Ostello Ponte Felcino: «Non siamo razzisti»

Perugia, il comitato di cittadini che ha raccolto 400 firme vuole vederci chiaro sulla gestione di Villa Giardino. «Quella di ‘Arci Solidarietà’ è accoglienza o business?»

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L.P.

Non ci stanno i cittadini di Ponte Felcino ad essere tacciati di razzismo. Non ci stanno, sicuramente, gli oltre 400 che hanno firmato una petizione per chiedere al sindaco di Perugia Andrea Romizi di restituire l’ostello Villa Giardino alla comunità.

Divisi Da ottobre il quartiere alla periferia del capoluogo è praticamente spaccato in due. In tanti aiutano, danno una mano e portano ogni tanto coperte e vestiti agli ospiti di Villa Giardino, i richiedenti asilo ospitati in quello che, un tempo, era un ostello della gioventù. Ma quasi la metà della popolazione vorrebbe invece che la struttura fosse restituita alla comunità. «Ponte Felcino è un quartiere già abbastanza difficile», raccontano. «Non siamo contro gli stranieri – afferma Filippo Peducci, uno degli esponenti del comitato – ma vogliamo vederci chiaro. Questo è un edificio pubblico, è quindi giusto adibire questa struttura all’accoglienza dei profughi?».

Villa Giardino La struttura, infatti, viene gestita dall’Aig, l’associazione italiana alberghi per la gioventù, dopo che negli anni ’90 il comune l’ha acquistata per 160 milioni di lire e l’ha ristrutturata in un’ottica di ampliamento della rete turistica cittadina. L’Aig mise la propria parte per il restauro e ottenne quindi la gestione per 28 anni. Una struttura turistica che, con l’emergenza sbarchi, si è quindi trasformata in struttura di accoglienza gestita da Arci Solidarietà, come l’ostello Spagnoli a Perugia, per ospitare una parte di quei 1288 immigrati che il ministero dell’Interno ha previsto vengano accolti in tutta la provincia.

Accoglienza o business? «Come Mafia capitale ci insegna – prosegue Peducci – bisogna tenere gli occhi aperti quando si parla di accoglienza. La Prefettura indica che le strutture di accoglienza devono avere -preferibilmente- una capienza massima di 40 persone, qui ce ne sono sempre di più, anche 90. Chi ci guadagna?». Una domanda che parte dei residenti hanno posto direttamente ai responsabili di Arci Solidarietà nel corso di un incontro che si è svolto lo scorso novembre dal titolo ‘Welcome, più conosci meno temi’. Un’assemblea pubblica per discutere di immigrazione senza pregiudizi ma durante la quale, evidentemente, non sono state fornite tutte le risposte che una parte della cittadinanza cercava.

Business? «Che cosa faceva Arci Solidarietà prima dell’emergenza sbarchi? E, soprattutto, cosa fa adesso? Quando abbiamo chiesto di vedere i bilanci ci hanno detto di andarli a cercare sul loro sito internet» commenta Peducci. Le domande dei residenti sono quindi rimaste senza risposta: chi prenoterà mai una stanza se l’ostello è sempre pieno di immigrati?Chi si occuperà di pulire e sistemare quando se ne andranno? Chi paga per questi servizi?

L’ostello Chi abita a Ponte Felcino sa bene quanto Villa Giardino sia stata sempre una struttura effettivamente poco ricettiva, sia per la posizione sia anche per i collegamenti mai implementati con Perugia. «Ora però – dicono – questo posto è ancora più tagliato fuori dalla città. Noi non siamo razzisti, sappiamo che questi ragazzi, giovani, uomini e donne con bambini al seguito, sono in fuga da guerre e povertà ma questo è già un quartiere difficile, che ha fatto fatica nel tempo a trovare un equilibrio nell’integrazione con gli stranieri che stanno qui da anni». Un quartiere melting pot, dunque, spesso teatro di episodi di violenza e criminalità, ma in cui gli stessi stranieri residenti hanno messo la propria firma contro l’ostello.

Problemi «No, non è colpa loro se la criminalità è aumentata – ammette Peducci – ma spesso di notte, quando è estate, si sentono schiamazzi e questi giovani rimangono in giro fino a tardi. In primavera sono stati visti urinare davanti alla scuola, altrove si erano accampati e stendevano i panni in mezzo alla strada oppure lasciavano in giro i resti del pranzo, piatti e stoviglie. Per questo riteniamo non sia il luogo adatto per ospitarli». In attesa di fare chiarezza sugli aspetti amministrativi dell’intera vicenda, il comitato ha intanto deciso di portare le firme al sindaco e al prefetto. «In un momento storico in cui si taglia ovunque e si fa fatica ad arrivare a fine mese – dicono – non ci sta bene che lo Stato spenda tutti questi soldi per l’accoglienza quando le nostre imprese falliscono e nessuno ci aiuta».

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