Legge elettorale, un dialogo tra sordi

Maggioranza e opposizione restano ferme sulle rispettive posizioni

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Ore e ore – più di sette – per poi tornarsene a casa ciascuno con la stessa convinzione con la quale ne erano usciti al mattino. In consiglio regionale è andata in scena lunedì – e martedì mattina si replica, prima di fare la conta – la prevista sfilata di opinioni diverse sulla nuova legge elettorale, che prevede l’abolizione del listino, l’elezione del presidente in un turno unico e con collegio unico, la doppia preferenza di genere, la riduzione spese elettorali.

La maggioranza Ovviamente certi che quella proposta sia una buona legge elettorale, gli esponenti della maggioranza, anche se Andrea Smacchi (Pd), che è anche presidente della commissione statuto che ha licenziato il testo, ha rivolto un «invito ai colleghi a fare un ulteriore sforzo per riaprire un confronto costruttivo sul testo al fine di mettere a disposizione della nostra Regione la migliore legge elettorale possibile in questo particolare contesto storico».

Gli interventi Per Lamberto Bottini (Pd): «il superamento del ‘listino’ è un punto centrale della proposta. Un risultato da sottolineare, che favorisce la partecipazione. Anche il turno unico non è una proposta marziana». Secondo Massimo Buconi (Psi): «Non esiste una questione di democraticità nel fatto che chi ha preso più voti vince. Il consigliere deve rappresentare tutto il territorio regionale, svincolandosi dal proprio collegio». Mentre Luca Barberini (Pd) parla di «una proposta di legge nata alla luce del sole e a seguito di dibattiti politici all’interno dei partiti. Gli elementi positivi di questa legge sono basati sul ruolo autentico assegnato all’elettore, chiamato a scegliere tutti i componenti dell’assemblea legislativa». Manlio Mariotti (Pd) spiega: «Il testo è un punto di sintesi difficile, è tenere insieme alcuni principi e valori. La preferenza di genere è un punto non eliminabile se vogliamo la piena rappresentanza. Le regole possono aiutare a vincere meglio e avere governabilità, ma è sbagliato dire che è stata scelta una strada per far vincere qualcuno».

La minoranza Per Damiano Stufara (Prc-Fds), relatore di minoranza, «il dato di fondo è che arriva in aula una proposta segnata da un atto di arroganza politica che l’Umbria rischia di pagare caro. La dice lunga il fatto che sia io a dover presentare la relazione di minoranza, come effetto di una forzatura praticata sulle regole del gioco. Regole che dovrebbero essere costruite insieme da maggioranza e minoranza. Una bocciatura della legge elettorale da parte della Consulta minerebbe l’autorevolezza del nuovo esecutivo regionale. Cerchiamo le opportune mediazioni per evitare quel rischio e allargare il consenso».

Gli interventi Raffele Nevi (Fi) dice che «in nessuna Regione c’è il collegio unico, perché in questo modo si allontana l’eletto dal cittadino. Vengono poi danneggiati i territori minori, montani e marginali, delle province di Perugia e di Terni». Per Alfredo De Sio (FdI) si tratta di «una proposta che esprime una impostazione arrogante ed autarchica del Partito democratico che rende chiaro il deficit di futuro della Regione e di democrazia rappresentativa». E Massimo Mantovani (Gm-Up) dice che «ci troviamo di fronte ad una proposta di legge antidemocratica ed anticostituzionale, che se verrà approvata, mi adopererò per portare avanti ogni iniziativa di contrasto, fino a raccogliere le firme dei cittadini elettori da inviare al presidente della Repubblica Sergio Mattarella». Per Sandra Monacelli (Udc) «la riduzione dei consiglieri è scelta condivisa, ma l’abolizione del listino è stata solo una finta, si è fatto finta di cancellarlo sostituendolo con un listino ‘finto’. Il punto che fa gridare allo scandalo è l’attribuzione del premio di maggioranza». Rocco Valentino (Fi), invece, lancia un avvertimento: «Con questa legge elettorale preparate il funerale dell’Umbria. Non mi meraviglio che la proposta di legge elettorale sia partita dalla sede del Pd. Mi meraviglio, invece, che il Partito Democratico possa pensare di farla da padrone. In commissione non si è voluta la partecipazione dell’opposizione, facendoci arrivare a discutere gli emendamenti in aula. È inconcepibile pensare che i consiglieri regionali non siano espressione dei territori umbri».

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