Bassetti: «Ius Soli, difendere la vita»

Il Cardinale di Perugia: «Questione che riguarda la dignità umana». Poi su famiglia e povertà: «Fare un figlio oggi è come scalare il Monte Bianco»

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L’Arcivescovo di Perugia Città della Pieve, Cardinale Gualtiero Bassetti, parla al quotidiano Avvenire di Ius Soli e Ius Culturae, ma anche di lavoro, povertà e famiglia.

Politiche di integrazione «La Chiesa è in prima linea da molto tempo, non certo da oggi, senza bisogno di riflettori e di prime pagine, per favorire una politica di integrazione che vada nell’interesse di tutti: dei migranti e di chi accoglie. Ovviamente le leggi sono il frutto dell’incontro tra gli uomini e quindi possono essere migliorate. Alla Politica (con la P maiuscola, quella che guarda veramente al bene comune) il compito di trovare la soluzione migliore che riesca a coniugare responsabilità e accoglienza e a salvaguardare tradizioni culturali e nuove sensibilità».

Questione di dignità «A chi solleva obiezioni sul tema e sul disegno di legge rispondo che il fenomeno dei migranti riguarda la più intima dignità delle persona umana e le basi costitutive della società moderna. Una società che è sempre più complessa e soprattutto sempre più plurale a cui non bisogna rivolgersi con paura e terrore ma, all’opposto, con grande realismo e concretezza, da opporre a chi cavalca le paure insite nella fragilità dell’animo umano».

Carità politica «La carità può essere sviluppata in due modi: una carità cristiana, che ha come unica destinazione la persona umana sofferente, e una carità politica (come diceva Paolo VI) che è sinonimo di sviluppo, di integrazione e di accrescimento del Paese che accoglie. I poveri in Italia sono tanti, l’Istat li quantifica in 8 milioni e più della metà di questi non ha il minimo indispensabile per vivere: essenzialmente giovani, donne e famiglie. Oggi mettere su famiglia in una grande città italiana, senza avere l’aiuto dei nonni e con un lavoro precario, è un atto di eroismo paragonabile alla scalata in solitaria del Monte Bianco».

Lavoro, un’incognita «La questione principale è sempre il lavoro e poi l’assoluta necessità di autentiche politiche per la famiglia. Le famiglie non possono più essere lasciate sole. Sono decenni che lo ribadiamo con forza: le famiglie vanno sostenute e aiutate con convinzione, e non solo a parole, perché rappresentano il futuro della dell’Italia. Sia da un punto di vista sociale che anche da un’ottica economica. Bisogna credere e investire di più sulla famiglia».

Professione di mamma «Avere un figlio non può essere considerato un peso per la società ma deve essere visto come una ricchezza da valorizzare. La natalità ovviamente si lega al rapporto importantissimo tra maternità e lavoro per le donne. Un rapporto che forse va ripensato. Ma mi riferisco anche a quelle donne che, come dicono a Perugia, svolgono la professione di mamma, cioè non lavorano in un’azienda ma si occupano tutti i giorni dell’economia familiare e dei figli: questo è un ruolo che deve essere socialmente riconosciuto ed economicamente incentivato. E infine penso anche alle scelte educative nella scuola. In queste scelte devono valere due principi fondamentali: la libertà educativa delle famiglie e l’irrinunciabile difesa dei diritti del bambino».

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