Dante Barbetti, uomo e commerciante vero

Capace di ‘piegare’ la modernità alle esigenze di una città di provincia

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Un ricordo ‘personale’, ma non condizionato dai sentimenti, corredato peraltro da un’immagine che contribuisce a meglio comprendere la ‘portata’ del personaggio: una delle poche – sono quattro o cinque – relative a Terni e conservate nel ‘Sistema archivistico nazionale’. Forse significa qualcosa.

di Walter Patalocco

Dietro quell’aspetto burbero si nascondevano una sensibilità e una capacità di dare amicizia e affetto che sorprendevano chi s’era limitato al primo colpo d’occhio.

Dante Barbetti non è stato solo il titolare di uno dei negozi di abbigliamento ‘in’ della città: egli era soprattutto un commerciante, di quelli veri, che non avevano tirato su le saracinesche solo perché non avevano altro da fare.

E’ stato un imprenditore nel vero senso della parola, uno capace di fare sempre i conti e misurarsi con la modernità, le novità da accogliere, magari da ‘piegare’ alle esigenze particolari di una città di provincia, ma comunque da valutare e affrontare con coraggio, cavalcandole.

Sarà che ce l’aveva nel sangue: raccontava con una certa soddisfazione che suo padre, colui che aprì quel negozio di Corso Tacito, fu il primo parrucchiere per signora di Terni e che il mestiere era andato a impararlo a Parigi.

Già, a Parigi… Quando la capitale francese rappresentava l’avanguardia del buon gusto, dell’eleganza e – perché no? – dell’agiatezza. Il primo coiffeur, a Terni, e insieme la vendita di pelletteria, la bigiotteria, i profumi, i foulard e poi le cravatte.

Un’attività avviata su più fronti che con coraggio, quando venne il momento di specializzarsi, fu indirizzata soprattutto sull’alta moda maschile.

Almeno vent’anni prima che quella della specializzazione e dell’alta qualità del servizio e dell’offerta merceologica diventassero scelte obbligate per chi era titolare di un esercizio nel centro cittadino.

Vent’anni prima che il commercio ternano si trovasse spiazzato da cambiamenti importanti, come la limitazione del traffico in centro e, soprattutto, l’assalto della grande distribuzione che apparve come il mostro che avrebbe fagocitato i ‘piccoli’.

La risposta non poteva essere chiudersi su se stessi, fare barricate. Era necessario invece scegliere la strada su cui la grande distribuzione, per definizione, non poteva immettersi: l’esclusività, la qualità, la specialità.

Dante Barbetti, quando alla fine degli anni Ottanta arrivarono queste novità, aveva già praticato un tentativo di promozione esclusiva nel comparto in cui egli operava.

Quindici anni prima cominciò a organizzare sfilate di alta moda maschile nella Galleria del Corso. E lo fece rischiando del suo, mettendoci inventiva, reputazione e denaro; chiedendo e offrendo il meglio: a elencare e commentare i capi in passerella chiamò volti noti (da Claudio Lippi a Maria Giovanna Elmi, tanto per dire), mentre per la regia e gli indossatori si rivolse a chi era del mestiere.

Il successo fu grande, la soddisfazione pure, ma non ci fu nessuno che lo seguì e nel periodo in cui, per la moda e il gusto italiani, stavano nascendo punti di riferimento diversi da quelli classici di Roma e Milano, Terni non seppe utilizzare quell’ispirazione. Che resta, però.

Un insegnamento che Dante Barbetti fu chiamato a rinfrescare quando, tempo dopo, fu designato alla guida della Confcommercio. Alle aperture, agli inviti ad accettare le sfide e le novità, gli si rispose troppo spesso con atteggiamenti di chiusura, con prese di posizione e iniziative che a livello personale gli procurarono molte amarezze, anche se lui preferiva ricordare le poche soddisfazioni.

Ieri mattina Dante Barbetti con la classe e il rispetto per gli altri che l’hanno contraddistinto se n’è andato. S’è seduto in poltrona, s’è messo comodo e…

 

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