Giornalisti e ‘veline’, Cardella: «Superatele»

Alla ‘Stranieri’ di Perugia interessante dibattito su diritto di cronaca e tutela della persona: il Procuratore a colloquio con il Presidente OdG Conticelli e il Rettore Paciullo

Condividi questo articolo su

di Pietro Cuccaro

«Il giornalista deve cercare di procurarsi le notizie in tutti i modi, questo è il suo compito: guai a fermarsi alla ‘veline’ ufficiali». Inaspettatamente, lo stimolo più accorato a non accontentarsi delle ‘verità ufficiali’ arriva dal Procuratore Generale della Corte di Appello, Fausto Cardella.

Un momento dell’incontro a Palazzo Gallenga

Confronto alla Stranieri L’appello agli operatori dell’informazione è giunto nel corso di un interessante dibattito, andato in scena all’Università per gli Stranieri di Perugia, sul tema ‘Diritto di cronaca e tutela della persona’. A discuterne con il Procuratore, c’erano il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti Roberto Conticelli e il Rettore dell’ateneo Giovanni Paciullo. Presenti in platea rappresentanti delle forze dell’ordine, del mondo accademico e dei media.

INTERVISTA A CARDELLA E CONTICELLI (VIDEO)

Diritto/dovere di cronaca «Si parla di diritto di cronaca. Ma – ha sottolineato Cardella – il diritto è nostro, di noi cittadini, il diritto ad avere un’informazione corretta. Per loro è un dovere – aggiunge indicando il presidente Conticelli – ovviamente sempre tenendo in considerazione la rilevanza pubblica della notizia. In merito alla cronaca giudiziaria, la mia opinione è che il giornalista possa scrivere tutto purché non vìoli il segreto investigativo a tutela dell’indagine. Ma il suo compito è quello di cercare notizie e scriverle».

Il ‘giochino’ delle indiscrezioni «Io lo immagino così – spiega Cardella con disarmante semplicità – quando un giornalista viene da me, io tento di non dargli le informazioni. Ma il giornalista deve cercare di procurarsele. In tutti i modi. Perché deve esercitare il controllo sulla Magistratura che è suo dovere mettere in atto. Non può limitarsi alla velina del procuratore, del giudice, del carabiniere. Certo, ci vuole anche quella perché serve la versione ufficiale e istituzionale. Però le notizie deve andare a cercarsele. E una volta che ne è venuto in possesso deve scriverle. Ovviamente entro i limiti di legge».

Intercettazioni: pubblicare o no? «Quando in redazione arrivano le intercettazioni – sottolinea Conticelli – siamo sempre combattuti: da un lato c’è il sacrosanto diritto/dovere di cronaca, dall’altro c’è la preoccupazione di poter nuocere a qualcuno». Su questo aspetto, Cardella fornisce alcuni punti di riferimento per capire come non commettere errori: «La mia opinione è che bisogna capire se ci sia o meno il presupposto dell’interesse pubblico e, quando si scrive, stare attenti all’enfasi. In linea di massima, l’indirizzo comune dice che è pubblicabile ciò che è penalmente rilevante, non sarebbe pubblicabile ciò che non lo è. Io non sono d’accordo. Perché, magari, sapere che due persone sono andate a cena può non essere penalmente rilevante, ma avere una rilevanza fondamentale da un punto di vista dell’informazione. A quel punto il giornalista ha il dovere di pubblicare la notizia, in qualsiasi modo ne sia venuto a conoscenza. Ovviamente, a patto che sia vera».

I tempi del giornalismo «E poi – aggiunge il Procuratore – pur volendo sposare il criterio della ‘rilevanza penale’. Chi la decide? In teoria il giudice. Ma i tempi della giustizia sono infinitamente più lenti di quelli del giornalismo. Come si può pretendere che i giornalisti aspettino le decisione dei giudici per capire se i fatti di cui sono venuti a conoscenza siano penalmente rilevanti? Non solo non è giusto, ma è impossibile pretendere che un giornalista non pubblichi una notizia».

Roberto Conticelli

Serve una nuova legge «La posizione di Cardella mi trova pienamente d’accordo – dice Conticelli – purtroppo scontiamo anche ritardi legislativi: da anni aspettiamo una legge sulle intercettazioni, siamo stati convocati tempo fa dalla Presidente Finocchiaro per una legge che sembrava cosa fatta, ma che purtroppo è ancora lettera morta. Ci aspetteremmo come categoria, sì controlli, sì punizioni, sì norme strette sulle intercettazioni, ma anche una diversa attenzione al nostro lavoro e al destino della carta stampata (e dell’informazione in generale) in Italia. Il giornalismo sta morendo. La carta stampata vende sempre meno, senza peraltro che a ciò corrisponda una crescita di internet, perlomeno dell’informazione giornalistica su internet. Abbiamo invece il proliferare si siti non giornalistici che veicolano fake news. E, in tv, sta invece crescendo il ‘barbadursismo’ dei contenitori televisivi pomeridiani, condotti spesso da non giornalisti, che producono tanto spettacolo e poca informazione, peraltro distorna, con la caccia al ‘prendere posizione’, l’uno contro l’altro, a noi non interessa».

Fausto Cardella

Ma anche sanzioni giuste «Al termine di questo discorso va però chiarita una cosa – conclude Cardella – va benissimo dare la massima libertà al giornalista nel suo lavoro, ma poi quando sbaglia deve pagare. E su questo bisogna che anche i giornalisti prendano posizione: il carcere non piace a nessuno, le sanzioni pecuniarie vengono considerate esagerate, ma in qualche modo bisognerà punire chi commette un reato di diffamazione a mezzo stampa, che è un reato grave. Non potete sempre nascondervi dietro il fatto che scrivete di fretta. Una soluzione potrebbe essere la radiazione dall’albo, a patto poi che chi ha sbagliato non scriva più per davvero. Invece abbiamo visto, nei pochi casi in cui questa sanzione è stata messa in atto, si usa l’escamotage dello pseudonimo e tutto resta come prima».

Articolo 21, garanzia o limite? Interessante evidenziare come il confronto si sia sviluppato giungendo a conclusioni diverse dalle premesse. La discussione è partita dalla considerazione che il giornalismo è tutelato dall’articolo 21 – a garanzia della libertà di espressione del pensiero – da cui poi si emanano tutte le norme sulla stampa. Su questo aspetto, il Rettore Paciullo ha compiuto un interessante excursus ricordando i principali riferimenti teorici alla base della attuale giurisprudenza. Alla fine della conversazione, però, tutti gli oratori si sono ritrovati d’accordo sul fatto che un controllo su chi scrive sia assolutamente necessario e come l’eccesso di ‘opinionismo’ sia uno dei limiti dell’attuale giornalismo. Fino ad arrivare all’assurdo – lo ha ricordato il Procuratore Cardella – di identificare (come fanno alcuni) il reato di diffamazione come un reato di opinione. Sembra quindi giunto il momento – e Conticelli lo ha sottolineato anche a microfoni spenti – che il Parlamento si decida a rivedere l’impianto normativo che regola l’informazione italiana, tutelando i giornalisti nell’esercizio della loro funzione, ma al tempo stesso garantendo a lettori e spettatori il sacrosanto diritto a fruire di un’informazione corretta, equilibrata e professionale.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli