arrivano alle famiglie senza difficoltà, ma occorre certamente che i genitori si facciano parte diligente nel rilasciare il proprio indirizzo per ricevere ogni comunicazione relativa al proprio figlio. Ci sono delle decisioni che necessitano dell’approvazione di entrambi e si tratta di una materia già regolamentata dal codice civile.

In materia di affidamento è il giudice ad avere la competenza e non i Comuni. L’istituzione di questo registro prevede che possa essere un genitore ad iscrivere anche l’altro senza il suo necessario consenso: la richiesta può essere presentata da uno solo dei due genitori senza nemmeno distinguere tra bambini affidati in regime di affido congiunto o esclusivo, quest’ultimo spesso motivato da storie pregresse di maltrattamenti o abusi su donne e minori, in quanto l’affido condiviso potrebbe creare pregiudizio al benessere del minore.

Il compito dell’amministrazione comunale deve essere quello di stare vicino alle famiglie, aiutandole con la mediazione familiare nel difficile momento della separazione o del divorzio, fornendo una valida assistenza per la riorganizzazione delle relazioni familiari e non creando inutili registri di ‘Lettere scarlatte’.

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