«Restiamo umani: doniamo sangue»

Lettera di un donatore di Terni che spiega perchè da oltre 25 anni continui a compiere un gesto semplice e utile

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lettera firmata

Dono sangue da oltre cinque lustri. E da oltre cinque lustri sono associato all’Avis comunale di Terni. Avevo 21 anni quando decisi di varcare la soglia del Sit dell’ospedale ‘Santa Maria’, non per necessità specifiche ma con la volontà di fare del bene a qualche sconosciuto bisognoso. Ero una ‘mosca bianca’: il primo donatore della mia famiglia e l’unico tra i miei amici. Era la metà degli anni ’90 e il centro emotrasfusionale, allora, era una sorta di sottoscala, nascosto e alquanto buio, che certo non invitava le persone a farsi avanti. Eppure, nonostante tutto, non mi feci intimorire e compii quello che poi mi cucii addosso come un periodico dovere.

Quando nel 1998 fu inaugurato il nuovo padiglione, anche grazie all’aiuto finanziario autonomo di tanti cittadini ternani, tutto divenne più facile. L’ambiente più spazioso, luminoso e attrezzato consentì agli operatori di lavorare in condizioni migliori e ai donatori di sentirsi maggiormente a proprio agio. Sono trascorsi tanti anni e la carenza della ‘rossa fonte di vita’ che ci scorre nelle vene è andata crescendo, un po’ per le regole più stringenti giustamente introdotte a tutela dei malati-riceventi, un po’ per la minore propensione della gente a recarsi in ospedale.

In effetti, senza un ricambio generazionale che renda consapevoli e che introduca i giovani alla donazione sanguigna, in sostituzione di chi debba cedere il passo per sopraggiunti limiti di età, la situazione non potrà che peggiorare. Il sangue sintetico non esiste, ecco perché è importante ‘donarsi un poco’, almeno un paio di volte l’anno. Oggi sono tornato laddove tutto ebbe inizio: ho trovato tante persone di buon cuore accanto a me, pronte a fare del bene in maniera anonima, disinteressata e gratuita. Eravamo tanti, ma eravamo comunque troppo pochi… Non amo fare proselitismo, eppure reputo che raccontare cosa significhi porgere il proprio braccio verso un ago e una sacca, vedendo sgorgare il proprio ‘calore vitale’ in grado di salvare un altro essere umano, sia un obbligo morale verso la comunità.

Non aspettate che un vostro familiare, un vostro amico, un vostro conoscente o che voi stessi abbiate necessità di sangue: fate finalmente quel passo a mezz’aria che per pigrizia o per superabili paure non siete mai riusciti a concludere e recatevi al Sit del ‘Santa Maria’. Ne uscirete più forti e intimamente orgogliosi e felici. Post scriptum. Un appunto al direttore sanitario dell’ospedale e un suggerimento al drettore del Sit. Credo che debbano essere riviste le recenti procedure d’ingresso dei donatori, che, per poca organizzazione, rendono logisticamente caotica la gestione di chi prenoti la donazione attraverso l’Avis e chi, d’altro canto, si metta ordinatamente in coda munendosi semplicemente del ‘numeretto’ d’ingresso. Prendersi cura dei donatori vuol dire continuare a prendersi cura dei malati.

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