Detenuti si picchiano, un ferito a Perugia

A denunciare l’episodio, avvenuto sabato nel carcere di Capanne, è il Sappe che attacca: «Criticità in serie. Chi deve, intervenga»

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Resta alta la tensione nel carcere di Perugia, dopo l’evasione di un detenuto che venerdì non è rientrato a Capanne dopo il permesso di cui aveva usufruito. Sabato è avvenuto quello che il sindacato di polizia penitenziaria Sappe definisce «l’ennesimo evento critico, con un regolamento di conti tra detenuti stranieri che ha determinato una spedizione punitiva a seguito della quale un ristretto è finito in ospedale con un occhio tumefatto».

Fabrizio Bonino (a sinistra) e Donato Capece del Sappe

Il racconto «Sabato – riferisce il segretario nazionale per l’Umbria del Sappe, Fabrizio Bonino – c’è stata una violenta colluttazione tra alcuni detenuti stranieri, marocchini e tunisini che si sono fronteggiati con calci, pugni e lancio di oggetti. Forse il pretesto del furioso pestaggio tra i detenuti è tra i più futili, ossia l’incapacità di convivere, seppur tra le sbarre, con persone diverse. O forse le ragioni sono da ricercare in screzi di vita penitenziaria o in sgarbi avvenuti fuori dal carcere. Fatto sta che ieri il detenuto tunisino, al rientro in comunità dopo un breve periodo di isolamento, ha aggredito due marocchini, accusandoli di essere ‘infami’ e se le sono date di santa ragione. E se non fosse stato per il tempestivo interno dei poliziotti penitenziari le conseguenze della violenta colluttazione sarebbero state peggiori. A loro va l’apprezzamento e la solidarietà del Sappe. Come sindacato, torniamo a denunciare l’assenza di provvedimenti concreti rispetto alle criticità che da tempo segnaliamo».

«Protesta senza se e senza ma» «È stata un’esperienza allucinante – aggiunge Donato Capece, segretario generale del Sappe -, gestita con grande sangue freddo e professionalità dai bravi agenti di polizia penitenziaria. Il grave fatto accaduto a Capanne conferma la tensione che continua a caratterizzare le carceri italiane, al di là di ogni buona intenzione. Le strutture di reclusione sono più sicure assumendo gli agenti che mancano, finanziando gli interventi per potenziare i livelli di sicurezza. Altro che la vigilanza dinamica e non ci si ostini a vedere le carceri come caratterizzate da una situazione di normalità che non c’è affatto». Capece ricorda poi come dal 26 luglio scorso il Sappe abbia che interrotto le relazioni sindacali con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: «Da Perugia a Verona, da Prato a Piacenza, da Rieti a Cassino, da Frosinone a Gorgona: sono solo alcune delle realtà in cui sono in atto mobilitazioni da parte del personale di polizia penitenziaria a causa di condizioni di lavoro sempre meno sopportabili».

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