«Non funziona nulla, troppi ‘scusate’. E perdiamo i più deboli»

Terni – Cruda lettera di una donna alle prese con il Covid: «Senza questo sfacelo, si poteva salvare qualcuno? Questo senso di impotenza ci resterà dentro»

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Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una donna ternana, insegnante di una scuola dell’infanzia, che racconta la sua esperienza – per molti aspetti drammatica – con il Covid.

Lettera firmata

La mia non è una denuncia, ma un dato di fatto: siamo allo sfacelo. Fatevelo dire da chi ha vissuto in prima persona ed ha toccato con mano i disservizi che accompagnano i malati di Covid. Abbandonati, privi di sostegno, impotenti. È inutile che vengano inviate le notifiche di positività al decimo giorno di quarantena con le notizie riguardo la raccolta dell’Asm, alla spesa online ed ai farmaci a domicilio. Grazie, ma dopo dieci giorni ci siamo dovuti organizzare da soli.

È inutile che la Usl chiami il positivo sei giorni dopo il referto per conoscere il nome dei contatti, che però poi non contattano, e quindi sono liberi di contagiare a loro volta. La stessa Usl che durante la telefonata al positivo, lo rassicura che verranno a fare il tampone ai genitori con febbre e probabilmente positivi (domenica), sempre la ASL che su sollecitazione mercoledì risponde che non spetta a loro avviare al procedura del tampone («l’operatore vi ha informato male, scusate…») ma dal medico di famiglia.

Il medico di famiglia, che non può visitare a domicilio, che sommerso da una cosa troppo grande evita di rispondere se non quando portato allo sfinimento (ma in realtà lo sfinito sei tu). E tu, malato, che lo solleciti a richiedere il tampone per i suoi due pazienti anziani che lo stanno aspettando da cinque giorni.

L’Usca che finalmente venerdì viene ma che le risulta un solo nominativo e solo perché mossi a compassione lo fanno finalmente a tutti e due, ma non fanno la visita – ma come? A me l’avete fatta subito -, quella domani. Visita ottenuta, non mi vergogno a dirlo, grazie a conoscenze. Ma è stato troppo tardi. Una delle due persone anziane, priva di patologie, non ha fatto in tempo: 35 minuti dall’arrivo del 118 e la morte, con l’altra ricoverata d’urgenza.

E un dubbio a questo punto mi assale. Ma se tutto avesse funzionato come ci fanno credere che vada, se ci fosse un tampone quando richiesto, una visita celere, coordinata, se tutti avessero comunicato nella maniera giusta, se non avessimo dovuto noi improvvisarci medici e decidere se dare o no l’antibiotico, si sarebbe potuto salvare?

Invece di arrabattarci tra la rete di disperati come noi, che isolati a casa si sono scambiati i numeri di telefono recuperati dalla telefonata fatta da quell’operatore tanto gentile dell’Usca o da quel medico disponibile del distretto. Se avessimo avuto dei punti di riferimento stabili invece che sentire quale terapia abbiano dato a te o al tuo vicino di casa. Forse no, ma se continuiamo con questo caos non moriremo di fame, ma di Covid.

In questi giorni ho sentito troppe volte la parola ‘scusate’. «Scusate non è colpa nostra», «scusate vi abbiamo informato male», «scusate, qui è un gran caos». Sono le stesse scuse che rivolgo ai genitori dei bambini della mia scuola: scusate dovete portare il certificato medico, scusate non serve più, scusate il bambino raffreddato non entra, anzi sì. Scusate porto l’FFP2 a mie spese e sotto la mia responsabilità invece della chirurgica, scusate se un minimo mi tutelo (ma non è bastato).

Aprite gli occhi: non funziona niente. Professionisti ed operatori buttati al macello non possono resistere ed il sistema implode su chi si trova a vivere direttamente tutti i disagi, oltre la malattia. Questa è una guerra, una guerra annunciata, e stanno perdendo i più deboli. Non è giusto che conosca la verità solo chi entra nel girone infernale. Vi prego, non fate credere a chi sta ancora in salute che se dovesse ammalarsi sarà tutelato, assistito, monitorato. Il senso di impotenza e di abbandono sarà difficile da dimenticare, resterà come una cicatrice che mi ricorderà il fallimento di chi dice di governarci.

P.S. Mentre scrivo aspetto la notifica che mi permetterà di uscire in quanto raggiunti i 21 giorni dal primo tampone, ma auguratemi buona fortuna: giorni e giorni per ricevere pure questa.

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