A San Gemini una mostra per ricordare Emilio Fioroni

È stata allestita a palazzo Vecchio, nel cuore del borgo ternano: spazio a ‘Il sapore della vita’

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Una mostra per ricordare e non dimenticare Emilio Fioroni. Pittore, filosofo e uomo che ha lasciato il segno. È stata allestita a palazzo Vecchio, nel cuore di San Gemini: a parlarne è la professoressa Samuela Dolci dei licei Angeloni di Terni. I curatori della mostra sono la storica dell’arte Isabella Cruciani e l’operatore culturale Franco Profili.

LA 49° GIOSTRA DELL’ARME

‘Il sapore della vita’, l’arte informale di Emilio Fioroni

«Nella mia pittura, mentre è manifesta la sottomissione dell’anima alla prorompente intelligenza della materia, attraverso il segno ed il colore voglio esprimere la speranza di un divenire di liberazione e di elevazione dello spirito dell’uomo». Emilio Fioroni. Un pittore, un filosofo, un uomo. Il sapore della vita, il grigiore dell’esistenza, lo spirito che si apre alla speranza, un’anima ansimante di libertà. Ricordare per non dimenticare. La mostra promossa dai figli di Emilio Fioroni, Fabrizio, Laura ed Elisabetta, moglie di Riccardo Fioroni, allestita presso Palazzo Vecchio nel centro storico di San Gemini in concomitanza della Giostra dell’Arme 2022, suggerisce a non lasciarsi trasportare dalla vita fluida, dove tutto scorre così velocemente, che certe volte sembra di annegare. L’esposizione delle opere, risalenti agli anni ’60, non è una semplice rilettura del percorso della vita artistica di Emilio, bensì la massima espressione del genio creativo contemporeneo, di un uomo vittima dei postumi della Seconda Guerra Mondiale. La scelta di un’Arte Informale come rifiuto di forme e figure circoscritte e definite, a favore di un accumulo di materia, colori e segni, l’emblema dell’Io vacillante tra le macerie che non si dà per vinto e lotta nel tentativo di superare il vuoto provocato dalla distruzione. Il soggetto trova riscatto nell’oggetto. La materia si dissolve, strepita, urla, fuoriesce dalle tele. Lo spettatore riesce a sentirla e da essa è rapito, catturato. Gli oggetti di scarto sono stati recuperati, manipolati, incollati sulla superfice screpolata, ruvida, anch’essa deformata. Niente è perduto. Recuperare il recuperabile, significa stabilire un legame alchemico con il passato, intessere delle vibrazioni che permettano di entrare in risonanza con la storia, per risvegliare così la coscienza collettiva di un artista che merita di essere riconosciuto e valorizzato. Grazie Emilio, perché insegni che pensare ed essere sono in costante correlazione».

Il lavoro per la mostra ed il significato

I curatori Cruciani e Profili specificano in merito alla mostra che ci hanno lavorato – oltre alla famiglia Fioroni – anche «un gruppo di operatori ternani. In tempi in cui le porte continuano a spalancarsi per operatori e critici che, ben remunerati, vengono chiamati da altri territori a lavorare a Terni come se qui non esistessero valori e professionalità capaci, questa scelta da parte della famiglia aggiunge particolare valore alla mostra ed è in linea con il pensiero di Emilio che ha continuato per una vita a lavorare alla sua Arte senza mai staccarsi dal patrimonio della propria terra. Questa piccola antologica dimostra gli assoluti valori dell’Arte pensata e realizzata nei piccoli territori marginali alle metropoli. Con questa operazione culturale abbiamo sì dato una parte dei riconoscimenti che l’Artista ed uomo Fioroni meritano, ma anche posto in discussione un sistema dell’Arte in cui alla voce ‘Storia’ saltano e sono ignorate importanti figure; Emilio Fioroni non è solo un artista ternano è uno dei grandi artisti che, nella seconda metà del ‘900 ha contribuito alla diffusione dell’arte Informale in questa terra umbra. Nella poetica – proseguono – dell’artista non figura il tema della guerra mentre invece le ‘superfici ruvide e butterate, tutte giocate sui toni del grigio, diventano funzionali per denunciare l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali del mondo moderno che rischia di soffocare il fragile mondo naturale. Già negli anni ’60 l’Artista avvertiva il pericolo di un consumismo di massa che rischia di trasformarci in automi in cui l’agire viene dettato dall’esterno piuttosto che da reali bisogni ed esigenze personali’ (come specificato nel testo in catalogo)».

 

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