Terni: «Sicuri che le cliniche private funzionino bene?»

A porre la domanda – e a dare una risposta in base all’indagine del dottor Romagnoli (Isde) – è Battista Garibaldi di Rifondazione Comunista

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di Battista Garibaldi
coordinamento provinciale di Rifondazione Comunista – Terni

Sulla vicenda stadio/clinica privata non poco ha pesato, nell’opinione pubblica ternana, la constatazione che nella provincia di Perugia già operano, da tempo, cinque strutture sanitarie private, convenzionate col sistema sanitario regionale, e nessuna nel ternano. Questo fatto è visto come una mancanza per il nostro territorio, l’ennesimo sopruso dei cugini perugini, una penalizzazione a cui porre subito rimedio, sposando il progetto della nuova clinica privata da realizzare in città. Ma cosa fanno queste cinque cliniche private perugine convenzionate? Quali cure offrono? Quale è la qualità delle loro prestazioni? Sono domande che sembrano decisive, ma che a Terni nessuno, fino ad ora, risulta avere posto.

A questo preciso scopo è utilissimo il contributo offerto da Carlo Romagnoli, presidente dell’Isde Umbria, che, proprio di recente, ha prodotto uno studio denominato ‘Quanta salute producono le cliniche private convenzionate in Umbria?’, sulla base delle informazioni prodotte dal Pne (Programma nazionale esiti), gestito da Agenas per conto del ministero della Salute. Il Pne fornisce, a livello nazionale, valutazioni comparative di efficacia, sicurezza, efficienza, qualità delle cure, prodotte dai soggetti erogatori quali aziende sanitarie, ospedali pubblici e privati accreditati, sulla base delle schede che ogni istituto ha l’obbligo di redigere al momento della dimissione del paziente.

Lo scopo del Programma non è quello di produrre classifiche, graduatorie, giudizi, ma strumenti di valutazione oggettivi, finalizzati al miglioramento dell’efficacia e dell’equità del sistema sanitario nazionale. Il dottor Carlo Romagnoli ha estrapolato i dati, dell’anno 2019, relativi all’assistenza ospedaliera fornita alla popolazione residente nella Usl 2 dell’Umbria, ovunque ricoverata, quella fornita dall’azienda ospedaliera di Terni ed infine quella fornita dalle case di cura private convenzionate di Perugia e Foligno.

I risultati del complesso studio, si possono così sintetizzare: per quanto riguarda i circa 381 mila residenti della Usl 2, su 75 cause di ricovero (le più importanti), sono stati misurati, da indicatori specifici, gli esiti (sopravvivenza, complicanze, reinterventi, rericoveri) che sono stati a loro volta confrontati, per le stesse casistiche, con quelli ottenuti nelle altre Usl italiane. I dati del 2019 sono stati confrontati poi con quelli del 2018 ed infine il confronto è stato fatto anche sui tempi di attesa che ha dovuto sopportare la popolazione della Usl 2, prima di poter accedere alla prestazione. Ne emerge che la popolazione del centro-sud dell’Umbria ha goduto di esiti ‘non peggiori rispetto la media nazionale’.

Per quanto riguarda l’assistenza nell’azienda ospedaliera di Terni, sono disponibili i dati su 71 delle 75 patologie/condizioni valutate per la popolazione residente nella Usl 2. I dati degli interventi del nosocomio ternano, nel 2019, hanno dato esiti ‘buoni o nella media nazionale e non evidenziano aree cliniche con livelli di qualità bassi o molto bassi’. Per quanto riguarda le quattro case di cura di Perugia, sulle 75 cause di ricovero valutate dal Pne per la popolazione residente della Usl 1, abbiamo:

  • ‘Porta Sole’, i cui volumi di attività coprono 31 cause di ricovero sulle 75 valutate. Ma delle 31, solo 3 hanno una numerosità di casi sufficienti per produrre misure di rischio, che ‘in nessun caso evidenziano benefici significativi per i ricoverati’;
  • ‘Liotti’, i cui volumi di attività coprono 25 cause di ricovero sulle 75 patologie analizzate per i residenti della Usl 1, con 6 cause di ricovero che hanno numerosità sufficiente che, comunque, ‘in nessun caso evidenziano benefici significativi per i ricoverati’;
  • la casa di cura ‘Lami’ ha volumi di attività che coprono solo 8 cause di ricovero sulle 75 di riferimento, con concentrazione sulle attività ortopediche. Nel caso di questa clinica, delle 8 cause su cui lavora, 6 hanno una casistica sufficientemente numerosa per produrre misure di rischio, che, anch’esse, ‘in nessun caso evidenziano benefici significativi per i ricoverati. Mentre per gli interventi di artroscopia al ginocchio il rischio di reintervento a sei mesi è doppio rispetto la media nazionale, con valori statisticamente significativi’;
  • la quarta casa di cura perugina, ‘Villa Fiorita’, ha solo 4 cause di ricovero sulle 75 analizzate e solo per 2 di esse si ha numerosità sufficiente a produrre misure di rischio, ‘che evidenziano, per gli interventi di artroscopia al ginocchio, un rischio di reintervento cinque volte superiore alla media nazionale, con valori statisticamente significativi’;
  • per quanto riguarda, infine, la casa di cura ‘Villa Aurora’ di Foligno, i volumi di attività coprono solo 4 tipologie di prestazione sulle 75 patologie in esame della popolazione della Usl 2, con una casistica chiaramente insufficiente a produrre misurazioni significative.

Le conclusioni del dottor Romagnoli sono chiare: ‘I dati disponibili del 2019 del Pne indicano che l’assistenza ospedaliera erogata dalla Usl 2 garantisce, alla popolazione residente, esiti di buona qualità, confrontabili con quelli offerti in media alla popolazione italiana e che analogo livello di qualità emerge per quanto riguarda l’ospedale di Terni. Le strutture sanitarie private convenzionate, attive a Perugia e Foligno, non producono esiti di qualità; emergenza urgenza, terapia intensiva e rianimazione non sono garantite dalle case di cura. I guadagni di salute attesi da ricorso a nuove cliniche private, a Terni ed altrove, potrebbero essere inferiori alle aspettative’.

A Terni il dibattito sulle strutture sanitarie, fino a qualche mese fa, era tutto imperniato se ristrutturare l’attuale ospedale Santa Maria di Colle Obito o rifarlo ex novo ed, in questo caso, dove situarlo. Non era mai stata avvertita l’esigenza, il bisogno di una struttura sanitaria privata. Poi l’accellerazione di quest’ultimo periodo con la mobilitazione dei tifosi, le migliaia di firme sulla petizione popolare ed il voto unanime, favorevole, di tutte le forze politiche presenti a palazzo Spada. Il senso comune della superiorità del pubblico, maturato in anni di esperienza, accantonato in un attimo. Senza entrare nel merito delle altre numerose criticità del progetto-scambio (quali, ad esempio, quello dei costi delle convenzioni), è bene ricordare che il processo di privatizzazione, attraverso il sistema di accreditamento delle prestazioni e dei servizi, è stata la prima causa dell’indebolimento del sistema socio sanitario pubblico nazionale di quest’ultimi decenni. Un depotenziamento, spinto dall’interesse privato, che è costato e sta costando caro a tutti gli italiani e che bisogna arrestare e non assecondare. Forse siamo ancora in tempo a fermarci e riflettere sulle scelte future della nostra sanità e della nostra città.

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